Categoria: <span>Psichiatria</span>

Che cos’è l’EMDR

Che cos’è?

L’EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, è una tecnica psicologica e psicoterapica sviluppata da Francine Shapiro negli anni ’80. È particolarmente utilizzata nel trattamento del Disturbo da Stress Post-Traumatico (PTSD) e di altre condizioni legate a esperienze traumatiche.

L’EMDR si basa sulla teoria che i traumi non elaborati possano rimanere “bloccati” nel sistema nervoso, causando sintomi fisici e psicologici. Attraverso la stimolazione bilaterale, l’EMDR sembra facilitare il processo di rielaborazione di questi ricordi, permettendo al cervello di integrarle in modo più adattivo.

Motivi per cui Funziona

  1. Elaborazione del Traumatico: La stimolazione bilaterale può attivare il sistema di elaborazione naturale del cervello.
  2. Riduzione dell’Attivazione Emotiva: La desensibilizzazione aiuta a ridurre l’intensità emotiva dei ricordi traumatici, rendendoli meno disturbanti.
  3. Reinserimento di Pensieri Positivi: L’EMDR consente l’installazione di pensieri adattivi, aiutando il paziente a costruire una narrativa più positiva e funzionale.
  4. Integrazione Corporea: L’approccio mira a collegare l’esperienza emotiva e corporea, permettendo una maggiore consapevolezza e gestione delle reazioni fisiche.
  5. Su un piano neurofisiologico: aumenta la connettività tra alcune aree cerebrali e riduce l’attivazione dell’amigdala, quindi, il ricordo evolve o torna riscrivibile per un processo di sintesi proteica e/o spostamento nella Memoria di Lavoro.

Quindi?

L’EMDR è un approccio innovativo basato su evidenze, con un solido supporto scientifico. È efficace nel trattamento di traumi e sintomi correlati, grazie alla sua capacità di facilitare la rielaborazione dei ricordi traumatici attraverso un approccio integrato che coinvolge emozioni, pensieri e sensazioni corporee.

Evidenze …

3/6 sedute: 77-100% remissione sintomi (Le sedute possono aumentare in caso di politrauma)

Si può usare anche per … ?

Fobie, Ansia, Lutto, Dismorfismo, Dolore cronico, Depressione, … anche con i bambini!

 

Programma X – Un viaggio sconvolgente

Ho scritto questo libro perché sento il dovere di condividere la mia esperienza e mettere in guardia gli altri.

Sono stato trascinato in un mondo oscuro e pericoloso, dove l’occultismo e l’alta finanza si intrecciano per manipolare e sfruttare le persone vulnerabili.

Ho pagato un prezzo alto, sia fisicamente che mentalmente, e non voglio che altri facciano la stessa fine. Questo libro, che consegno ai lettori e alla scienza, è la mia testimonianza, un monito per chiunque possa trovarsi a vivere quello che ho vissuto. Spero che la mia storia possa essere d’aiuto a qualcuno” (Giorgio Vita)

“Programma X” è un’opera che narra di un’esperienza che, apparentemente, valica i confini della razionalità di cui è stato protagonista e testimone l’autore Giorgio Vita. Il racconto, riportato per scelta editoriale nella sua integra genuinità e autenticità, apre delle finestre verso la comprensione dell’incredibile, ignoto ed eccezionale, lavorìo della mente umana. Partendo dalla propria storia, l’autore delinea a chiari tratteggi la sua personalità la quale è il prodotto di un’equazione riportante la determinazione del “sé”, oggetto d’indagine e studi approfonditi da parte della filosofia, sociologia e psicologia. Molti punti del racconto dell’esperienza vissuta dall’autore di “Programma X” offrono delle prospettive che potrebbero essere lette ed identificate con l’aiuto e il supporto dato dalle teorie delle scienze umane: emergono, infatti, aspetti inerenti alle dinamiche del gruppo, al concetto di devianza sociologica, alla situazione psicologica del protagonista e, persino, a quelle che possono apparire come dinamiche settarie; il culmine del racconto è, infatti, il cosiddetto “rituale”, che relativamente alla narrazione associa a sé delle peculiarità che talvolta assumono dei caratteri che spaziano dal magico-paranormale all’improbabile o surreale. (dalla prefazione di Antonia Depalma)

L’editore: Caro lettore, siamo lieti di presentarti un singolare volume “Programma X” di Giorgio Vita. Il nostro autore ha deliberatamente (attraverso il suo flusso di coscienza) plasmato il suo libro come un enigma, un puzzle da comporre e un rebus da risolvere. Attraverso le pagine di questo libro, Vita ha intessuto un intrico di simboli, enigmi e riferimenti occulti, sul vissuto di qualcosa che esula da qualsiasi indagine razionale, creando una narrazione che sfida la logica del lettore. Tuttavia, Giorgio Vita ha fatto una scelta audace e inusuale: ha deciso di tralasciare all’interno del libro il rituale di cui è stato vittima. Questa omissione è il risultato di due motivi cruciali che l’autore ha voluto condividere con il suo pubblico.

Innanzitutto, Vita confessa di temere per la sua incolumità. Rivela l’esistenza di una misteriosa psico-setta dell’alta finanza, potentemente radicata in un’importante Capitale europea in cui lui ha vissuto per qualche tempo, e che potrebbe raggiungerlo per ostacolarlo o, peggio ancora, infliggere danni a lui e ai suoi cari.

Il suo timore è palpabile nelle pagine del libro che lo riguardano direttamente con il suo contributo, e ciò aggiunge un elemento di suspense e pericolo al già intrigante contesto psicologico, che non è fiction ma tracciato biografico ed autobiografico reale. In secondo luogo, l’autore ha espresso il desiderio di riservare il racconto del rituale per le presentazioni pubbliche del libro. Preferisce condividere questa parte fondamentale della sua esperienza di persona, nel contesto di eventi dedicati ai lettori più attenti e curiosi.

In questo modo, oltre a svelare il mistero, Giorgio Vita desidera instaurare un rapporto più intimo con il suo pubblico, creando un’esperienza unica e coinvolgente durante le presentazioni di “Programma X”.

A cura del Dr. Mirco Turco (Psicologo, Criminologo, Direttore Scientifico del Forensics Group e Criminal Meet, Direttore Editoriale di Obscura)

E con la consulenza della Dr.ssa Alessandra Abatelillo (Avvocato, Criminologa, Grafologa Socio del Forensics Group e membro di Criminal Meet)

Dr.ssa Federica Perrucci (Esperta in Analisi Comportamentale e membro di Criminal Meet)

 

INFO LINK

https://iqdbcasaeditrice.blogspot.com/2024/03/programma-x-di-giorgio-vita-cura-del.html

Obscura – Paranormal Crime

OBSCURA NUMERO 02 – PA R A N O R M A L C R I M E

C r i m i n o l o g i a d e l l ’ i n s o l i t o

Finalmente

Interventi di Mirco TURCO, Antonia DEPALMA, Mario CONTINO, Armando DE VINCENTIS, Francesco ESPOSITO, Elisa TRICARICO, Alessandra ABATELILLO

Affrontare il tema del paranormale è una scelta ardita e gravida di responsabilità, poiché ci troviamo di fronte a casi millenari, testimonianze misteriose e indagini avvolte nell’alone dell’incertezza. Il nuovo numero di Obscura n. 02 con il titolo PA R A N O R M A L C R I M E – C r i m i n o l o g i a  d e l l ’ i n s o l i t o, la nuova antologia di scritti su criminologia e noir, si lancia in un territorio inesplorato, dove la fede, le superstizioni e le convinzioni si intrecciano con fenomeni inspiegabili …

Chi è il Narcisista Patologico

Chi ama troppo sé stesso non può avere rivali!

Non occorre scomodare Shakespeare per comprendere che l’eccesso di “qualsiasi cosa” può essere un problema! D’altra parte, il concetto di salute mentale è sovente di tipo quantitativo. Tuttavia, distinguere quale sia la dose giusta, a volte, è complicato, proprio come nel caso del narcisismo. Potremmo anche dire che un minimo di narcisismo, quando coincide con l’autostima, è anche cosa auspicabile.

Alla fine degli anni Settanta, qualcuno sosteneva che la cultura del narcisismo avrebbe invaso le nostre vite, soprattutto in risposta ad una devozione servile al mondo digitale. Se aggiungiamo poi anche lo straripante impatto dei social, il risultato è alquanto scontato!

Il Time Magazine definisce la generazione del nuovo millennio come “generazione io, io, io”, ma basta saper osservare ed ascoltare per comprendere che molti giovani sono cresciuti e continuano a crescere con una arrogante pretesa di diventare famosi e ben pagati, senza alcun tipo di sforzo o impegno. Sono anche cresciuti e rinforzati con un pubblico virtuale che che è pronto a offrire gratificazioni immediate 24 su 24 e non stop! Questo è valido anche per gli adulti o per tutte quelle “bombe inesplose”…

Individui narcisisti e fortemente disturbati possono in verità avere un grande successo in certi ambienti lavorativi, così come negli affari, nella politica, nello sport; ma possiamo avere anche individui che si approcciano superficialmente ad una professione e che comunque ricercano e reclamano ugualmente l’applauso e la notorietà.

La caratteristica fondamentale di coloro che hanno un disturbo narcisistico di personalità, che rappresenta anche la loro tragedia, è l’incapacità di amare, nonostante atteggiamenti, promesse e parole. Questo accade perché l’individuo narcisista si accosta agli altri trattandoli come oggetti da usare o abbandonare a seconda dei bisogni. Sono quindi noncuranti dei sentimenti altrui!

Spesso, appaiono persone arroganti, presuntuose e vistose nei modi e negli atteggiamenti , poiché necessitano di una costante e ossessiva ammirazione.

I problemi subentrano quando smettete di ammirarli e soprattutto quando cominciate a “smascherarli”! Si apre in loro una ferita troppo grande che non riescono a gestire in modo normale o equilibrato. Di conseguenza, altri tratti diventeranno più vistosi e la forma diventerà anche più ingombrante: mancanza di rimorso, manipolazione interpersonale, rabbia, aggressività. Quest’ultima può esplodere, soprattutto nel tipo “grandioso/maligno”.

Livelli di aggressività elevati portano il narcisista ad assumere un comportamento distruttivo o a rovinare e appunto distruggere gli altri e ciò che gli altri hanno.

Il loro mondo interiore è pervaso dal vuoto e da una cronica invidia e tali individui sono incapaci di provare rimorso. Per certi versi, sono simili agli individui con disturbo antisociale di personalità.

Nonostante descrivere il disturbo narcisistico di personalità sia complesso e articolato, il DSM-5 fornisce alcuni criteri che possono fornire una vera e propria “guida”:

– senso grandioso di importanza;

– eccesso di fantasie di potere, fascino, bellezza;

– convinzione di essere “speciale” e/o unico;

– richieste di eccessiva ammirazione;

– senso di diritto ovvero irragionevole aspettativa di speciali trattamenti di favore o soddisfazione immediata;

– sfruttamento dei rapporti interpersonali;

– mancanza di empatia;

– invidia verso gli altri o crede che gli altri lo invidino;

– atteggiamenti arroganti, presuntuosi.

Neuropsichiatria infantile

‘Curare significa innanzitutto prendersi cura

‘Per educare è importante saper spiegare, ma lo è ancor più saper capire, dando risposte attraverso piccoli gesti’

‘Un uomo che guarda negli occhi il proprio bambino inizia con lui un viaggio; quando assieme volgeranno lo sguardo  all’orizzonte, saranno genitore e figlio’. 

‘Lo sviluppo psico – affettivo richiede attenzione, coerenza, perseveranza. Bisogna combattere l’indifferenza, la perdita di riferimenti cui siamo esposti e dare seguito alle promesse.’

‘La mente di un bambino si nutre  del nostro corpo, dei nostri pensieri, della nostra presenza, che sa essere vigile anche quando impegnata e silenziosa,

‘Maturare affettivamente e cognitivamente non sempre richiede un progresso, un successo. Talvolta serve sperimentare un fallimento, una battuta d’arresto. Talvolta meglio cedere onorevolmente la scena al turbamento delle emozioni.

dr ANTONIO SANTORO

Ho rivolto la mia attenzione sia al mondo dei bambini che a quello degli adulti, nella loro dimensione genitoriale, di coppia e personale, convinto che la cura presupponga il prendersi cura e non possa prescindere dalla considerazione delle esperienze infantili, a tutte le età.

Ho lavorato a Milano sino al 2016 presso l’ASST Niguarda Cà Granda di Milano come referente clinico della struttura per adolescenti borderline e come consulente ospedaliero per le urgenze psicopatologiche per adolescenti con gravi disturbi comportamentali nei principali reparti di degenza, oltre che in Psichiatria (SPDC) ed in DEA.

Dal gennaio 2017 vivo a Lecce dove continuo ad occuparmi di residenzialità terapeutica e dove svolgo anche attività ambulatoriale libero professionale.

I principali ambiti di intervento riguardano problemi di apprendimento scolastico, disturbi del comportamento, psichiatria trans-culturale, psicoterapie di gruppo, training di potenziamento cognitivo, trattamenti psicofarmacologici.

collaboro inoltre con i Consultori familiari ed il Tribunale per i Minori anche in veste di Consulente Tecnico.

 

INFO    www.neuropsichiatralecce.it

Le 10 caratteristiche di un Serial Killer

L’omicidio seriale non è un fenomeno moderno, né nasce con i crimini di Jack lo Squartatore. Per quanto possa essere poco accettabile o condivisibile, gli esseri umani hanno anche una natura violenta. Risultati di recenti indagini scientifiche suggeriscono addirittura un certo “gusto” verso forme di depravazione e crudeltà iscritte nel DNA come retaggio che risale sino ai primati. L’antropologo R. Wrangham dell’Harvard University dimostra che gli scimpanzè commettono regolarmente atti di tortura e crudeltà. Infatti, oltre a cacciare i membri vulnerabili della loro stessa specie, compiono azioni macabre: strappano la pelle, causano fratture alle ossa, bevono il sangue delle vittime. Gli atti di “scempio” criminale sono narrati dal mito greco sino ai cavalieri medievali. Di fatto, i serial killer sono sempre esistiti!

Definizione ufficiale di omicidio seriale: tre o più eventi distinti, commessi in tre o più località distinte, intervallati da un periodo di raffreddamento emozionale (Crime Classification Manual, FBI).

Quali sono le caratteristiche principali di un serial killer?

10 sarebbero le caratteristiche principali di un serial killer, almeno secondo quando stabilito dal FBI e dai suoi esperti:

1. Nella stragrande maggioranza dei casi , si tratta di bianchi, maschi e single.

2. In generale, sono intelligenti (quoziente intellettivo medio-alto).

3. Nonostante la loro intelligenza, non riescono bene a scuola e hanno una storia professionale irregolare.

4. Provengono da famiglie tendenzialmente disturbate. Generalmente, sono stati abbandonati dal padre e sono cresciuti in ambienti disgregati o dominati dalla madre.

5. Nelle loro famiglie si evidenziano problemi psichiatrici, comportamenti criminali e alcolismo.

6. Da bambini possono aver subito abusi, fisici, psicologici e sessuali.

7. Hanno, sovente, problemi con figure maschili autorevoli e sono ostili nei confronti delle donne.

8. Da bambini hanno manifestato problemi psicologici e comportamentali.

9. Possono manifestare tendenze suicide soprattutto da adolescenti, a causa del loro rifiuto e odio per il mondo.

10. Manifestano un precoce interesse verso forme di sessualità deviata.

Tali caratteristiche sono state desunte dall’esame di trentasei criminali (FBI, 1984). Si ritiene che l’elenco non sia esaustivo, ma in ogni caso, non è affatto rassicurante!

Che cos’è la Psicopatia?

Oltre all’incapacità di amare, lo psicopatico dimostra sempre una generale povertà emotiva.Sebbene capiti che qualche volta si agiti, abbia accessi di ira, si entusiasmi, scoppi a piangere o si apra in discorsi profondi conditi di parole addolorate sulle sue disgrazie e follie, ad osservarlo attentamente ci si accorge che quella a cui siamo assistendo è più una prontezza di espressione che una forza di sentimento”. (Hervey Cleckley in The Mask of Sanity)

Il Disturbo Psicopatico (psicopatia) si caratterizza da una serie di comportamenti antisociali che iniziano durante l’infanzia. Si caratterizza per una serie di fattori interpersonali, affettivi e comportamentali specifici:

  • Loquacità/fascino superficiale: lo psicopatico è spesso un conversatore divertente e piacevole.

  • Senso grandioso del Sè: la psicopatia è caratterizzata da un’opinione elevata del proprio valore e delle proprie caratteristiche.

  • Bisogno di stimoli/propensione alla noia: lo psicopatico si annoia rapidamente e tende a ricercare la ri-attivazione comportamentale o emotiva assumendo proprio comportamenti a rischio.

  • Menzogna patologica: possiede una notevole prontezza ed abilità nel mentire.

  • Manipolatorietà: può far uso della frode per truffare, ingannare o manipolare gli altri, con la finalità di raggiungere uno scopo personale.

  • Assenza di rimorso/senso di colpa: nella psicopatia ritroviamo assenza di preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie azioni.

  • Affettività superficiale: le emozioni sono spesso teatrali, superficiali e di breve durata con assenza di empatia.

  • Deficit del controllo comportamentale: lo psicopatico può essere collerico o irritabile, oltre che rispondere alla frustrazione con comportamenti aggressivi verbalmente o condotte violente.

  • Impulsività: nella psicopatia può essere presente la carenza di riflessione, pianificazione e premeditazione.

Gli schemi cognitivi di uno psicopatico sono spesso rigidi e inflessibili. Lo psicopatico si considera forte e autonomo, mentre l’altro è percepito debole, sfruttabile e manipolabile. Si riscontra, come nucleo centrale, un deficit dell’empatia.



I
n generale, gli psicopatici non mostrano preoccupazione riguardo gli effetti che le loro cattive azioni possono avere sugli altri, o addirittura su loro stessi. Spesso commettono crimini impulsivi e non pianificati, persino quando la probabilità di essere scoperti e puniti sono elevate. Alla base di tali comportamenti sembrerebbe esserci un’incapacità di apprendere informazioni associate alle punizioni e di rispondere in maniera appropriata ad esse.

Di solito, gli psicopatici non hanno uno schema di pensiero che agisce in base a un ragionamento di tipo causa-effetto, ma pensano solo “Lo faccio perché mi va di farlo”. Ciò dimostra che devono necessariamente raggiungere una soddisfazione immediata. Potrebbero essere persone che vivono “alla giornata”, cambiando frequentemente i loro piani. Agiscono seguendo gli impulsi e hanno un’elevata reattività nei confronti di tutto ciò che percepiscono come insulto e offesa, anche se minime.

Una valutazione approfondita della Psicopatia dovrebbe riguardare i seguenti aspetti.

Fattore 1: narcisismo aggressivo

  • Fascino superficiale;
  • Senso di sé grandioso;
  • Menzogna patologica;
  • Impostore/manipolativo;
  • Assenza di rimorso o senso di colpa;
  • Affettività superficiale;
  • Mancanza di empatia;
  • Mancanza di accettazione della responsabilità per le proprie azioni.

Fattore 2: stile di vita socialmente deviante

  • Bisogno di stimoli / propensione alla noia;
  • Stile di vita parassitario;
  • Scarso controllo comportamentale;
  • Promiscuità nel comportamento sessuale;
  • Mancanza di obiettivi realistici / a lungo termine;
  • Impulsività;
  • Irresponsabilità;
  • Delinquenza minorile;
  • Problemi comportamentali precoci;
  • Revoca della libertà condizionale;
  • Molte relazioni coniugali a breve termine;
  • Versatilità criminale.

In verità, la presenza della maggior parte di tali caratteristiche la riscontriamo nei serial killer; in altri casi potrebbe emergere la componente narcisistica. Alcuni psicopatici potrebbero, attraverso l’omicidio, cercare di contrastare un profondo vuoto interiore, raggiungendo una sorta di fama e soddisfacendo, appunto, la componente di narcisismo patologico.

La maggior parte degli psicopatici manifesta gravi problemi comportamentali già durante il periodo evolutivo. Possiamo trovare, infatti , oltre alla menzogna e alla propensione all’inganno, furti, atti vandalici, bullismo, …

Molti psicopatici hanno vissuto in ambienti multiproblematici manifestando quasi tutti tali comportamenti e per un tempo prolungato. La crudeltà precoce nei confronti degli animali appare un denominatore comune e rappresenta un segno di gravi problemi emotivi che già da solo, dovrebbe essere oggetto di attenzione!

Il BURNOUT

Una definizione.

Il burn-out (essere bruciati, esauriti, scoppiati) è stato introdotto per indicare una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa. La sindrome da burn-out è stata osservata per la prima volta negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni d’aiuto: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici, … Secondo Maslach, il burn-out è un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente.

Le manifestazioni di tale sindrome:

  • esaurimento emotivo,
  • depersonalizzazione,
  • ridotta realizzazione personale.

L’esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro. La depersonalizzazione si presenta come un atteggiamento di allontanamento nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell’’autostima ed il sentimento di insuccesso nel proprio lavoro.
Il soggetto “colpito” da burn-out manifesta spesso sintomi a-specifici come: irrequietezza, senso di stanchezza ed esaurimento, apatia, nervosismo, insonnia; sintomi somatici quali tachicardia, cefalee, nausea; sintomi psicologici come depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia e risentimento, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamento, sensazione di immobilismo, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, difficoltà nelle relazioni con gli utenti, cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti.

Spesso tale situazione di disagio induce il soggetto ad abuso di alcool o di farmaci. Gli effetti negativi del burnout non coinvolgono solo il singolo, come persona e come lavoratore ma anche l’utenza a cui viene offerto, di conseguenza, un servizio inadeguato ed un trattamento meno umano.

Il burn-out può essere considerato come una conseguenza dello stress, stress concepito come   una risposta aspecifica dell’organismo ad una richiesta di prestazioni. Ovviamente, esso va inteso come fenomeno più complesso dello stress.

Identificazione delle cause del burn-out.

Possiamo evidenziare cause soggettive e cause socio-culturali.

Fanno parte delle cause soggettive:

  • Caratteristiche della personalità;
  • Insufficiente maturazione emotiva;
  • Incapacità di reggere relazioni sociali coinvolgenti;
  • Tendenza all’eccessivo coinvolgimento nelle problematiche altrui;
  • Intolleranza della frustrazione;
  • Incapacità di gestire il tempo in modo efficace e produttivo, con conseguente continua insoddisfazione per come lo si è utilizzato (indipendentemente dagli esiti raggiunti).

Fanno parte delle cause socio-culturali:

  • Malfunzionamento gestionale della struttura;
  • Non avere tempi e spazi prefissati per la propria crescita personale;
  • Essere scarsamente retribuiti;
  • Essere sovraccarichi di lavoro;
  • Non avere possibilità di interazione con i colleghi;
  • Insoddisfazione nei rapporti con colleghi;
  • Insufficiente autonomia decisionale;
  • Scarso rapporto con i superiori;
  • Problematiche personali di tipo relazionale o comunque di tipo familiare.

Caratteristiche del burn-out e sintomatologia.

sindrome da esaurimento psicofisico Mirco Turco

La vittima di burn-out può vivere una sintomatologia complessa di tipo cognitivo, emozionale e comportamentale.

Sintomi psichici:

esaurimento emotivo, depersonalizzazione dell’utente, ridotta realizzazione professionale. Ai sintomi inclusi in queste tre categorie, F. Folgheraiter aggiunge quelli descrivibili globalmente come perdita di controllo.

In base a questo criterio, i sintomi possono essere raggruppati in quattro categorie:

  1. Collasso delle energie psichiche (resistenza ad andare al lavoro, apatia, demoralizzazione, difficoltà di concentrazione, diagio, incubi notturni, irritabilità, preoccupazioni eccessive o immotivate, senso di inadeguatezza, sensi di colpa, senso di frustrazione o fallimento.
  2. Collasso della motivazione (perdita della capacità empatica, rigidità nell’imporre regole o norme, cinismo, ostilità, rifiuto vero gli utenti o i colleghi.
  3. Caduta dell’autostima (svalutazione professionale e personale).
  4. Perdita di controllo (mancato controllo dello spazio, pensieri lavorativi ininterrotti, mancata possibilità di “staccare la spina”).

Sintomi comportamentali:

Assenteismo; progressivo ritiro dalla realtà lavorativa (“disinvestimento); difficoltà a scherzare sul lavoro, talvolta anche solo a sorridere; ricorso a misure di controllo o allontanamento nei confronti degli utenti: sedazione, contenzione fisica, espulsione; perdita dell’autocontrollo: reazioni emotive violente, impulsive, verso utenti e/o colleghi; tabagismo e assunzione di sostanze psicoattive: alcool, psicofarmaci, stupefacenti.

Sintomi fisici:

la sindrome di burn-out può provocare o peggiorare una sintomatologia di tipo psicosomatico (Bernstein, , Cherniss 1983, Halaszyn 1989) e nello specifico:

  1. a) disfunzioni gastrointestinali: gastrite, ulcera, colite, stitichezza, diarrea;
  2. b) disfunzioni a carico del SNC (sistema nervoso centrale): astenia, cefalea, emicrania;
  3. c) disfunzioni sessuali: impotenza, frigidità, calo del desiderio;
  4. d) malattie della pelle: dermatite, eczema, acne, afte, orzaiolo;
  5. e) allergie e asma;
  6. f) insonnia e altri disturbi del sonno;
  7. g) disturbi dell’appetito;
  8. h) componenti psicosomatiche di: artrite, cardiopatia, diabete.

Insorgenza e decorso del burn-out.

Generalmente, possono essere identificate quattro fasi specifiche:

  1. Entusiasmo idealistico;
  2. Stagnazione;
  3. Frustrazione;
  4. Disimpegno.
  1. La prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata dalle motivazioni che hanno spinto gli operatori a scegliere un certo tipo di lavoro. Tali motivazioni possono essere consapevoli o inconsce.
  2. Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore si accorge progressivamente che il lavoro non soddisfa più i suoi bisogni. Si passa così ad una riduzione dell’impegno lavorativo e ad un sorta di disimpegno.
  3. La terza fase (frustrazione) è quella più critica. L’operatore pensa di non poter più eseguire il lavoro. Si sviluppano vissuti di perdita, svuotamento, crisi emozionali e valoriali. La persona frustrata potrà anche assumere atteggiamenti di tipo aggressivo o potrà mettere in atto comportamenti di fuga (ad esempio periodi prolungati di malattia o allontanamento dal posto di lavoro).
  4. La quarta fase (disimpegno) è caratterizzata dal passaggio dalla empatia all’apatia. In tal caso, il soggetto sperimenta una sorta di “morte professionale”.

E’ fondamentale, ai fini della prevenzione, considerare il burn-out come un complesso problema “contagioso”. Esso, infatti, non riguarda solo la persona che lavora, ma può estendersi ad un gruppo o un equipe. E’ dunque un problema organizzativo. Le conseguenze di tale sindrome ricadono, infatti:

  • Sull’operatore
  • Sul gruppo
  • Sugli utenti
  • Sull’intera organizzazione
  • Sul sistema sociale

 Strategie per la Prevenzione del Burn-Out.

La prevenzione del burn-out può essere realizzata attraverso una serie di strategie:

  • Incoraggiamento degli operatori verso nuovi obiettivi gratificanti;
  • Aiuto per innalzare i meccanismi di controllo e di feed-back;
  • Implementare l’efficacia professionale e l’efficienza del ruolo attraverso training specialistici;
  • Attuare interventi di gestione del tempo (time management);
  • Conoscere le dinamiche lavorative e le possibili problematiche associate;
  • Esercitare un controllo/monitoraggio sul fenomeno burn-out da parte di professionisti del settore;
  • Creare dei gruppi di discussione e aiuto sulle problematiche lavorative;
  • Pianificare bene il lavoro;
  • Incoraggiare gli operatori a fruire delle ferie in modo strategico;
  • Organizzare training per la gestione e la risoluzione del conflitto;
  • Pianificare interventi specifici di psicologia del lavoro e delle organizzazioni;

  • Il burn-out, come altre problematiche già conosciute, fa parte delle realtà organizzative disfunzionali, realtà che non tengono conto, per mancata conoscenza o per altre ragioni, della rilevanza della gestione strategica delle risorse umane. Gestione strategica delle risorse umane significa soprattutto conoscenza delle variabili soggettive dei singoli dipendenti e conoscenza di aspetti rilevanti quali clima e cultura organizzativa ma anche conoscenza e gestione delle dinamiche di gruppo, conoscenza e valorizzazione dei processi organizzativi, conoscenza e consequenziale applicazione di strategie che afferiscono alla psicologia applicata.

Il reato d’impeto

Il reato d’impeto.

Il reato d’impeto racchiude una molteplicità di condizioni psicopatologiche, spesso anche molto controverse, sebbene il termine possa indicare, in verità, un comportamento di passaggio all’atto, impulsivo, non mediato (U. Fornari, 2015, pag. 334).

Esso comprende categorie diagnostiche abbastanza remote, se ci riferiamo, ad esempio, alla monomania, alla follia morale e categorie più recenti o “moderne”, quali il discontrollo episodico. Ai fini forensi, è importante stabilire se si tratta di una condotta delittuosa, espressione di manifestazioni psicotiche dopo un evento stressante, acting out o azioni di passaggio all’atto che sono proiezioni di uno stato emotivo e passionale relati a tratti di personalità che però non rientrano nella sfera psicotica.

Nell’ambito dei reati d’impeto distinguiamo:

La monomania: “malattia della volontà” che ha visto, nel corso degli anni, un succedersi di teorie quali quelle della follia istintiva, follia degli atti, follia impulsiva, follia lucida, follia morale, psicosi criminale, ecc. Dalla monomania si passò alla follia morale, iscritta nelle categorie delle follie ereditarie e degenerative. Tali teorizzazioni si agganciarono soprattutto all’approccio organicistico per spiegare il reato d’impeto (pazzia epilettica e epilessia). La monomania finì con il confluire nel raptus, così come nel discontrollo periodico, nel disturbo di personalità borderline, fino al disturbo mentale transitorio e alla psicosi reattiva breve.

Il raptus: inteso come turba episodica accessuale del comportamento gestuale e motorio, consistente nel bisogno di compiere improvvisamente un gesto o un’azione violenta, dannosa per il soggetto o gli altri, la cui esecuzione sfugge al controllo, ma non alla consapevolezza. Considerata la complessità già in termini psicopatologici, è un termine in disuso. Possiamo, ugualmente, parlare di:

  • reazione a corto circuito negli psicopatici disforici, impulsivi, labili d’umore, asociali, esplosivi.
  • Acting-out nel Disturbo Borderline di Personalità e nella nevrosi ossessivo-compulsiva.

In entrambi i casi si traduce in una scarica emotivo-affettiva improvvisa in cui la coscienza è sostanzialmente conservata, anche se condizionata da un turbamento emotivo transitorio.

  • Raptus ansioso: si nota nelle reazioni nevrotiche acute.
  • Automatismo psicotico: negli scompensi psicotici del funzionamento borderline, nelle boufées deliranti e nelle sindromi confusionali.
  • Automatismo allucinatorio: può riscontrarsi nel corso di una sindrome confusionale o in caso di episodio dissociativo acuto o nel corso di una schizofrenia.
  • Impulso patologico: è il passaggio all’atto che si osserva nelle psicosi organiche e nelle insufficienze mentali.

Il discontrollo episodico: sindrome caratterizzata da transitori, ripetuti agiti violenti. In condizioni di stress prolungate e inaspettate, per preservare l’equilibrio, l’Io pone in essere tre meccanismi di regolazione: nervosismo, manifestato con insonnia, instabilità e angoscia; condizioni nevrotiche, con sostituzione della realtà con la fantasia; discontrollo episodico, in cui l’impulso aggressivo sfugge al controllo. Il comportamento aggressivo può essere di tipo sociopatico e psicopatico.

La follia transitoria: è un quadro caratterizzato da una psicosi transitoria, non preceduta da alcun disturbo e accompagnata da amnesia, di durata breve e da comportamenti auto ed etero distruttivi violenti ed automatici. Nel linguaggio moderno si parla di D.M.T., disturbo mentale transitorio, conosciuto meglio come Disturbo Psicotico Breve del DSM V e come Sindrome Psicotica Acuta e Transitoria nell’I.C.D.-10.

La sindrome degli Antenati

A volte, capita che presenze transgenerazionali possano popolare il teatro oscuro della nostra mente! “Fin quando non si è cancellato il debito, un’alleanza invisibile ci spinge a ripetere la situazione piacevole o l’evento traumatico, la morte ingiusta, persino tragica, o la sua eco!”
Siamo, in un certo senso, meno liberi di quanto crediamo, ma possiamo riacquistare la nostra libertà e svincolarci dalla ripetizione, capendo ciò che accade. Possiamo così vivere la nostra vita e non quella dei nostri genitori, nonni o di un fratello morto che noi “rimpiazziamo” , consapevolmente o a nostra insaputa.

Tali legami si possono vedere, sentire, intuire, ma solitamente sono taciuti e non se ne parla. Non per questo cessano di esistere e vengono ugualmente vissuti nel “non detto”, nel “taciuto” e nel “segreto”. Alcune nostre manifestazioni quindi, o addirittura sintomi, così come dolori, malattie e linguaggi del corpo, possono in realtà “appartenere” ad un nostro antenato!
Questo approccio transgenerazionale è strettamente connesso alla trasmissione tra generazioni di Jung, così come alla sincronicità o alle coincidenze delle date.
Ci sono persone, in questo mondo, che hanno scelto di portare la colpa degli altri, proprio come la “tunica di Nesso”, che aderisce alla pelle di colui che accumula l’angoscia degli antenati. Diversamente, potremmo sostenere che “ciò che viene taciuto alla prima generazione, la seconda la porta nel suo corpo” (Francoise Dolto), o ancora si potrebbe parlare di un Grande libro dei conti familiari.


Altre volte, i figli, anche se piccoli, diventano genitori dei loro genitori. È questo un rovesciamento di ruoli, di valori, una distorsione dei debiti e dei meriti: è il caso, ad esempio, di una figlia maggiore che ricopre un ruolo materno nei confronti dei numerosi fratelli, poiché la madre esausta o malata; il caso di un bambino che deve dare sostegno ai propri genitori e che magari troverà difficoltà a trovare un partner stabile o a sposarsi. Ingiustizie del destino le chiameremmo! Diversamente, qualcuno parla di “effetti psicopatologici gravi della lealtà familiare” …

Quando alcuni segreti vengono “sotterrati” troppo in fretta, proprio come delle anime, andranno presto in giro, depositandosi in qualcun altro. Altre volte, vagheranno come fantasmi! Non è un caso, quindi, che quando si scoprono tali segreti, le ripetizioni nocive, i traumi, scompaiano.
Esisterebbe, dunque, una trasmissione transgenerazionale di traumi gravi non esplicitati o di lutti non dichiarati e non elaborati, così come torture, violenze, … È proprio il non detto, rinforzato dal silenzio e dall’evitamento, che parla e agisce.
Si parla di “ripetizioni familiari inconsce” o di sindrome da anniversario. Il nostro inconscio infatti, ha una buona memoria, ama i legami familiari e sottolinea gli avvenimenti importanti attraverso la ripetizione di date o età. Strane coincidenze sosterremmo! Non è neanche un caso che alcune persone potrebbero sentirsi depresse o di mal umore, stranamente e senza un perché, sempre nello stesso periodo dell’anno.

Esistono dei dati “storici” incredibili su tale fenomenologia. A volte, il trauma trasmesso è molto più forte di quello ricevuto o vissuto. Alcuni figli dei sopravvissuti all’Olocausto, soffrono tre volte di più dei loro genitori di Sindrome Post Traumatica da Stress, così come il tasso di cortisolo nel sangue in alcuni discendenti è quattro volte superiore di quello presente in coloro che hanno subito un trauma!

È un esempio anche il caso di una giovane ragazza che si “sentiva” prostituta e desiderava ardentemente di “purificare” la propria anima, per poi scoprire, anche attraverso l’ipnosi, un pesante segreto familiare (in realtà, la nonna era una prostituta).
Quando i traumi, i segreti, il taciuto vengono completamente sommersi e non più pensati, potrebbero addirittura riemergere attraverso incubi e sogni terrificanti. Numero di figli, differenze di tempo tra nascite, aborti, sono esempi di una ereditarietà casuale che casuale non è.

 

Fonte: La sindrome degli Antenati. A.A. SCHUTZENBERGER. DR Editore, 2008.

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