Autore: <span>Mirco Turco</span>

Che cosa significa Assertività

L’assertività è la capacità di esprimere le proprie opinioni, i propri pensieri, i sentimenti, senza porsi sulla difensiva, in modo chiaro e aperto. Assertività è la capacità anche di avanzare richieste e di rifiutare, di contro, ciò che riteniamo inaccettabile.

Solitamente, dietro il fatto di essere poco assertivi, vi è il timore di un rifiuto, ovvero il NO …

L’assertività è un’abilità che concerne i rapporti interpersonali quindi,  ma può essere implementata con la pratica. Come vera e propria skill è collegata anche alle abilità persuasive, ma sopratutto alla capacità di osservazione e di ascolto.

Ascoltare è un’attività consapevole, differente dal sentire. Per ascoltare qualcuno o qualcosa occorre decidere di farlo. È l’abilità fondamentale da esercitare in qualsiasi contesto comunicativo ed è la più strategica. In pochi però sanno che, oltre ad essere direttamente connessa con l’assertività, comprende:

1.Orientamento all’ascolto

2. Capacità di concentrazione

3. Orientamento al feedback

4. Empatia

5. Capacità di programmare la comunicazione

Lavorare fa male … e la Felicità salverà le Organizzazioni

 

Vi sembrerà strano, ma nelle Organizzazioni moderne e in quelle future, ciò che conta e conterà sarà la Felicità!
Sembra un’affermazione romantica o lontana dal concetto di Business, ma vi assicuro che non è affatto così …
Per lavorare bene, per prosperare, per raggiungere risultati, le organizzazioni e le persone che ne fanno parte devono, banalmente, sentirsi bene, soddisfatte, protette e valorizzate. Al bando, quindi, ogni forma di stress!
Un po’ di numeri e percentuali daranno un primo quadro di ciò che sto illustrando:
– L’87% dei lavoratori è demotivato
– 500 miliardi di euro sono sprecati per mancanza di produttività
– Il 33% del calo di fatturato è dovuto al basso livello di engagement
– Si registra un aumento del 37% di assenteismo a causa dello stress
– Si registra una percentuale in aumento di incidenti sul lavoro (+49%) e il 60% è dovuto a errore umano


Questi dati europei potrebbero essere già sufficientemente allarmanti, ma forse non basta … Sembra che nei Paesi dove si lavora meno, ci sia meno disoccupazione e maggior ricchezza individuale e felicità (es. Francia e Germania). Si direbbe, quindi, che, spesso, si lavora troppo e male!
E ancora … in Europa, 40 milioni di lavoratori soffrono di stress lavorativo e 84 milioni hanno almeno un disagio psicologico. Nel 2020 la depressione sarà la patologia più diffusa!

Dall’altro lato, c’è il concetto di Benessere o la politica antistress che molte organizzazioni cercano di applicare. Io parlerei meglio di  wellbeing culture.
Già negli anni 20, lo studio Happy Productive Worker aveva dimostrato che il benessere dei dipendenti porta ad un aumento della produttività e dei profitti e gli studi di Psicologia del Lavoro e delle Organizzazioni da allora, si sono moltiplicati e ad oggi sono numerosissimi. La produttività aumenterebbe del 30% e l’innovazione del 300%, inoltre si registra una riduzione del turnover del 55% e una diminuzione del burnout pari al 125%, con un’ulteriore riduzione del 66% dell’assenteismo per malattia!

Questi dati sono ovviamente incoraggianti, ma non sufficienti ancora per un cambiamento repentino di rotta, per un reale change management e per un effettivo mutamento della cultura del lavoro.
Insomma, non ci stancheremo mai di dire che lo stress lavorativo determina danni ingenti e se ancora non è sufficiente, il costo totale per disagi mentali collegati allo stress lavorativo è pari a 240 miliardi l’anno, con un 43% di costi diretti per spese sanitarie e 57% di perdita di produttività.

In Italia trascorriamo in media 1725 ore l’anno al lavoro. Circa il 30% della nostra vita attiva! A livello individuale, lavoriamo 243 ore più dei francesi e 354 ore più dei tedeschi! In aziende ad alto livello di stress, le spese di assistenza sanitaria sono quasi il 50% maggiori rispetto ad altre organizzazioni …
Il Center for American Progress stima che rimpiazzare un singolo collaboratore costa circa il 20% del suo salario, mentre in Italia, 11 milioni di persone usano psicofarmaci a causa dello stress lavoro correlato.

Dopo questa overdose di numeri e percentuali che spero rimbombino ossessivamente nella mente dei dirigenti o di chi si occupa di cultura organizzativa, ritorniamo al principio: qual è il ruolo della Felicità?
Il World Happiness Report è un’indagine storica sullo stato della felicità globale, che raggruppa 156 Paesi per il mondo in cui i loro cittadini si sentono felici. Il Paese più felice non è l’Italia ovviamente. Quest’anno risulterebbe essere quel tratto di terra che va da Helsinki alla Lapponia.
Gli indicatori principali sembrano quasi banali: sauna all’aria aperta; amore verso gli altri e l’ambiente circostante, uso appropriato di internet. Nella top ten rimangono nazioni come la Finlandia, la Danimarca, la Norvegia, l’Islanda, l’Olanda, la Svizzera, la Svezia, la Nuova Zelanda, il Canada e l’Austria. L’Italia è al 36° posto! Negli Stati Uniti, invece, aumenta l’infelicità a causa di un’epidemia di dipendenze (sostanze, gioco d’azzardo, media digitali).


Un’altra considerazione che sorprenderà: utilizzo della tecnologia, ma con moderazione! In Italia e in altri Paesi, invero, si parla già di “telepressione del luogo di lavoro” (wokplace telepressure) che aumenterebbe il livello di esaurimento fisico e mentale nel lavoratore. Insomma, non sappiamo usare saggiamente neanche il progresso tecnologico …
Ancora alcuni numeri a tal proposito:
– Un’interruzione di 2.8 secondi (tempo necessario per leggere un breve messaggio su watsapp) può raddoppiare il tasso di errore anche su compiti semplici.
– Un’interruzione di 4,4 secondi (tempo necessario per inviare un messaggio) può triplicare il rischio di commettere errori.
– Un impiegato d’ufficio controlla mediamente le email 30 volte l’ora.
– Ogni volta che un lavoratore si distrae, impiega una media di 25 minuti per ritornare a concentrarsi su ciò che stava facendo.
– Il 67% dei proprietari di uno smartphone controlla il suo dispositivo anche quando non riceva alcuna notifica.
– Il 44% dorme con il cellulare accanto al letto.
– Il 29% non riesce ad immaginare una vita senza uno smartphone.
– Il 55% dei lavoratori dichiara di controllare le email dopo le 23.

Sarà sufficiente? Bhè, la felicità richiede anche, talune volte, di fermarsi a riflettere e se pensate di non avere tempo poiché lavorate troppo, questo articolo è proprio per voi …

7 punti per una Comunicazione Efficace

Comunicare è un processo complesso e articolato. Non sempre è facile intendersi con gli altri o banalmente, andare d’accordo, neanche quando conosciamo la persona o supponiamo di conoscerla! Comunicare è arte difficile e per essere efficaci occorre considerare una serie di fattori e dinamiche non solo razionali, ma anche e soprattutto inconsce. Non è un caso che, ad esempio, almeno il 90% dell’efficacia comunicativa “risieda” nel Non Verbale (mimica, pantomimica, prossemica, cinesica, cronemica).


Per essere efficaci e anche persuasivi occorre tener conto di alcuni punti fondamentali. Tali punti rappresentano una vera “scaletta” operativa e diventano, dunque, fondamentali durante un qualsiasi processo comunicativo.

1. L’attenzione: per comunicare efficacemente occorre essere, banalmente, attenti. Mi riferisco però, soprattutto, ad un’attenzione orientata, un’attenzione verso l’altro. Purtroppo siamo sbadati o poniamo poca attenzione durante la comunicazione e perdiamo parte delle informazioni, inoltre, risulteremo all’altro distratti o disinteressati. Quando parliamo con qualcuno, dobbiamo assumere una formamentis specifica: “sto parlando con la persona più importante della mia vita in questo momento”. Solo in questo modo, presteremo la giusta attenzione!

2. Ascolto attivo: stiamo impegnati, spesso, ad ascoltare noi stessi o pensiamo a programmare ciò che diremo, senza ascoltare effettivamente ciò che comunica l’altro è soprattutto come lo comunica. Occorre, in realtà, “sentire” l’altro, attraverso una predisposizione alla comprensione empatica. Per chi avesse difficoltà nell’ ascolto, consiglio un po’ di “ecolalia”, ovvero ripetizione mentale delle parole dell’altro. L’ascolto attivo è legato all’attenzione, alla capacità di programmare la comunicazione, all’empatia.


3. Assertività: capacità di comunicare concetti e stati d’animo senza remore o timori, ovviamente senza ledere l’altro. Significa esprimere ciò che pensiamo o proviamo quindi in una data situazione o momento. Sembra strano, ma occorre esercitarsi, poiché per svariate ragioni, ansie o timori, non sempre “diciamo la nostra”!

4. CNV: occorre essere competenti in ambito comunicazione non verbale e linguaggio del corpo. Il tono di voce, lo sguardo, la postura, la gestione delle distanze e dello spazio sono solo macroaree della CNV. Consiglio a tutti di perfezionare tale repertorio universale e di approfondire anche le espressioni emotive del viso. La verità, in fondo, passa sempre dal corpo!

5. PNL: programmazione neuro linguistica. È una specifica branca della comunicazione che contiene concetti e tecniche utili e strategiche. Può essere considerata anche una vera formamentis, un modo di lettura del mondo circostante. Per chi volesse approfondire, esistono tanti corsi ormai in giro …

6. Simbolismo: quando comunichiamo, oltre a gesticolare, esponiamo inconsciamente anche dei simboli. Sono simboli molto potenti e non è un caso che vengono usati anche nell’ipnosi dinamica. Attraverso l’uso e la gestione dei simboli, possiamo risultare più “attraenti” durante la conversazione o, al contrario, meno incisivi e più conflittuali. Solitamente, si parla di simbolismo Asta, Cerchio, Triangolo. Tale ambito merita un approfondimento specifico!


7. Persuasione: per essere persuasivi non basta essere motivati, ovvero mossi da uno scopo, da un obiettivo. La persuasione è un’arte raffinata che non deve “risultare”manipolazione. In realtà, la differenza, a mio avviso, è nell’etica della persona! Esistono diversi principi sul processo persuasivo, che se esercitati con armonia, risultano davvero decisivi nella comunicazione. Reciprocità, simpatia, riprova sociale, autorità, coerenza, scarsità sono i principi della persuasione. Consiglio un approfondimento con le opere di Cialdini.

Ipnosi a Distanza

Durante gli anni ’20 e ’30 il fisiologo Vasiliev, dell’Università di Leningrado, condusse svariati esperimenti, effettuando induzioni ipnotiche a distanza!
I soggetti bersaglio erano, sovente, chiusi e isolati in delle stanze schermate. Tali studi, insieme a quelli condotti presso la Duke University, ad opera di J.B. Rhine, sono tra i migliori ad avere prodotto dati convincenti.


Il libro di Vasiliev, Experiments in Mental Suggestion, pubblicato in Inghilterra nel 1963 e ripubblicato nel 2002, riassume quarant’anni di studi nel campo dell’uomo di presso l’Istituto per la Ricerca sul Cervello di Leningrado.
Le ricerche sovietiche si sono anche concentrate sull’induzione del dolore e sulle manipolazioni del comportamento a distanza. Vasiliev fornì all’occidente la prima prova che né la distanza, né la schermatura elettromagnetica, riducevano l’accuratezza o l’affidabilità del funzionamento medianico.

Le ricerche sui fenomeni in questione furono sovvenzionate dal governo sovietico intorno agli anni ’60, ma dopo il libro di Vasiliev, il chimico Dean, del Newark College of Engineering, mostrò in modo decisivo, che il sistema nervoso autonomo di soggetti in laboratorio, rispondeva direttamente ai pensieri di una persona a distanza.

William Braud, dell’Institute of Transpersonal Psychology di Palo Alto, lavorando per oltre trent’anni su tali fenomeni, afferma che molti esperimenti sono ripetibili. Inoltre, sostiene che è possibile influenzare a distanza i pensieri, le immagini, le sensazioni, i comportamenti e le attività fisiologiche di altre persone e altri organismi viventi, anche quando esistono grandi distanze!

To Be Continued …

La sindrome degli Antenati

A volte, capita che presenze transgenerazionali possano popolare il teatro oscuro della nostra mente! “Fin quando non si è cancellato il debito, un’alleanza invisibile ci spinge a ripetere la situazione piacevole o l’evento traumatico, la morte ingiusta, persino tragica, o la sua eco!”
Siamo, in un certo senso, meno liberi di quanto crediamo, ma possiamo riacquistare la nostra libertà e svincolarci dalla ripetizione, capendo ciò che accade. Possiamo così vivere la nostra vita e non quella dei nostri genitori, nonni o di un fratello morto che noi “rimpiazziamo” , consapevolmente o a nostra insaputa.

Tali legami si possono vedere, sentire, intuire, ma solitamente sono taciuti e non se ne parla. Non per questo cessano di esistere e vengono ugualmente vissuti nel “non detto”, nel “taciuto” e nel “segreto”. Alcune nostre manifestazioni quindi, o addirittura sintomi, così come dolori, malattie e linguaggi del corpo, possono in realtà “appartenere” ad un nostro antenato!
Questo approccio transgenerazionale è strettamente connesso alla trasmissione tra generazioni di Jung, così come alla sincronicità o alle coincidenze delle date.
Ci sono persone, in questo mondo, che hanno scelto di portare la colpa degli altri, proprio come la “tunica di Nesso”, che aderisce alla pelle di colui che accumula l’angoscia degli antenati. Diversamente, potremmo sostenere che “ciò che viene taciuto alla prima generazione, la seconda la porta nel suo corpo” (Francoise Dolto), o ancora si potrebbe parlare di un Grande libro dei conti familiari.


Altre volte, i figli, anche se piccoli, diventano genitori dei loro genitori. È questo un rovesciamento di ruoli, di valori, una distorsione dei debiti e dei meriti: è il caso, ad esempio, di una figlia maggiore che ricopre un ruolo materno nei confronti dei numerosi fratelli, poiché la madre esausta o malata; il caso di un bambino che deve dare sostegno ai propri genitori e che magari troverà difficoltà a trovare un partner stabile o a sposarsi. Ingiustizie del destino le chiameremmo! Diversamente, qualcuno parla di “effetti psicopatologici gravi della lealtà familiare” …

Quando alcuni segreti vengono “sotterrati” troppo in fretta, proprio come delle anime, andranno presto in giro, depositandosi in qualcun altro. Altre volte, vagheranno come fantasmi! Non è un caso, quindi, che quando si scoprono tali segreti, le ripetizioni nocive, i traumi, scompaiano.
Esisterebbe, dunque, una trasmissione transgenerazionale di traumi gravi non esplicitati o di lutti non dichiarati e non elaborati, così come torture, violenze, … È proprio il non detto, rinforzato dal silenzio e dall’evitamento, che parla e agisce.
Si parla di “ripetizioni familiari inconsce” o di sindrome da anniversario. Il nostro inconscio infatti, ha una buona memoria, ama i legami familiari e sottolinea gli avvenimenti importanti attraverso la ripetizione di date o età. Strane coincidenze sosterremmo! Non è neanche un caso che alcune persone potrebbero sentirsi depresse o di mal umore, stranamente e senza un perché, sempre nello stesso periodo dell’anno.

Esistono dei dati “storici” incredibili su tale fenomenologia. A volte, il trauma trasmesso è molto più forte di quello ricevuto o vissuto. Alcuni figli dei sopravvissuti all’Olocausto, soffrono tre volte di più dei loro genitori di Sindrome Post Traumatica da Stress, così come il tasso di cortisolo nel sangue in alcuni discendenti è quattro volte superiore di quello presente in coloro che hanno subito un trauma!

È un esempio anche il caso di una giovane ragazza che si “sentiva” prostituta e desiderava ardentemente di “purificare” la propria anima, per poi scoprire, anche attraverso l’ipnosi, un pesante segreto familiare (in realtà, la nonna era una prostituta).
Quando i traumi, i segreti, il taciuto vengono completamente sommersi e non più pensati, potrebbero addirittura riemergere attraverso incubi e sogni terrificanti. Numero di figli, differenze di tempo tra nascite, aborti, sono esempi di una ereditarietà casuale che casuale non è.

 

Fonte: La sindrome degli Antenati. A.A. SCHUTZENBERGER. DR Editore, 2008.

Non calpestare l’ombra del vicino

Hai mai riflettuto sulla tua ombra?

Non è una domanda tranello, né una questione psicoanalitica.
Se qualcuno “calpesta” la tua ombra mentre stai passeggiando, come reagisci? Bhe’, ora fai più caso, poiché non è una questione banale.
Il nostro cervello vede istintivamente l’ombra proiettata dal nostro corpo come se fosse un’estensione fisica dello stesso. La scoperta è stata fatta da Umberto Castiello dell’Università di Trento e Francesco Pavani, della Royal Holloway University di Londra. La ricerca è stata pubblicata sulla rivista “Nature Neuroscience”.
I ricercatori hanno appurato che persone sottoposte a stimoli, come oggetti o fasci luminosi che si avvicinano al corpo, reagiscono nello stesso modo e con la stessa velocità se lo stimolo è rivolto alla loro ombra! Ad esempio, quando lo stimolo “tocca” l’ombra della nostra mano, la reazione sarà identica come se toccasse la mano vera e propria.


Ciò accade perché il cervello usa anche l’ombra per elaborare la proiezione tridimensionale del corpo e per inserirlo nell’ambiente circostante. Le persone sentirebbero un legame intuitivo e immediato con i propri “confini”, anche quelli disegnati appunto dalle ombre. Una prova è lo stato di disagio che possiamo provare quando qualcuno cammina sulla nostra ombra!

Fonte: coscienza.org

La cosa più irresistibile al mondo

La cosa più irresistibile al mondo? Non fate strani pensieri, perché stiamo parlando, banalmente, del sorriso!

I primi studi scientifici sul sorriso risalgono all’inizio del diciannovesimo secolo, quando G. Duschenne de Boulogne, usò l’elettrodiagnostica e la stimolazione elettrica per distinguere il sorriso determinato da una vera sensazione di piacere, da quelli di altra natura. Il ricercatore analizzava le teste dei ghigliottinati e le esaminava con grande cura per individuare e classificare i muscoli responsabili di un sorriso. Un po’ ironico, certo …
Scoprì così che i muscoli coinvolti erano due: il grande zigomatico, che decorre sul lato della faccia sino all’angolo della bocca e l’orbicolare dell’occhio. Il grande zigomatico tende la bocca all’indietro e determina l’esposizione dei denti, aumentando il volume della guancia, mentre l’orbicolare dell’occhio socchiude gli occhi e causa le zampe di gallina. Il primo muscolo è volontario, poiché è controllato a livello conscio e può essere usato per i falsi sorrisi e per fingere piacere. Il secondo è involontario e rivela i veri sentimenti che inducono a sorridere con sincerità. Quindi, il primo segnale per capire se un sorriso è sincero è la presenza delle famose zampe di gallina attorno agli occhi. Il sorriso finto interessa, invece, solo le labbra.

1. Sorriso a labbra strette.
Le labbra tese formano quasi una linea retta e i denti sono nascosti. Tale sorriso comunica che la persona nasconde qualcosa, un’opinione o un atteggiamento che non intende condividere.
2. Sorriso storto.
Rivela sentimenti contrastanti. Tipico della nostra cultura, comunica spesso sarcasmo.
3. Sorriso a mandibola abbassata.
Sorriso artefatto, viene usato per ottenere reazioni piacevoli negli altri e consenso.
4. Sorriso con lo sguardo traverso.
Con la testa china, lo sguardo rivolto verso l’alto a labbra tirate, la persona appare giovanile, allegra e misteriosa. Risveglia negli uomini sentimenti paterni e protettivi. Era uno dei sorrisi tipici della principessa Diana.

Curiosità
Il riso disarma e disinnesca le reazioni di fuga che una situazione di minaccia produce. Abbassa la concentrazione di adrenalina e la tensione arteriosa. Il riso acquieta l’angoscia e libera i neurotrasmettitori del piacere. Quanto più invecchiamo, tanto più seri diventiamo nei confronti della vita. Un adulto ride in media quindici volte al giorno, un bambino in età prescolare, in media quattrocento! Solo il 15% delle risate è attribuibile a scherzi o barzellette. Esso è maggiormente legato ai rapporti interpersonali. Negli incontri, le donne sorridono per l’87% del tempo, gli uomini per il 67%. Gli studi dimostrano che le donne ridono alle battute di un uomo quando ne sono attratte e che gli uomini sono attratti dalle donne che ridono alle loro battute!

Ma quanto dura un sorriso autentico?

In ambito scientifico (valutazione tramite sistema FACS) si afferma che un sorriso non può durare meno di 0,5 secondi e non deve essere statico. In ogni caso, non dovrebbe superare i 4 secondi. Se la durata aumenta, infatti, il sorriso viene considerato “sociale” o di circostanza.

 

6 modi di bere il caffè che raccontano qualcosa di te

6 modi di bere il caffè che raccontano qualcosa di te.

Il caffè è la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua. La pausa caffè è sempre cosa sperata ed è anche raccomandabile. Il caffè fa bene, inoltre, alla salute! Ma la domanda principale è: come bevi e gusti il tuo caffè?

1. Bevete il caffè a piccoli sorsi, scrutandone il fondo.

Probabilmente, siete delle persone fataliste. La giornata che si prospetta è identica alla precedente e sarà uguale alla successiva. Ogni tanto, concedervi qualche slancio!

2. Bevete velocemente il caffè, tutto d’un fiato.

Siete dei drogati del lavoro. Pronti ad iniziare una nuova giornata in forma smagliante. Ogni tanto, però, chiedetevi se state correndo o scappando!

3. Girate il cucchiaino guardandovi intorno, lasciate raffreddare il caffè e poi lo bevete con una smorfia di amarezza.

Siete tendenzialmente negligenti e anche un po’ paranoici. Respirate lentamente e la prossima volta, aggiungete altro zucchero!

4. Sollevate la tazzina del caffè mantenendo la curvatura del pollice e dell’indice, allungando il mignolo.

La polemica è il vostro campo di battaglia, così come il giudizio. Per voi le cose sono giuste o sbagliate. Allenatevi un po’ alla flessibilità!

5. Dimenticate di togliere il cucchiaino nella tazzina, che si infila sistematicamente nel vostro occhio.

Goffaggine generalizzata. Avete sempre la testa tra le nuvole e mille pensieri. Ci vuole un po’ di metodo!

6. Bevete il caffè alternando le mani.

La cosa è inconsueta. Forse, come voi. Probabilmente, avete anche qualche disturbo dell’umore cui non prestate mai molta attenzione!

 

Ipnosi e dolore post operatorio

Recentemente, ho applicato l’induzione ipnotica in una paziente di 44 anni, sottoposta a intervento chirurgico per neoplasia.
La comunicazione ipnotica è iniziata attraverso un esercizio di visualizzazione e rilassamento, mentre alla paziente era stata anche somministrata morfina con lo scopo di calmare il dolore post operatorio. Per tale ragione, ho proceduto anche con una certa tranquillità, quasi incoraggiato anche dalla contestuale sedazione farmacologica.
A distanza di circa venti minuti, la paziente mostrava tranquillità e sonnolenza, con inibizione totale dei movimenti corporei. L’induzione è stata effettuata due volte consecutive, poiché quando mi allontanavo, la paziente diventava più irrequieta e aumentavano anche le lamentazioni e lo stato generale di agitazione. La cosa risultava un po’ strana, poiché le era stato somministrato anche il farmaco calmante.

Presto, ho scoperto, in realtà, che la morfina era uscita fuori vena già da un pezzo e che la sedazione della paziente era avvenuta solo tramite la mia induzione ipnotica!
In fase di risveglio, la paziente ricordava semplicemente un viaggio in un posto di mare ed una passeggiata sulla spiaggia. Di tanto in tanto, sentiva alcuni suoni rilassanti e la brezza marina che rinfrescava il suo viso, infondendo una certa calma e serenità. Si è riscontrata anche completa amnesia sulla durata dell’induzione e contrazione temporale dell’intera giornata post operatoria.
L’ipnosi è una forma elettiva di comunicazione ed è una pratica clinica con impressionanti potenzialità anche nel campo medico!

Muoversi, gesticolare e valutare la torre Eiffel

Muoversi, gesticolare e valutare l’altezza della Torre Eiffel.

Quante volte diciamo ai bambini o ai nostri figli: stai fermo su quella sedia mentre studi! Non ti agitare! Stai seduto! E come biasimarci, a volte …
In realtà, pare che chi fa più movimento ricorda più cose, apprende meglio e, incredibilmente, si sente meglio! Tra l’altro, la correlazione tra movimento e stato umorale è ben conosciuta.
Il movimento favorisce la circolazione sanguigna e migliora il metabolismo del cervello. Inoltre, la perdita di materia grigia sembra bloccarsi e si formano nuove cellule cerebrali, creando maggiori sinapsi. Con il movimento, tantissimi segnali chimici arrivano attraversano il nostro corpo, migliorando la performance.


Esistono, dunque, connessioni tra la motricità e la cognizione. Ad esempio, gesticolare crea un ponte tra mente e corpo ed è fondamentale in fase di comprensione e apprendimento. Gesticolare aumenterebbe anche l’intelligenza, il problem solving e in genere le abilità spaziali.
Al di là delle convinzioni o degli stereotipi, molti studi dimostrerebbero che le donne, rispetto agli uomini, si trovano maggiormente in difficoltà di fronte a compiti che richiedono l’uso di abilità spaziali. A quanto pare, ciò dipenderebbe proprio dal fatto che gesticolano poco quando cercano di risolvere problemi spaziali, al contrario degli uomini.
Inoltre, le mani e gli emisferi sono notoriamente collegati e lo sono in modo incrociato. Chi stringe il pugno sinistro attiva l’emisfero destro e viceversa. Così, se vostro figlio stringe nella mano destra una matita mentre studia i vocaboli va benissimo. Se, invece, deve ripetere le parole memorizzate, dovrà tenere la matita nella mano sinistra. Ciò attiverà meglio la memoria! Se stringiamo il pugno sbagliato, quindi, causiamo ulteriore stress al nostro cervello.


Il nostro corpo è molto più intelligente di ciò che pensiamo. Quanto può influenzarci, quindi, anche la nostra forma fisica? È risaputo che le persone che si sentono bene fisicamente godono anche di maggiore autostima e senso di autoefficacia, ma non solo.
Durante un esperimento fu chiesto ai partecipanti di premere un pulsante quando ritenevano di sentire un rumore minaccioso. Alcuni partecipanti premettero il pulsante troppo presto, alcuni, esageratamente presto. Chi era molto allenato, invece, suonò il pulsante molto più tardi. Quale può essere la ragione di tale differenza di percezione?
Le persone in forma possono scappare più velocemente innanzi ad un pericolo. In tal caso, il loro cervello lancia un segnale di allarme più tardi. Viceversa, il cervello di chi sta meno in forma, prevede in tempo di fuga differente, perciò segnala il rumore prima del dovuto. Questione di sopravvivenza! Non finisce qui …
Avete mai guardato la torre Eiffel? Sappiate che se ci incliniamo a sinistra, la torre ci sembra decisamente più bassa rispetto a quanto la guardiamo in posizione eretta! Il nostro cervello rappresenta i numeri in uno spazio immaginario, dove i più bassi stanno a sinistra e i più alti a destra! Chi lo avrebbe detto …

La telefonata di Stasi ai Soccorsi nel caso “Garlasco”

La chiamata di Stasi ai soccorsi è stata considerata incoerente e incongruente, ma di fatto, non sono stati applicati criteri …

Realtà Virtuale tra Neuroscienze e Psiche

Negli ultimi anni, la realtà virtuale (VR) ha guadagnato un ruolo di rilievo nelle neuroscienze, trasformandosi da semplice …

Ipnosi MIND

Partiamo da … che cosa non è l’ipnosi. L’Ipnosi non è: – Una forma di manipolazione mentale. – Uno …