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Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.

Comunicazione Non Verbale: un Dizionario davvero speciale.

La conoscenza della comunicazione non verbale può fornire un utile supporto al processo comunicativo, indipendentemente dal contesto. Essere percettivi significa essere capaci di individuare le contraddizioni tra il linguaggio orale e il linguaggio del corpo. Significa, al contempo, scovare le incoerenze e perché no, anche la menzogna. Sovente, si parla di Audience awareness.

Alcune regole di fondo andrebbero però sempre rispettate:

  1. Leggete i gesti nell’insieme.
  1. Attenzione alla coerenza.
  2. Leggere i gesti nel contesto.

Immaginate di aprire la porta del bagno di una casa che state visitando e di scoprire una donna nuda nella vasca: come reagirà alla vostra presenza?

Una donna britannica o americana si coprirebbe il seno con una mano e i genitali con l’altra; una svedese solo i genitali; una musulmana il volto, una di Sumatra le ginocchia e una della Samoa l’ombelico!

Durante un processo comunicativo occorre considerare anche alcuni fenomeni particolari che, sovente, possono essere un vantaggio/svantaggio. Almeno l’80% delle opinioni sull’altro, infatti, si formano durante i primi 4 minuti di conversazione. L’efficacia della comunicazione, inoltre, è ripartita tra il 55% dei movimenti del corpo, in primis espressioni facciali, il 38% vocale, ovvero volume, tono e ritmo e il restante 7% verbale. Tale ripartizione costituisce una verità assodata da tempo.

La mimica è sicuramente una parte importante nella CNV e non riguarda solo le espressioni del viso e le emozioni universali. Una parte della mimica si occupa, ad esempio, solo degli occhi e dello sguardo (pupillometria). La pupilla si dilata non solo a seconda della quantità della luce, ma anche a seconda dello stato emotivo.

Lo stesso Hess ha scoperto, ad esempio, che le pupille degli uomini e delle donne eterosessuali si dilatano quando vedono, rispettivamente, modelle o modelli e si contraggono quando notano una persona dello stesso sesso. Inoltre, l’aumento della dilatazione pupillare è correlato positivamente ad una attività di problem solving e che risulta massimo quando la persona giunge alla soluzione. Neonati e bambini hanno pupille più dilatate ed esse si dilatano maggiormente in presenza di un adulto, per risultare molto gradevoli e quindi per avere più attenzioni.

Lo sguardo risulta “rivelatore” grazie alla sclera e l’uomo è l’unico primato che la possiede. Essa è un vero ausilio comunicativo e consente di capire in quale direzione guardiamo, oltre ad essere correlata con lo stato emozionale. La donna possiede una sclera più grande e ciò potrebbe giustificare la maggior predisposizione femminile nel cogliere i sentimenti, rispetto all’uomo.

Un altro indicatore è l’occhiata a distanza. Un’occhiata a distanza è un atto usato sin dall’antichità come espressione di un saluto. È un gesto universale, tra l’altro, riscontrato anche nelle scimmie! L’unica cultura che non usa tale tipo di saluto è quella giapponese. Un’occhiata a distanza significherebbe: “riconosco la tua presenza e non rappresento una minaccia”.

Un altro “gesto” comune che si può notare è il battito delle palpebre.

È un altro segnale da tenere sotto controllo. Mediamente, battiamo le palpebre circa 8 volte al minuto e i nostri occhi rimangono chiusi per un decimo di secondo. Aumenteremo il battito quando ci sentiamo sotto pressione o anche quando diciamo una bugia. Inoltre, prolungare il battito palpebrale rappresenta un modo inconscio di escludere qualcuno davanti a noi, magari perché ci annoiamo o perché non di nostro gradimento!

Lo sguardo può essere utilizzato in tanti modi differenti. Se, ad esempio, desideriamo uno sguardo “ipnotico” e desideriamo anche “intimorire” qualcuno, ci converrà guardare al centro della fronte, tra gli occhi. Invece, guardare tra gli occhi e le labbra, durante una conversazione, può comportare un certo disagio nell’estraneo, a meno che non desideriamo creare intimità o comunicare intenzioni “romantiche”!

Tra gli altri atti non verbali distinguiamo:

 

Emblemi, ovvero atti non verbali condivisi da membri di un dato gruppo, cultura, classe:

  • Possono prendere il posto delle parole.
  • Sono consapevoli e intenzionali.
  • Sono elaborati dalle stesse aree cerebrali in cui viene prodotto il linguaggio.

 

Illustratori, collegati al discorso che si sta facendo:

  • Bacchette: accentuano ed enfatizzano.
  • Movimenti ideografici, che indicano la direzione del pensiero (es. muovere la mano davanti alla fronte per indicare uno stordimento).
  • Movimenti deittici: segnalano qualcosa o qualcuno (es. puntare il dito su persona o su un oggetto del nostro discorso).
  • Movimenti spaziali: descrivono una relazione spaziali.
  • Pantomime: indicano un’azione (es. portare le mani avanti per dire che abbiamo respinto qualcuno)
  • Movimenti pittografici: delineano la sagoma (es. quando descriviamo una persona in forma o sovrappeso).

Affect-display, movimenti dei muscoli facciali e corporei associati alle emozioni primarie.

Regolatori, gesti che mantengono e regolano l’alternarsi dei turni della conversazione:

  • Sono appresi in modo inconscio.
  • Segnali evidenti e meno evidenti (es. piede, gamba dx, sx).

Adattatori, utilizzati per soddisfare bisogni fisici o psichici (originariamente).

  • togliere un filo dalla giacca dell’interlocutore, pulirsi un lato della bocca, allontanare all’improvviso un bicchiere.
  • Gestione inconscia.

Il contatto fisico.

Il contatto fisico, durante un’interazione è fondamentale, sebbene sia fortemente influenzato dalla cultura di riferimento e dall’educazione. Gli uomini, percentualmente, utilizzano maggiormente il tatto rispetto alle donne, anche se si registrano numerose differenze a seconda dello status.

Secondo alcuni studi, la comunicazione tattile aumenterebbe la collaborazione, inoltre, creerebbe maggiore attivazione emotiva, empatia, sincerità, senso di appartenenza. Toccare lievemente uno sconosciuto creerebbe un legame minimo che predispone favorevolmente quest’ultimo verso di noi.

L’utilizzo strategico del tatto aumenterebbe il fascino, il tratto di dominanza, la determinazione e l’empatia.

La mano comunica molto. Gesticolare con il palmo verso l’alto, ad esempio, verrebbe codificato come un gesto non minaccioso. Il palmo verso il basso viene considerato, invece, come gesto autoritario. Attenzione anche al “dito puntato” mentre si gesticola.

La stretta di mano si è evoluta come segno per suggellare un accordo commerciale. Nell’antica Roma si usava la stretta all’avambraccio. Oggi, la stretta di mano è comune in tutto il mondo, anche in Giappone (inchino) e Thailandia (gesto preghiera). Si può distinguere, inoltre: la stretta del controllo, attraverso una presa al gomito, al braccio e alla spalla. Se non esiste un legame personale o emozionale con l’altra parte, usate solo la stretta di mano! Più è alta la stretta, sino alla spalla appunto, più la persona desidera controllare l’altro.

Nella comunicazione non verbale occorre fare molta attenzione ad altre variabili:

  • La personalità del soggetto.
  • L’ambiente in cui si svolge l’interazione.
  • Le circostanze dell’interazione.
  • La relazione con l’interlocutore.
  • Il clima emotivo dell’interazione.

Inoltre, sono molto importanti altri segnali: segnali d’ansia, di autoconforto, distraenti, fuga, fastidio, perplessità.

Segnali d’ansia:

  • Stropicciarsi le dita
  • Tremolio delle mani
  • Perdita del controllo della motilità fine
  • Sentire il bisogno di poggiarsi a qualcosa

Autoconforto:

  • Accarezzarsi
  • Abbracciare se stessi
  • Tenere stretto a se un oggetto
  • Accarezzamento di un lobo
  • Afferrare una mano con l’altra
  • Intrecciare le dita
  • Annodare i capelli

Distraenti e fuga:

  • Aggiustare gli accessori
  • Portare il sedere sul bordo della sedia
  • Orientare le gambe in direzione differente da quella del tronco
  • Avvolgere le gambe intorno alla sedia
  • Cambiare spesso posizione da seduti
  • Pestarci i piedi
  • Sollevare i talloni

Fastidio, perplessità:

  • Sfregarsi il naso
  • Sollevare la punta del naso
  • Grattarsi il naso
  • Togliersi qualcosa nella zona lacrimale
  • Spingere gli occhiali verso l’alto
  • Sollevare un sopracciglio con un dito
  • Grattarsi la fronte
  • Grattarsi la nuca
  • Grattarsi lo zigomo o la zona davanti all’orecchio
  • Spingere con il dito sotto il labbro inferiore
  • Togliersi ipotetiche briciole dall’angolo della bocca
  • Spingere la lingua contro le guance
  • Mordicchiare il labbro
  • Grattarsi con il dito o con una penna sotto il mento
  • Scalciare con la gamba accavallata è un modo per allontanare qualcosa
  • Sollevare il piede in segno di Stop
  • Portare un piede sotto la sedia

Possiamo identificare anche i gesti e le posture minacciose, come ad esempio:

  • Rimboccarsi le maniche
  • Tenere i pugni sui fianchi
  • Esibire simboli fallici
  • Stringere i pugni

Esistono, ancora, tantissimi segnali relazionali: Grooming: es. togliere un pelucchio di dosso all’altro, aggiustare il colletto, … Giocherellare con gli oggetti dell’altro. Comportamento speculare. Sincronia interattiva. Guardarsi le mani o le unghie è indice di noia. Appoggiare la testa sul pugno è un segnale relazionale di rifiuto.

Interessante anche la gestualità proveniente dalle braccia. Incrociare le braccia sembra in gesto innato. Le scimmie e gli scimpanzè lo usano quando temono in attacco. Alcuni studi evidenziano che quando ascoltiamo qualcuno e abbiamo le braccia incrociate, il nostro livello di apprendimento può drasticamente ridursi, inoltre, formuleremo giudizi più negativi sull’interlocutore. Se parlate ed incrociate le braccia, la vostra credibilità può ridursi sensibilmente. Anche in questo caso, forniamo un piccolo vocabolario:

  • Braccia al petto: nessuna intenzione di aprirsi né di lasciarsi avvicinare.
  • Braccia conserte e pugno chiuso: ostilità.
  • Braccia chiuse e presa delle braccia con le mani: insicurezza.
  • Braccia chiuse con pollici verso l’alto: chiusura ma stima di sé.
  • Tenersi un braccio mentre si sta in piedi, in situazioni di P.S. denota insicurezza, imbarazzo.
  • Negli uomini, si vede molto la posizione della «zip rotta». In tal caso, la persona teme degli attacchi frontali! A quanto pare, Hitler lo faceva per un senso di inadeguatezza sessuale!

Gestualità delle mani.

La mano umana ha 27 ossa ed è stato dimostrato che il cervello ha delle connessioni nervose con le mani come per ogni altra parte del corpo. I gesti con le mani ci rivelano anche informazioni sullo stato emozionale dell’altro. Gesticolare con le mani è un fatto culturale ma aiuta anche a comunicare e ricordare.

  • Sfregare i palmi: aspettative allettanti.
  • Le mani giunte: atteggiamento controllato.
  • Mani giunte in posizione centrale, quando seduti: chiusura, frustrazione.
  • Mani giunte a guglia: sicuro di avere le risposte giuste.
  • Mani giunte in posizione di preghiera: autocompiacimento, arroganza.
  • Appoggiare la testa sulle mani giunte: guardami!
  • Camminare con le mani dietro la schiena: posizione di potere, superiorità, sicurezza. Se provate questa posizione in situazioni di stress, potreste sentirvi più sicuri.
  • Mani dietro con presa del polso: frustrazione, autocontrollo. Più alta è la mano che afferra il braccio opposto, più frustrato e infuriato è il soggetto.

Gestualità con le gambe:

Battere o dondolare il piede denota il tentativo del cervello di scappare da un’esperienza. P. Ekman ha rilevato che le persone che mentono controllano poco la parte inferiore del corpo! Le punte dei piedi, sovente, indicano la direzione che preferiamo o «dove vogliamo andare». Mentre braccia e gambe incrociate, quando siamo in piedi, denotano spesso incertezza. Le gambe possono essere incrociate in modalità “europea” o femminile o in modalità a “quattro americano”, più maschile. Quest’ultimo modo denota anche un atteggiamento competitivo, dominante e polemico. Occorre considerare anche altre sottigliezze. Ad esempio, una persona che sta decidendo ha solitamente i piedi appoggiati a terra, mentre se incrocia le caviglie, potrebbe significare che si sta trattenendo (sentimento negativo, di incertezza, paura, …).

Come si desume, abbiamo quindi un vocabolario molto speciale e articolato. Indipendentemente dal contesto comunicativo e dalle persone, cercate sempre e comunque di affinare l’osservazione e di concentrarvi sul non verbale. Tra le parole e i gesti, affidatevi maggiormente a questi ultimi.

 

7 punti per una Comunicazione Efficace

Comunicare è un processo complesso e articolato. Non sempre è facile intendersi con gli altri o banalmente, andare d’accordo, neanche quando conosciamo la persona o supponiamo di conoscerla! Comunicare è arte difficile e per essere efficaci occorre considerare una serie di fattori e dinamiche non solo razionali, ma anche e soprattutto inconsce. Non è un caso che, ad esempio, almeno il 90% dell’efficacia comunicativa “risieda” nel Non Verbale (mimica, pantomimica, prossemica, cinesica, cronemica).


Per essere efficaci e anche persuasivi occorre tener conto di alcuni punti fondamentali. Tali punti rappresentano una vera “scaletta” operativa e diventano, dunque, fondamentali durante un qualsiasi processo comunicativo.

1. L’attenzione: per comunicare efficacemente occorre essere, banalmente, attenti. Mi riferisco però, soprattutto, ad un’attenzione orientata, un’attenzione verso l’altro. Purtroppo siamo sbadati o poniamo poca attenzione durante la comunicazione e perdiamo parte delle informazioni, inoltre, risulteremo all’altro distratti o disinteressati. Quando parliamo con qualcuno, dobbiamo assumere una formamentis specifica: “sto parlando con la persona più importante della mia vita in questo momento”. Solo in questo modo, presteremo la giusta attenzione!

2. Ascolto attivo: stiamo impegnati, spesso, ad ascoltare noi stessi o pensiamo a programmare ciò che diremo, senza ascoltare effettivamente ciò che comunica l’altro è soprattutto come lo comunica. Occorre, in realtà, “sentire” l’altro, attraverso una predisposizione alla comprensione empatica. Per chi avesse difficoltà nell’ ascolto, consiglio un po’ di “ecolalia”, ovvero ripetizione mentale delle parole dell’altro. L’ascolto attivo è legato all’attenzione, alla capacità di programmare la comunicazione, all’empatia.


3. Assertività: capacità di comunicare concetti e stati d’animo senza remore o timori, ovviamente senza ledere l’altro. Significa esprimere ciò che pensiamo o proviamo quindi in una data situazione o momento. Sembra strano, ma occorre esercitarsi, poiché per svariate ragioni, ansie o timori, non sempre “diciamo la nostra”!

4. CNV: occorre essere competenti in ambito comunicazione non verbale e linguaggio del corpo. Il tono di voce, lo sguardo, la postura, la gestione delle distanze e dello spazio sono solo macroaree della CNV. Consiglio a tutti di perfezionare tale repertorio universale e di approfondire anche le espressioni emotive del viso. La verità, in fondo, passa sempre dal corpo!

5. PNL: programmazione neuro linguistica. È una specifica branca della comunicazione che contiene concetti e tecniche utili e strategiche. Può essere considerata anche una vera formamentis, un modo di lettura del mondo circostante. Per chi volesse approfondire, esistono tanti corsi ormai in giro …

6. Simbolismo: quando comunichiamo, oltre a gesticolare, esponiamo inconsciamente anche dei simboli. Sono simboli molto potenti e non è un caso che vengono usati anche nell’ipnosi dinamica. Attraverso l’uso e la gestione dei simboli, possiamo risultare più “attraenti” durante la conversazione o, al contrario, meno incisivi e più conflittuali. Solitamente, si parla di simbolismo Asta, Cerchio, Triangolo. Tale ambito merita un approfondimento specifico!


7. Persuasione: per essere persuasivi non basta essere motivati, ovvero mossi da uno scopo, da un obiettivo. La persuasione è un’arte raffinata che non deve “risultare”manipolazione. In realtà, la differenza, a mio avviso, è nell’etica della persona! Esistono diversi principi sul processo persuasivo, che se esercitati con armonia, risultano davvero decisivi nella comunicazione. Reciprocità, simpatia, riprova sociale, autorità, coerenza, scarsità sono i principi della persuasione. Consiglio un approfondimento con le opere di Cialdini.

Il dizionario della Comunicazione Non Verbale

Il Dizionario della Comunicazione Non Verbale

L’antropologo Birdwhistell, tra i primi studiosi della comunicazione non verbale, ha stimato che una persona pronuncia parole per dieci, undici minuti al giorno e che una frase media richiede circa 2,5 secondi per essere detta. Ha inoltre calcolato che l’uomo è in grado di fare e riconoscere circa 250 mila espressioni facciali!
La componente verbale della comunicazione è inferiore al 35% e più del 65% è invece rappresentato dalla componente non verbale. Il linguaggio del corpo contribuisce sino al 80% circa all’impatto di un incontro e le famose prime impressioni ed opinioni sull’altro, vengono elaborate nei primi 4 minuti!

Per quanto non si voglia accettare, siamo esseri animali governati anche da regole biologiche che controllano linguaggio corporeo e gestualità. Le nostre posture, i nostri micromovimenti, i gesti, sono indicativi di uno specifico stato d’animo, indipendentemente da ciò che diremo con le parole. Sarà sempre il corpo a dire la Verità!
A volte, istintivamente, o “a pelle”, cogliamo discordanze tra le parole pronunciate da una persona i suoi gesti. In altri casi, saremo noi stessi ad essere molto percettivi e ad accorgerci che c’è qualcosa che non va nel nostro ascoltatore. Ciò si verifica quando, ad esempio, parliamo ad un gruppo o in pubblico. Si parla, in tal caso, di “audience awareness”.


Da alcune ricerche condotte alla Harvard University emerge che le donne sono più inclini a valutare il linguaggio del corpo. Inoltre, le donne con figli, sembrano avere maggiore abilità. Nei primissimi anni, infatti, una mamma si affida molto ai segnali non verbali per comunicare con il proprio bambino. L’abilità femminile nella comunicazione e nella valutazione sarebbe suffragata anche da alcune indagini condotte mediante risonanza magnetica. Rispetto ad un uomo, una donna avrebbe a disposizione circa quindici aree cerebrali preposte a tali funzioni rispetto alle circa sei maschili.
Nel linguaggio del corpo esistono segnali innati, altri culturalmente appresi. I bambini sordi e ciechi sorridono ugualmente ed altre espressioni emotive sono universali, sia in Italia, sia in Nuova Guinea. Il gesto di scuotere la testa, ad esempio, indica una “negazione” nella stragrande maggioranza del globo e probabilmente ha le sue origini nel fatto che il bambino sazio non desidera più il latte dal seno materno e scuote la testa …
Alzare le spalle sembra essere un altro gesto universale, scaturito dall’esigenza di proteggere la gola da eventuali attacchi. Affiancato ai palmi delle mani aperti, che indicano che non si nasconde nulla in mano e alla fronte corrugata, significherà sottomissione! Questo è solo uno dei tantissimi esempi del nostro naturale repertorio.

check aziendale mirco turco psicologo
Nella lettura dei messaggi del corpo, però, bisognerebbe rispettare tre regole auree. Cadere in errori o in vere allucinazioni, è infatti cosa frequente.
Numero 1: occorre leggere i segnali del corpo nel loro insieme. Grattarsi la testa può significare incertezza ma anche problema di forfora!
Numero 2: attenzione alla coerenza. I segnali non verbali hanno un impatto cinque volte maggiore rispetto al verbale. Se il messaggio verbale e non verbale non coincidono, ci baseremo soprattutto sul non verbale. Se parlando del mio matrimonio dico che è splendido ma mi sfrego ripetutamente la fede, infilandola e sfilandola dal dito … non apparirò coerente e non ci vuole neanche Freud per comprendere che forse, in realtà, ho qualche problemino!
Numero 3: l’importanza del contesto. Non siamo nulla senza un contesto! Se ho le braccia incrociate e anche le gambe potrei apparire chiuso e sulle difensive ma magari, sono fuori, al freddo e sto solo cercando di riscaldarmi!

Sbagliarsi, quindi, è molto facile, così come diventare paranoici … Occorre considerare diversi aspetti nella comunicazione non verbale e soprattutto necessitiamo di tanto allenamento. Di fatto, esiste un grande repertorio, un vero enorme dizionario che può essere a disposizione di tutti.

Dimmi come cammini e ti dirò chi sei

Un anno fa uscì un mio articolo su “Starbene Salute” su un argomento alquanto bizzarro ma interessante. Ve lo ripropongo in modo integrale …

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Il famoso Cesare Lombroso sarebbe alquanto onorato dai tentativi odierni di “rimodernare” e arricchire sapientemente  teorie psicologiche e comportamentali inerenti alcuni aspetti macroscopici e microscopici della comunicazione non verbale. Certo, il suo nobile tentativo era quello di identificare uno psicopatico, da un omicida, da uno stupratore. Solo con il tempo si è compreso che le cose sono un po’ più complesse!

Di fatto, è pur vero che il nostro corpo parla ed è proprio il nostro corpo a dire la verità o a confidare alcuni tratti del nostro temperamento e della nostra personalità. Oggi, come ieri, si dice, infatti, che quello che diciamo con le parole deve essere in armonia con quello che diciamo con il nostro corpo e che ciò che conta sono appunto i gesti.

Anche il mondo pubblicitario ne conosce bene il presupposto fondamentale: non è tanto importante quello che si dice macome si dice.

Come ci muoviamo nello spazio e come gestiamo le varie distanze? Esistono indicatori importanti  legati a fattori culturali ma anche fisiologici e psicologici. È la prossemica,  studio delle distanze interpersonali, che ci dice se siamo a nostro agio ad una certa distanza o se preferiamo “accorciarla” quando parliamo con una data persona. Variazioni delle distanze interpersonali e quindi, movimenti vari che facciamo nello spazio con i nostri arti e con l’intero corpo, variano a seconda della nostra personalità e a seconda di quello che stiamo provando (emozioni positive o negative ad es.) in quel momento.

C’è chi probabilmente ha un proprio “stile” nel muoversi nello spazio, così come nel camminare. Avete mai visto una persona depressa che cammina velocemente, o un iperattivo che mestamente passeggia in una strada!? Osserviamo passi esitanti, in altre occasioni, un passo sicuro e determinato. In effetti, si potrebbe proprio dire  “Dimmi come cammini e ti dirò chi sei”!

dimmi come cammini e ti dirò chi sei mirco turco

Anche gli animali comunicano le loro intenzioni attraverso la gestione dello spazio e i movimenti, trasferendo aggressività, sottomissione, socialità e in fondo, noi umani non siamo poi tanto diversi.

L’impatto non verbale e nello specifico anche la camminata sono fondamentali tra persone che non si conoscono. Un modo di camminare deciso potrebbe indicare dominanza e in un certo senso anche aggressività. Spesso si tratta di persone che rivestono posizioni gerarchiche rilevanti su un piano sociale, lavorativo.

Altre volte, il tipo di camminata trasferisce informazioni sullo stato di salute della stessa persona che incrociamo, sia conosciuta che sconosciuta. La percezione che una persona ha di se stessa, la propria autostima, la propria efficacia si possono anche riflettere sul modo di camminare, così come sul modo di relazionarsi in generale con gli altri.

In un ‘ottica allargata, si potrebbe evidenziare che non è un caso che alcuni predatori scelgano la propria vittima in base all’andatura. Analizzare il modo di camminare è quindi rilevante non solo sul piano sociale e interpersonale ma potrebbe avere anche scopi rilevanti in termini di Sicurezza.

Da sempre il portamento ha avuto un ruolo fondamentale anche nella determinazione di altre caratteristiche: socievolezza, dominanza, status sociale, emozioni, disponibilità.

Spesso riconosciamo l’andatura di una persona anche dal semplice “suono” che fa mentre cammina in un determinato ambiente. Ciò probabilmente è indice di quanta importanza abbia il modo di spostarsi nello spazio.

Esistono  differenze tra maschi e femmine. Alcuni studi effettuati presso università straniere, hanno registrato varie tipologie di andature attraverso l’applicazione di alcuni sensori su ginocchia, caviglie, spalle, polsi, mostrando differenze sostanziali, anche in termini di età.

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E in termini di  “efficacia comunicativa”? Il passo esitante, incerto, l’andatura indecisa, indicherebbero tendenza alla prudenza, alla vulnerabilità, alla probabile passività. Un passo affrettato, ampio, uniforme con il resto del corpo, un contatto deciso con il suolo è interpretabile come attività, decisione e intraprendenza.

Ampiezza dei passi, movimenti degli arti superiori, inclinazione del capo sono indicatori importanti se consideriamo l’atto del camminare. Una persona decisa rispetto ad una persona che si “trascina” avrà passi ovviamente differenti.

Pur se il nostro modo di camminare è costante, acquisito attraverso tappe evolutive precise, è altrettanto ovvio che può subire delle modificazioni a seconda del nostro stato emotivo. In questo, andrebbe fatta una lettura di tutto il linguaggio del corpo e anche delle espressioni emotive del viso, da cui, tra l’altro, trapelano le emozioni principali universali. Per fare un’accurata “diagnosi” personologica abbiamo  necessità di analizzare diversi indici e pertanto, non sempre basta la prima impressione!

È importante rilevare che presso la Queens University canadese di Kingston, in Ontario, il Prof. Troje sta mettendo appunto uno strumento di biological motion, al fine di identificare bene i movimenti del corpo e per inferire diverse osservazioni: dalla condizione psicologica del soggetto, all’analisi della postura di un politico, sino alla disponibilità sessuale di un eventuale partner.

Un’analisi avanzata della comunicazione non verbale, di fatto, sarebbe possibile: distinguere il passo di una donna rispetto a quello di un uomo; stabilire se una persona è triste o allegra; evidenziare la sincerità o la menzogna non è dunque fantascienza.

A volte, camminare è indicativo di caratteristiche personologiche più specifiche. Ci sono persone che inciampano ovunque e che sembrano realmente avere la testa tra le nuvole. Sembrano essere persone fantasiose, estrose e facilmente distraibili. Chi si muove con un passo rigido, paleserà tale rigidità anche nel resto del corpo e mostrerà probabilmente anche un certo carattere improntato sulla volontà o l’ostinazione.

Il modo di muoversi nello spazio è espressione quindi anche di Personalità. Camminare e muoversi con tutto il corpo potrebbe però anche darci altri tipi di segnale. Muovere maggiormente i fianchi, ancheggiare, muovere il bacino, inclinare il capo, sono indici di una camminata sicuramente femminile. Se aggiungiamo ad essi un repertorio non verbale che riguarda il viso (ad esempio sfregarsi le labbra o accarezzarsi i capelli) e gli arti, potemmo anche decifrare il tutto come disponibilità sessuale.

Se è vero che il nostro modo di camminare è influenzato da pensieri, caratteristiche personologiche ed emozioni, potrebbe essere vero anche il contrario. In effetti, cambiando ad esempio postura e  assumendone una eretta, con testa alta e sguardo fiero, difficilmente potremmo sperimentare un senso di tristezza o depressione e forse, di conseguenza, anche il nostro passo subirà una variazione. Se il pensiero influisce sul nostro corpo, è vero anche il contrario. Provare per credere!

Non stacchiamo però troppo i piedi da terra! Banalmente, il nostro passo può essere influenzato anche da come ci sentiamo fisicamente (una persona ubriaca cammina differentemente da una persona lucida) o da altri fattori, quali ad esempio, lo sport che pratichiamo. Il passo di una danzatrice classica, oltre che nello stile, sarà sicuramente differente da quello di un lottatore di judo!

di Mirco Turco

Investigation & Security: Riflessioni sul Sistema Facial Action Coding System

L’Analisi della Comunicazione Non Verbale è un’attività molto particolare e raffinata che può, se applicata scientificamente, risultare utile supporto in ambito Criminologico, Investigativo e della Sicurezza.

Da un punto di vista tecnologico si parla sovente di strumenti come il VSA che analizza “banalmente” lo stress vocale, la termografia che si concentra sul calore di alcune zone del viso, sino al poligrafo e la risonanza magnetica, sicuramente strumenti più evoluti ma spesso contestati per svariate ragioni, non solo scientifiche.

Identificare le intenzioni di un individuo semplicemente leggendo i messaggi del corpo è attività complessa e non banale. Se poi vogliamo anche capire se la persona mente o dice la verità, le questioni si complicano.

Comprendere se una persona mente o dice la verità non è cosa agevole e tale difficoltà, probabilmente, ha anche un senso evolutivo. Di fatto, secondo Mark Frank, del dipartimento di scienze comportamentali dell’Università di Buffalo,non siamo stati preparati dalla nostra storia evolutiva ad essere sensibili agli indizi comportamentali che potrebbero rivelare una bugia.”

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Come esseri umani abbiamo un naturale repertorio che però può essere analizzato con una certa attenzione.

Se la probabilità di distinguere la verità da una menzogna è pari a circa il 50%, la conoscenza di tecniche e metodi di analisi verbale e non verbale, aumenta di molto la nostra probabilità di “cogliere nel segno”.

Secondo Ekman osservatori addestrati a cogliere gli indizi presenti sul volto,  sono in grado di individuare l’inganno con un 70% di accuratezza, che può arrivare fino al 100% se vengono tenuti in considerazione anche la gestualità e i movimenti del corpo. Tali conoscenze possono avere applicazione pratica ai fini delle investigazioni e quindi della Sicurezza?

Secondo le ricerche disponibili sarebbe possibile capire anche se una persona è pericolosa o meno affidandosi alla sola osservazione. In America, ad esempio,  il sistema Transportation Security Administration (TSA) è costituita da numerosi ufficiali addestrati a cogliere comportamenti sospetti o anomali tra i passeggeri. Questi esperti sono inclusi all’interno di un programma, chiamato Screening Passengers by Observation Technique (SPOT), in cui la metodologia impiegata per l’individuazione delle persone potenzialmente rischiose è l’osservazione.

Anche in Israele esistono persone altamente specializzate che si occupano di Sicurezza “solo” tramite lo strumento dell’osservazione. A tal proposito, occorre annoverare l’esistenza del sistema FACS-Facial Action Coding System, che sicuramente favorisce o può favorire il lavoro in settori molto delicati e peculiari.

Il FACS è un sistema di misura utilizzato per la decodifica delle emozioni, messo a punto da Ekman e Friesen nel 1978 che nasce con l’intento di studiare come le contrazioni dei muscoli facciali cambiano le sembianze del volto. Alcuni gruppi muscolari formano le Unità di Azione (AU) che determinano le espressioni facciali.

E’ interessante notare come le emozioni vengano espresse attraverso la mimica facciale. Ciò assume un ruolo fondamentale nella comunicazione e giustifica l’esistenza di un numero così elevato di muscoli adibiti a tale funzione. Così come spiega lo stesso Ekman, le espressioni possono essere manifestate in modo volontario o involontario e diversi ricercatori si sono concentrati proprio sullo studio della via volontaria ed hanno spiegato come questa si associ sostanzialmente al “mentire”.

 

Grazie al FACS gli autori hanno identificato le cosiddette “microespressioni”, ossia espressioni ultra rapide, della durata di meno di 1/5 di secondo, utilissime perché rivelatrici di ciò che la persona cerca, in un contesto specifico, di nascondere all’interlocutore.

Il nostro viso, pertanto, può mostrare:

  • L’emozione che si prova.
  • Mescolanza di emozioni.
  • Intensità delle emozioni.

Una micro-espressione si manifesta sul viso per circa ¼ di secondo, quindi, anche la durata della stessa e la collocazione durante una conversazione, diventano fattori discriminanti da considerare.

Ekman precisa che si possono leggere alcune espressioni emotive che denotano “pericolo” e che quindi vanno considerate attentamente in ottica Sicurezza. In alcuni esempi di cronaca, è stato possibile vedere le espressioni emotive di un attentatore tra i 5-20 secondi che precedevano l’estrazione di un’arma da fuoco, ad esempio. Ciò perché sarebbe ben identificabile una violenza premeditata da una violenza improvvisa.

Ancora, nella letteratura specifica si legge che la decodifica di alcune espressioni emotive e micro-espressioni è essenziale ai fini delle indagini.

L’investigatore sa per certo che ha piazzato una bomba in una chiesa frequentata da neri, ma non sa in quale, e l’arrestato rifiuta di rispondere alle domande. Ma la sua micro-espressione di gioia quando sente il nome di una chiesa che l’FBI sta per perquisire rivela che quello è un indirizzo sbagliato, mentre una micro-espressione di rabbia al nome di un’altra chiesa suggerisce che è li che ha piazzato l’ordigno. Esempio riportato dallo stesso Ekman. Procedure simili si utilizzano anche in Medio Oriente, per scoprire dove sono nascosti armi o ordigni esplosivi.

Occorre considerare alcuni dati di fatto. Sebbene non esistano segni inequivocabili nel mentitore, il carico cognitivo di chi inventa qualcosa è maggiore. Spesso chiedere al soggetto di raccontare la sua versione dei fatti al contrario potrebbe essere già sufficiente per smascherare qualche inganno.

In contesti criminologici e investigativi, secondo diverse ricerche, come quelle condotte da Vrij , dovremmo poter conoscere e utilizzare diverse tecniche e procedure che considerano:

  • indicatori verbali: Criteria Based Content Analysis –CBCA; Reality Monitoring technique –RM;
  • indicatori non verbali: Non Verbal Communication –NVC; Facial Action Coding System -FACS.

Realizzare un Modello Integrato che tenga conto dell’utilizzo di tecnologie e magari sistemi a reti neurali, delle conoscenze di psicolinguistica, nonché di modelli evoluti di profiling emotivo e sentimental analysis,  sarebbe una tappa strategica auspicabile importante per la Ricerca e la Sicurezza globale.

di Mirco Turco

Bibliografia essenziale.

Ekman P. (2015). I volti della menzogna. Gli indizi dell’inganno nei rapporti interpersonali. Giunti Editore.

Ekman P. Friesen W. (2007). Giù la maschera. Come riconoscere le emozioni dalle espressioni  del viso. Giunti Editore.

Turco M. (2014). Il sistema Facial Action Coding System nella Criminologia, nell’Investigazione e nella Sicurezza. Relazione evento formativo Forensics Group, Lecce.

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