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Quando il domani diventa mai.

QUANDO IL DOMANI DIVENTA MAI

Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo rimandato qualcosa: un’idea, un’operazione, un compito, una decisione. Possiamo rinviare una decisione se non siamo o se non ci sentiamo pronti; possiamo rimandare un compito se, ad esempio, non siamo preparati e possiamo rimandare decisioni e comportamenti, semplicemente, per “cattive abitudini”. Altre volte, procrastinare, ovvero rinviare ad un altro momento, appare anche vantaggioso. In altre occasioni, invece, il rimandare può diventare disfunzionale e assume connotati patologici.

La procrastinazione è indipendente dalle abilità o dall’intelligenza della persona ed è spesso legata ad una errata gestione del tempo. Inoltre, quando assume caratteristiche croniche, è legata al timore del fallimento, alla nevroticità e alla mancanza di coscienziosità. I procrastinatori risultano, sovente, sopraffatti dall’ansia e sono tendenzialmente perfezionisti. Hanno una bassa self-efficacy (autoefficacia) e palesano un’eccessiva autocritica. La procrastinazione può sicuramente diventare patologica, celando conflitti interni profondi. Inoltre, essa può essere anche legata ad altri disturbi mentali e ad alcuni disturbi di personalità.

Al momento, in Italia, esistono pochi studi specifici sull’argomento. Nel 2004 cominciai un primo studio esplorativo sul fenomeno, soprattutto analizzando il fenomeno della procrastinazione universitaria, ovvero il rimandare in maniera “cronica” gli esami. In realtà, il fenomeno, riguarda lo studio, così come il lavoro e altre sfaccettature della vita.

In effetti, la maggior parte della ricerca internazionale si è concentrata sulla procrastinazione accademica. Studi specialistici indicano che il fenomeno è molto diffuso tra gli studenti. Circa il 70% degli studenti hanno procrastinato almeno una volta, e circa il 30% è un procrastinatore cronico (patologico). Gli studenti procrastinano gli esami perché spesso temono il fallimento e desiderano proteggere la loro autostima. Alcuni si lasciano sopraffare da distrazioni, quindi risultano molto distraibili; altri sono sopraffatti dall’ansia da esame. Alcuni studenti mostrano problematiche nell’organizzazione dei tempi e dei materiali e mancano di energia sufficiente per affrontare le sfide universitarie; altri ancora risultano demotivati.

Un ruolo importante è giocato dal perfezionismo. Alcuni studenti risultano mossi da un perfezionismo socialmente prescritto, legato cioè al timore del fallimento e all’ansia sociale. Pur essendo preparati, allora, si autoconvincono del loro fallimento e perdono il controllo della situazione. Ciò genera, a catena, un circuito vizioso che influisce sull’autostima, sull’umore e sulla successiva performance. Di conseguenza il procrastinatore sperimenterà ulteriori insicurezze nei confronti dei rapporti interpersonali e può sentirsi depresso.

Identikit del procrastinatore cronico:

  • Rimanda spesso una decisione, un compito, un comportamento
  • Ha un rapporto alterato con il tempo o meglio con la gestione del tempo e delle priorità
  • È un perfezionista perché ha paura di fallire
  • Ha un’autostima labile
  • È un soggetto ansioso
  • Razionalizza eccessivamente le cose, ovvero, giustifica i suoi fallimenti
  • Si pone obiettivi spesso non realistici e a lungo termine
  • Spesso le conversazioni sono ricche di particolari irrilevanti e inutili. Può sembrare logorroico
  • Teme il giudizio altrui
  • Appare molto permaloso
  • Attribuisce i risultati a fattori esterni (locus of control esterno) o poco controllabili
  • Conduce analisi dei rischi e delle possibilità troppo macchinose
  • Procede a valutazioni negative o catastrofiche degli eventi
  • Ha un pensiero “tutto o nulla”
  • Può avere scarsa concentrazione e facile distraibilità
  • Ha poca autonomia
  • Eccede nell’ autocritica
  • Prova spesso vergogna
  • Ricerca molte alternative prima di una possibile decisione

È ovvio che il procrastinatore cronico non vive una vita facile e anche se all’inizio queste caratteristiche possono sembrare in sintonia con l’io della persona, spesso il problema diventa egodistonico.

La procrastinazione può essere affrontata in svariato modo. Ovviamente, esistono terapie e tecniche indicate a seconda della persona e della gravità del problema. La terapia di gruppo sembra essere efficace, soprattutto per affrontare il problema dell’ansia correlato e le alterazioni sociali derivanti dal procrastinare. Terapie cognitive comportamentali hanno anche la loro efficacia, così come anche approcci psicodinamici. Tra le terapie più eclettiche, efficaci e pragmatiche, da annoverare l’ipnosi, poiché agisce in modo profondo ma anche sul piano comportamentale e sovente, non richiede molto tempo. Inoltre, consente di lavorare bene anche su altri aspetti personologici del procrastinatore (autostima, immagine, motivazione, autoefficacia, perfezionismo, ansia).

Esistono però anche altri approcci o se vogliamo alcune linee guida che io definisco “popolari”, soprattutto se il problema non è profondo o radicato ad altri aspetti della persona e non è quindi cronico:

  • affrontare il problema secondo un metodo a “pezzi”, ovvero scomporre il compito, l’operazione, un esame in più parti e affrontarle in tempi stabiliti e differenti;

  • stabilire delle ricompense a obiettivo raggiunto e fissare apertamente intenzioni e obiettivi;

  • lavorare sulle proprie giustificazioni e sul pensiero realistico, ovvero, evitare troppe giustificazioni;

  • abolire il pensiero tutto o nulla; un compito, un esame, possono essere superati anche accettando votazioni intermedie e non necessariamente il massimo:

  • adottare la “ tecnica dell’elefante”, ovvero, un elefante si può mangiare un boccone la volta!

Questi interventi vengono suggeriti strategicamente anche da diverse ricerche condotte presso università e centri di orientamento stranieri ( Texas, Virginia, Cambrige).

Nel mio libro “Il Domani è mai: 29 modi per smettere di rimandare” suggerisco, in effetti, strategie ben congeniate e adattabili per tutti. L’approccio principale parte sempre da un “motto” o convinzione, se vogliamo: “Do it now” – fallo ora! Il procrastinatore necessita di lavorare molto sulla percezione del tempo, poiché, così come spesso accade, sottostima il momento presente e sovrastima quello futuro. Ma il domani, diventa mai!

Il fenomeno procrastinazione, molto complesso, necessiterebbe di ulteriori approfondimenti scientifici. L’ordine di nascita sembra avere un peso rilevante nella procrastinazione. Inoltre, approfondire le differenze di genere sarebbe molto interessante. Da considerare, poi, che in Italia, oltre ad un mio primo tentativo o ad altri in fase di definizione, non esistono strumenti (test, questionari) per la valutazione della problematica. Ciò potrebbe essere molto rilevante sul piano della ricerca e dei possibili interventi.

Dimmi come cammini e ti dirò chi sei

Un anno fa uscì un mio articolo su “Starbene Salute” su un argomento alquanto bizzarro ma interessante. Ve lo ripropongo in modo integrale …

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Il famoso Cesare Lombroso sarebbe alquanto onorato dai tentativi odierni di “rimodernare” e arricchire sapientemente  teorie psicologiche e comportamentali inerenti alcuni aspetti macroscopici e microscopici della comunicazione non verbale. Certo, il suo nobile tentativo era quello di identificare uno psicopatico, da un omicida, da uno stupratore. Solo con il tempo si è compreso che le cose sono un po’ più complesse!

Di fatto, è pur vero che il nostro corpo parla ed è proprio il nostro corpo a dire la verità o a confidare alcuni tratti del nostro temperamento e della nostra personalità. Oggi, come ieri, si dice, infatti, che quello che diciamo con le parole deve essere in armonia con quello che diciamo con il nostro corpo e che ciò che conta sono appunto i gesti.

Anche il mondo pubblicitario ne conosce bene il presupposto fondamentale: non è tanto importante quello che si dice macome si dice.

Come ci muoviamo nello spazio e come gestiamo le varie distanze? Esistono indicatori importanti  legati a fattori culturali ma anche fisiologici e psicologici. È la prossemica,  studio delle distanze interpersonali, che ci dice se siamo a nostro agio ad una certa distanza o se preferiamo “accorciarla” quando parliamo con una data persona. Variazioni delle distanze interpersonali e quindi, movimenti vari che facciamo nello spazio con i nostri arti e con l’intero corpo, variano a seconda della nostra personalità e a seconda di quello che stiamo provando (emozioni positive o negative ad es.) in quel momento.

C’è chi probabilmente ha un proprio “stile” nel muoversi nello spazio, così come nel camminare. Avete mai visto una persona depressa che cammina velocemente, o un iperattivo che mestamente passeggia in una strada!? Osserviamo passi esitanti, in altre occasioni, un passo sicuro e determinato. In effetti, si potrebbe proprio dire  “Dimmi come cammini e ti dirò chi sei”!

dimmi come cammini e ti dirò chi sei mirco turco

Anche gli animali comunicano le loro intenzioni attraverso la gestione dello spazio e i movimenti, trasferendo aggressività, sottomissione, socialità e in fondo, noi umani non siamo poi tanto diversi.

L’impatto non verbale e nello specifico anche la camminata sono fondamentali tra persone che non si conoscono. Un modo di camminare deciso potrebbe indicare dominanza e in un certo senso anche aggressività. Spesso si tratta di persone che rivestono posizioni gerarchiche rilevanti su un piano sociale, lavorativo.

Altre volte, il tipo di camminata trasferisce informazioni sullo stato di salute della stessa persona che incrociamo, sia conosciuta che sconosciuta. La percezione che una persona ha di se stessa, la propria autostima, la propria efficacia si possono anche riflettere sul modo di camminare, così come sul modo di relazionarsi in generale con gli altri.

In un ‘ottica allargata, si potrebbe evidenziare che non è un caso che alcuni predatori scelgano la propria vittima in base all’andatura. Analizzare il modo di camminare è quindi rilevante non solo sul piano sociale e interpersonale ma potrebbe avere anche scopi rilevanti in termini di Sicurezza.

Da sempre il portamento ha avuto un ruolo fondamentale anche nella determinazione di altre caratteristiche: socievolezza, dominanza, status sociale, emozioni, disponibilità.

Spesso riconosciamo l’andatura di una persona anche dal semplice “suono” che fa mentre cammina in un determinato ambiente. Ciò probabilmente è indice di quanta importanza abbia il modo di spostarsi nello spazio.

Esistono  differenze tra maschi e femmine. Alcuni studi effettuati presso università straniere, hanno registrato varie tipologie di andature attraverso l’applicazione di alcuni sensori su ginocchia, caviglie, spalle, polsi, mostrando differenze sostanziali, anche in termini di età.

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E in termini di  “efficacia comunicativa”? Il passo esitante, incerto, l’andatura indecisa, indicherebbero tendenza alla prudenza, alla vulnerabilità, alla probabile passività. Un passo affrettato, ampio, uniforme con il resto del corpo, un contatto deciso con il suolo è interpretabile come attività, decisione e intraprendenza.

Ampiezza dei passi, movimenti degli arti superiori, inclinazione del capo sono indicatori importanti se consideriamo l’atto del camminare. Una persona decisa rispetto ad una persona che si “trascina” avrà passi ovviamente differenti.

Pur se il nostro modo di camminare è costante, acquisito attraverso tappe evolutive precise, è altrettanto ovvio che può subire delle modificazioni a seconda del nostro stato emotivo. In questo, andrebbe fatta una lettura di tutto il linguaggio del corpo e anche delle espressioni emotive del viso, da cui, tra l’altro, trapelano le emozioni principali universali. Per fare un’accurata “diagnosi” personologica abbiamo  necessità di analizzare diversi indici e pertanto, non sempre basta la prima impressione!

È importante rilevare che presso la Queens University canadese di Kingston, in Ontario, il Prof. Troje sta mettendo appunto uno strumento di biological motion, al fine di identificare bene i movimenti del corpo e per inferire diverse osservazioni: dalla condizione psicologica del soggetto, all’analisi della postura di un politico, sino alla disponibilità sessuale di un eventuale partner.

Un’analisi avanzata della comunicazione non verbale, di fatto, sarebbe possibile: distinguere il passo di una donna rispetto a quello di un uomo; stabilire se una persona è triste o allegra; evidenziare la sincerità o la menzogna non è dunque fantascienza.

A volte, camminare è indicativo di caratteristiche personologiche più specifiche. Ci sono persone che inciampano ovunque e che sembrano realmente avere la testa tra le nuvole. Sembrano essere persone fantasiose, estrose e facilmente distraibili. Chi si muove con un passo rigido, paleserà tale rigidità anche nel resto del corpo e mostrerà probabilmente anche un certo carattere improntato sulla volontà o l’ostinazione.

Il modo di muoversi nello spazio è espressione quindi anche di Personalità. Camminare e muoversi con tutto il corpo potrebbe però anche darci altri tipi di segnale. Muovere maggiormente i fianchi, ancheggiare, muovere il bacino, inclinare il capo, sono indici di una camminata sicuramente femminile. Se aggiungiamo ad essi un repertorio non verbale che riguarda il viso (ad esempio sfregarsi le labbra o accarezzarsi i capelli) e gli arti, potemmo anche decifrare il tutto come disponibilità sessuale.

Se è vero che il nostro modo di camminare è influenzato da pensieri, caratteristiche personologiche ed emozioni, potrebbe essere vero anche il contrario. In effetti, cambiando ad esempio postura e  assumendone una eretta, con testa alta e sguardo fiero, difficilmente potremmo sperimentare un senso di tristezza o depressione e forse, di conseguenza, anche il nostro passo subirà una variazione. Se il pensiero influisce sul nostro corpo, è vero anche il contrario. Provare per credere!

Non stacchiamo però troppo i piedi da terra! Banalmente, il nostro passo può essere influenzato anche da come ci sentiamo fisicamente (una persona ubriaca cammina differentemente da una persona lucida) o da altri fattori, quali ad esempio, lo sport che pratichiamo. Il passo di una danzatrice classica, oltre che nello stile, sarà sicuramente differente da quello di un lottatore di judo!

di Mirco Turco

Certificare il Fattore Umano Mirco Turco

Antistress Experience: Un nuovo Brand per chi investe sul fattore umano

La Risorsa Umana oggi, alla luce dei numerosi cambiamenti lavorativi ed organizzativi, andrebbe “ripensata”. La necessità è sempre e comunque affidarsi alla Persona e alle sue Qualità che non sono solo quelle professionali ma anche e soprattutto “trasversali”, ovvero quelle che fanno la differenza! Tale assunto riguarda tutte le imprese, piccole, medie e grandi e ogni settore di riferimento.

Di fatto, oggi, dovremmo andare al di là dei meri processi di selezione e valutazione della Risorsa Umana, anche in ottemperanza, (potrebbe suonare anche in modo ironico), a normative esistenti riguardo i “Diritti e responsabilità dei partecipanti” (appendice A), UNI ISO 10667, alle procedure di selezione e valutazione:

“… essere trattato con cortesia, rispetto, coerenza ed imparzialità; essere valutato secondo linee guida professionali ed appropriate, anche in relazione a come verranno usati gli esiti della valutazione; ricevere una spiegazione prima della valutazione su obiettivi, tipo di prove, gestione ed utilizzo degli esiti; avere la valutazione somministrata ed i risultati interpretati da persone adeguatamente formate che seguono codici d’etica professionale, o da sistemi predisposti da persone aventi queste caratteristiche”.

Antistress

Ma andiamo ben oltre. Se da un lato  si fa riferimento ad una regolamentazione precisa che attiene proprio i processi di valutazione delle persone e dei gruppi e che al contempo costituisce un chiaro esempio di evoluzione di un sistema di pratiche, prassi, procedure, regole, dall’altro lato, dobbiamo sottolineare la rilevanza del “mettere in sicurezza” anche tale valutazione, seguendo un processo corretto ed equo.

Il progetto “ISO Project Committee Psychological Assessment”, di qualche anno fa, ha proprio discusso ed approvato lebest practice riconosciute internazionalmente, in quanto tali globalmente applicabili, riferite ai processi di: recruitment e selezione, orientamento professionale, sviluppo personale e coaching, promozione e piani di successione, piani di outplacement e pensionamento.

Tale norma internazionale rappresenta, pertanto, una vera innovazione pragmatica per le attività di valutazione durante l’intero ciclo di vita professionale (A. Rolandi), e costituisce anche il substrato che motiva, ancora una volta, l’espressione “Certificazione del Fattore Umano” che significa, in primis,  procedere in modo etico, corretto, valido e attendibile.

Certificare il Fattore Umano equivale ugualmente a far risparmiare l’Azienda in termini di disorientamento professionale, demotivazione, assenteismo, sino a prevenire situazioni più articolate e rischiose che aprono le porte a scenari criminologici (spionaggio, inside attack, …). Certificare il Fattore Umano significa anche “preoccuparsi” della salute del lavoratore e dell’Azienda, al di là delle normali e direi ovvie leggi esistenti. Vuol dire, quindi, prevenire non solo lo stress ma anche altre situazioni peculiari (burnout, mobbing, straining, stalking occupazionale, ect).

Certificare il Fattore Umano Mirco Turco

Tralasciamo, per ora,  retorica, ironia, sarcasmo e simili in materia di “chi fa che cosa” e soprattutto “come” e andiamo, nuovamente, oltre.

Partirà a maggio di quest’anno un Sistema di Certificazione delle Eccellenze nelle attività Antistress del segmento turistico-ricettivo, con la possibilità strategica, di allargarlo agli altri settori e ambiti lavorativi.

Si tratta di una mia idea progettuale che sposa le motivazioni e le strategie organizzative e lavorative dell’Antistress Academy, sita in una realtà salentina e che ha incontrato il supporto e la collaborazione di esperti internazionali.

Obiettivo primario è quello di diffondere un nuovo “brand antistress” attraverso un sistema unificato di valutazione, controllo e monitoraggio. Tale brand  amplifica la risonanza delle strutture sul mercato nazionale e internazionale e, di fatto, promuove una Qualità certificata delle strutture, dei servizi e del personale.

L’idea di un marchio di Qualità nasce dall’esigenza concreta di certificare le eccellenze nel settore turistico-ricettivo e in generale in altri settori dove oltre alle strutture aziendali, organizzative, lavorative e di servizi, viene posto in prima  attenzione il Capitale Umano.

Si tratta, dunque, di promuovere e premiare al contempo (con un marchio di certificazione) quelle strutture e quindi quelle realtà organizzative che investono strategicamente nelle politiche antistress. Si parte  dall’idea di diffondere le buone prassi aziendali in materia di Fattore Umano e Politiche Antistress.

In un mondo sempre più pregno di certificazioni di qualità, il nuovo brand pensato offre all’azienda stessa di investire concretamente nelle politiche antistress. Il brand proposto non si limita, come accennato, solo al settore turistico-ricettivo ma anche a tutte quelle aziende e alle persone che credono e investono nelle politiche antistress e si preoccupano del benessere organizzativo e del lavoratore.  Non è un caso che la certificazione per tali aziende poggia le fondamenta metodologiche anche in materia legislativa (obbligo valutazione stress lavoro-correlato).

Le certificazioni di qualità esistenti, ad oggi, ruotano quasi sempre in seno ai concetti di sicurezza, struttura, idoneità, responsabilità sociale ed altri elementi o fattori poco tangibili per persone non addette ai lavori o per i “semplici” clienti che vogliono ricercare il massimo da una struttura turistico-ricettiva.

dimmi come cammini e ti dirò chi sei mirco turco

Il marchio pensato riduce tale empasse e crea un forte impatto nella clientela. Sapere che la struttura investe ed è certificata per le politiche antistress aumenta la fiducia, la propensione alla scelta, il passaparola, la fidelizzazione.

Un marchio, che oltre ad essere inteso in termini di Prevenzione e Salute, è anche fondamentalmente, uno strumento di marketing diretto se vogliamo. La stessa certificazione ha, al contempo, valore individuale, poiché spendibile in termini di autopresentazione, oltre a rappresentare un accrescimento in termini cognitivi, emotivi e motivazionali.

L’impatto sociale è inoltre enorme, considerando che lo stesso personale è attentamente valutato e formato e si avvale di specialisti del settore sempre al loro fianco. Lo stesso lavoratore, di fatto, percepisce una maggiore giustizia organizzativa, si fida maggiormente delle politiche dirigenziali, sarà più soddisfatto e quindi fornirà una prestazione ottimale. Si innesca, quindi, un circuito virtuoso.

L’organizzazione, che sia turistico-ricettiva o che appartenga ad altri settori,  ne risulta di conseguenza avvantaggiata, non solo come performances ma anche nella pubblicizzazione esterna e sul mercato.

Il nuovo brand  significa  strutture d’eccellenza ma anche avere il personale che oltre ad essere qualificato, è motivato, formato ed è spinto verso elevate prestazioni: Qualità del Fattore Umano.

Il marchio di certificazione antistress partirà, operativamente, in settembre 2016, con attività esperienziali e tipo action training, in cui il partecipante, oltre ad essere immerso in un contesto affascinante e centrato sul benessere, come quello offerto da Iberotel Apulia, Antistress Resort in Ugento, seguirà delle attività strutturate in materia antistress nel corso di una settimana, che lo impegneranno e coinvolgeranno a 360°.

Il progetto illustrato, oltre ad essere innovativo, rappresenta al contempo un’azione pragmatica e concreta centrata sulla Persona e sulle Organizzazioni. Obiettivo fondamentale: salute e benessere.

di Mirco Turco

Bibliografia di riferimento.

  • Annalisa Rolandi. La norma per una valutazione utile: la UNI ISO 10667 per la valutazione delle persone e dei gruppi in contesti lavorativi. Qi, il magazine online di Hogrefe Editore, aprile 2013.
  • Mirco Turco. Il fattore umano: una realtà innovativa in materia di psicologia del lavoro e delle organizzazioni. Notiziario Ordine Psicologi regione Puglia. N. 8, sett. 2012.

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