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Duplice Omicidio Lecce.

 

DUPLICE OMICIDIO, LECCE – Intervista e Riflessioni ( in SalentoLive24-com)

 

Torturarli, ucciderli e lasciare una scritta sul muro …

Un ragazzo timido, schivo e introverso, …

Queste le prime frasi che cominciano a “girare” sul presunto killer, in un’area geografica tendenzialmente tranquilla come quella leccese, dove si è consumato un efferato duplice omicidio di una giovane coppia.

Il movente, come qualcuno afferma con convinzione, è l’invidia e al contempo la gente comune, sgomenta, si chiede se è davvero possibile.

Lo abbiamo chiesto al dr. Mirco Turco, Psicologo, Criminologo e Scrittore leccese.

L’Invidia può uccidere?

La risposta è SI, ma non da sola!

La felicità è sempre soggetta all’invidia direbbe Socrate. O in modo più suggestivo, l’invidia è l’ulcera dell’anima.

È un grave errore se consideriamo normale ciò che non lo è. L’invidioso non ha un Io forte e strutturato e si poggia su un Io gregario direbbe Andreoli. È già un buon inizio per specificare che l’invidia non è sufficiente per scatenare una furia omicida, a meno che non sia “affiancata” ad una certa struttura di personalità.

La follia si annida, dunque, in un’apparente normalità, aggiungerei e il duplice omicidio nella nostra Lecce ne è un chiaro e mostruoso esempio.

Quale altra caratteristica potremmo desumere?

Nella condotta delittuosa delineatasi si intravede, oltre all’invidia, una grossa dose di sadismo che contraddistingue, in realtà, molti delitti mostruosi.

Il Sadismo viene inquadrato per indicare alcune “deviazioni sessuali” un cui il soggetto cerca la sofferenza fisica e psicologica come mezzo per ottenere il piacere.

Freud, suggestivamente, ricorda però che tale comportamento va inserito in un registro più ampio che comprende due atteggiamenti speculari: masochismo e sadismo. Le pratiche masochiste, infatti, possono facilmente ribaltarsi e “laddove vi è il masochismo possiamo sempre ritrovare anche il polo opposto, il sadismo”.

Personalità sadico-masochista quindi?

Probabile … soprattutto se consideriamo il duplice omicidio in questione (o meglio, quello che sappiamo).

Il comportamento sadico viene visto come una sorta di lutto negato o patologico, come un tentativo di rifiutare una perdita e compensarla con una fantasia. Ed è proprio da quanto emerge dalla vicenda e dalle prime ricostruzioni.

Il risultato di questo percorso è perciò lo sviluppo di una perversione che sostituisce la relazione, un rapporto, una dinamica interpersonale. Tale soluzione appare però precaria e instabile e sovente, il soggetto sarà spinto all’azione criminosa (così come accaduto).

Nella condotta criminosa, in verità, al sadico interessano maggiormente le proteste di innocenza della vittima, le implorazioni di perdono e i vani tentativi di convincerlo a non compiere un’azione violenta. Il sadico gode anche e soprattutto di questo! In molti sadici, inoltre, si ritrova una forma di distacco emotivo e una percezione di controllo della situazione (prova è la condotta organizzata del presunto killer).

Le persone con tratti di sadismo tendono ad essere aggressivi e traggono piacere solo dopo aver danneggiato la vittima.

È importante anche dire che, secondo alcuni studi, il sadismo non è però solo presente nei crimini efferati, ma anche nella gente comune! Il sadismo potremmo ritrovarlo nel bullo, così come nel teppista di strada o in un gruppo di tifosi di uno sport.

Cos’altro potrebbe esserci dietro?

Il sadismo sessuale può anche essere correlato a caratteristiche personologiche che vanno da quelle narcisistiche maligne a quelle paranoidi. Se tali caratteristiche sono egosintoniche però, siamo in presenza di un disturbo grave di personalità. Ritengo, infatti, che la strada da seguire sia proprio questa …

Tema comune di questo tipo di persone è il vuoto esistenziale, esacerbato dalla disperata solitudine e da una profonda tristezza, fittiziamente colmati da un crimine. Costoro vivono nella morte, e dandola agli altri hanno l’impressione (a livello inconscio) di poter trionfare su di essa. Il passare all’atto diventa una difesa di tipo ipomaniacale dalla depressione direbbe Fornari. La persona viene degradata a cosa, ad una cosa da poter dominare, umiliare, distruggere.

È proprio vero che la normalità non esiste?

Io sostengo sempre che dobbiamo valutare maggiormente la “quantità delle cose” e non la “qualità”. Un lieve sadismo nell’individuo è normale, ma se è spropositato non lo è più. Sentirsi depressi ogni tanto è anche normale, se sono sempre depresso, la cosa cambia!

Queste prime riflessioni pongono l’accento quindi su quanto sia complesso “valutare” l’essere umano e quanto sia diffusa quella “maschera di salute mentale”.

L’essere umano è forse per natura asociale, narcisista, perverso e polimorfo, direbbe Freud o probabilmente, occorre farsi altre e profonde domande e scavare nei vissuti ancestrali degli individui.

Considerate bene ciò che disprezzate e vi accorgerete che è sempre una felicità che non avete direbbe Paul Valery. Al contempo, gli uomini sono stupidi e bramosi degli averi altrui, abusano della propria superiorità quando sono forti e diventano delinquenti quando sono deboli concluderebbe Voltaire. È proprio della “debolezza” umana che dovremmo occuparci oggi, forse più di ieri, affiancandoci con maggior senso, umiltà e responsabilità.

Tutti vorremmo che fosse solo un criminale assassino, ma se non fosse così?

Il duplice omicidio avvenuto a Lecce è qualcosa di “mostruoso” e ha inorridito non solo la cittadinanza, ma anche chi si occupa – per mestiere- di crimine, devianza e soprattutto di psiche e comportamento umano.

Esiste una parte in ognuno di noi che vorrebbe vedere il giovane killer “chiuso perennemente” in carcere, in modo che “venga fatta Giustizia” e che l’anima delle povere vittime e dei familiari possa trovare pace! Da un altro lato, occorre chiedersi, almeno per etica professionale, se effettivamente un crimine orrido e inaccettabile possa essere “interpretato” in altro modo, proprio attraverso una valutazione professionale attenta e rigorosa delle capacità di intendere e di volere.

La cosa potrebbe diventare impellente,soprattutto in questo momento in cui, per Verità o per strategia difensiva, cominciano a “saltare fuori” presunti vuoti di memoria e momenti di “rabbia” inespressi da parte del killer. Cosa potrebbe accadere?

Il De Marco rischia l’ergastolo, come anche supposto da altri esperti di fama nazionale, ma se risultasse un grave Disturbo di Personalità, le cose cambierebbero!

Si ricorda, infatti, che anche il Disturbo di Personalità può escludere l’imputabilità del soggetto, ovvero quando si riscontrano tratti inflessibili, non adattivi, persistenti e che causano una compromissione sociale significativa o sofferenza soggettiva …

La personalità patologica si ha quando si riscontra un’assenza di coerenza interna e di capacità di distinguere il mondo interno da quello esterno; quando la persona è dipendente da emozioni e impulsi poco o non controllabili; quando nutre sfiducia in Sé e negli altri e quando manifesta caratteristiche peculiari (sadiche, persecutorie, …) e quando vi è un’inappropriata e insufficiente gestione dell’aggressività e della sessualità. Balza subito alla nostra attenzione che valutare la Personalità, quindi, non è cosa agevole né può essere un’opinione!

Pertanto, un Disturbo della Personalità è un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo e si manifesta nella cognitività, nella affettività, nel funzionamento interpersonale, nel controllo degli impulsi. Lo stesso disturbo determina un disagio significativo e una compromissione in ambito sociale, lavorativo o altre aree importanti. Non è poi giustificabile da un altro disturbo mentale o dall’uso di una sostanza stupefacente o altra condizione medica. Da sottolineare che i Disturbi della Personalità esordiscono come tratti in età adolescenziale o nella prima età adulta.

Tutti i criminali sono responsabili e capaci anche quando fanno delle non scelte o fanno determinate scelte, salvo possibilità di provare il contrario” (Fornari, U.).

Criminal Meet

 

Nasce un nuovo progetto!

Raccogliere idee e trasformarle in qualcosa di utile, pragmatico e “sano” è stato sempre un mio obiettivo. Oggi, ho deciso di lanciare CRIMINAL MEET, ovvero una “collana” editoriale, facilmente fruibile ed accessibile tramite KINDLE (tra l’altro GRATIS per gli abbonati) con tematiche specifiche legate alla CRIMINOLOGIA, ALL’INVESTIGAZIONE E ALLA SICUREZZA. Ogni uscita sarà tematica ed avrà, in copertina, la stessa grafica – brand- con un “gatto nero” (in realtà non mi piacciono i gatti!).

Già pronto il 1° volume su CRIME SCENE INVESTIGATION & BLOODSTAIN PATTERN ANALYSIS.

 

 

 

 

 

 

Che cos’è la Psicopatia?

Oltre all’incapacità di amare, lo psicopatico dimostra sempre una generale povertà emotiva.Sebbene capiti che qualche volta si agiti, abbia accessi di ira, si entusiasmi, scoppi a piangere o si apra in discorsi profondi conditi di parole addolorate sulle sue disgrazie e follie, ad osservarlo attentamente ci si accorge che quella a cui siamo assistendo è più una prontezza di espressione che una forza di sentimento”. (Hervey Cleckley in The Mask of Sanity)

Il Disturbo Psicopatico (psicopatia) si caratterizza da una serie di comportamenti antisociali che iniziano durante l’infanzia. Si caratterizza per una serie di fattori interpersonali, affettivi e comportamentali specifici:

  • Loquacità/fascino superficiale: lo psicopatico è spesso un conversatore divertente e piacevole.

  • Senso grandioso del Sè: la psicopatia è caratterizzata da un’opinione elevata del proprio valore e delle proprie caratteristiche.

  • Bisogno di stimoli/propensione alla noia: lo psicopatico si annoia rapidamente e tende a ricercare la ri-attivazione comportamentale o emotiva assumendo proprio comportamenti a rischio.

  • Menzogna patologica: possiede una notevole prontezza ed abilità nel mentire.

  • Manipolatorietà: può far uso della frode per truffare, ingannare o manipolare gli altri, con la finalità di raggiungere uno scopo personale.

  • Assenza di rimorso/senso di colpa: nella psicopatia ritroviamo assenza di preoccupazione per le conseguenze negative delle proprie azioni.

  • Affettività superficiale: le emozioni sono spesso teatrali, superficiali e di breve durata con assenza di empatia.

  • Deficit del controllo comportamentale: lo psicopatico può essere collerico o irritabile, oltre che rispondere alla frustrazione con comportamenti aggressivi verbalmente o condotte violente.

  • Impulsività: nella psicopatia può essere presente la carenza di riflessione, pianificazione e premeditazione.

Gli schemi cognitivi di uno psicopatico sono spesso rigidi e inflessibili. Lo psicopatico si considera forte e autonomo, mentre l’altro è percepito debole, sfruttabile e manipolabile. Si riscontra, come nucleo centrale, un deficit dell’empatia.



I
n generale, gli psicopatici non mostrano preoccupazione riguardo gli effetti che le loro cattive azioni possono avere sugli altri, o addirittura su loro stessi. Spesso commettono crimini impulsivi e non pianificati, persino quando la probabilità di essere scoperti e puniti sono elevate. Alla base di tali comportamenti sembrerebbe esserci un’incapacità di apprendere informazioni associate alle punizioni e di rispondere in maniera appropriata ad esse.

Di solito, gli psicopatici non hanno uno schema di pensiero che agisce in base a un ragionamento di tipo causa-effetto, ma pensano solo “Lo faccio perché mi va di farlo”. Ciò dimostra che devono necessariamente raggiungere una soddisfazione immediata. Potrebbero essere persone che vivono “alla giornata”, cambiando frequentemente i loro piani. Agiscono seguendo gli impulsi e hanno un’elevata reattività nei confronti di tutto ciò che percepiscono come insulto e offesa, anche se minime.

Una valutazione approfondita della Psicopatia dovrebbe riguardare i seguenti aspetti.

Fattore 1: narcisismo aggressivo

  • Fascino superficiale;
  • Senso di sé grandioso;
  • Menzogna patologica;
  • Impostore/manipolativo;
  • Assenza di rimorso o senso di colpa;
  • Affettività superficiale;
  • Mancanza di empatia;
  • Mancanza di accettazione della responsabilità per le proprie azioni.

Fattore 2: stile di vita socialmente deviante

  • Bisogno di stimoli / propensione alla noia;
  • Stile di vita parassitario;
  • Scarso controllo comportamentale;
  • Promiscuità nel comportamento sessuale;
  • Mancanza di obiettivi realistici / a lungo termine;
  • Impulsività;
  • Irresponsabilità;
  • Delinquenza minorile;
  • Problemi comportamentali precoci;
  • Revoca della libertà condizionale;
  • Molte relazioni coniugali a breve termine;
  • Versatilità criminale.

In verità, la presenza della maggior parte di tali caratteristiche la riscontriamo nei serial killer; in altri casi potrebbe emergere la componente narcisistica. Alcuni psicopatici potrebbero, attraverso l’omicidio, cercare di contrastare un profondo vuoto interiore, raggiungendo una sorta di fama e soddisfacendo, appunto, la componente di narcisismo patologico.

La maggior parte degli psicopatici manifesta gravi problemi comportamentali già durante il periodo evolutivo. Possiamo trovare, infatti , oltre alla menzogna e alla propensione all’inganno, furti, atti vandalici, bullismo, …

Molti psicopatici hanno vissuto in ambienti multiproblematici manifestando quasi tutti tali comportamenti e per un tempo prolungato. La crudeltà precoce nei confronti degli animali appare un denominatore comune e rappresenta un segno di gravi problemi emotivi che già da solo, dovrebbe essere oggetto di attenzione!

Droni e Scena del Crimine

DRONI E SCENA DEL CRIMINE

Introduzione.

 

L’utilizzo e l’impiego del drone in ambito forense e più nello specifico nel settore criminologico è quanto mai attuale.

I modelli e le applicazioni di tali piccole macchine volanti sono davvero fenomenali e, negli ultimi tempi, si stanno moltiplicano esponenzialmente. Ciò sta creando, indubbiamente, un vorticoso susseguirsi tra tecnologi innovatori e garanti o “giustizieri” della privacy. In tale prospettiva, non dimentichiamo neanche tutti coloro che, probabilmente frustrati nel gioco in età precoce, presumono di acquistare e utilizzare tali giocattolini per finalità banali o poco nobili, incorrendo in realtà, in abusi e violazioni di legge.

Insomma, il famoso drone o meglio APR, sistemi di aeromobili a pilotaggio remoto, sta creando nuovi scenari e impensabili dinamiche.

Sorvolando sugli aspetti squisitamente normativi, tra l’altro, in piena evoluzione e su quelli meramente tecnici, il drone può, di fatto, essere pragmaticamente impiegato per differenti finalità in ambito criminologico e soprattutto in fase di investigazione sulla scena del crimine:

  • rilevare e fotografare la scena del crimine secondo una prospettiva privilegiata, ovvero, dall’alto;
  • evitare contaminazione e inquinamento della crime scene;
  • raggiungere alcune zone ritenute inaccessibili o comunque impervie;
  • proteggere e sorvegliare la crime scene.

Per comprendere meglio come l’impiego professionale di droni può contribuire alle scienze forensi, andiamo per gradi, ripercorrendo proprio cos’è una scena del crimine, cosa sono i rilievi e gli accertamenti, come si può condurre una modalità di ricerca e cos’è il repertamento delle tracce.

 

La scena del crimine.

Un crimine può celare innumerevoli dubbi, problematiche da risolvere e quesiti a cui dare almeno una risposta. Questo, non solo sul versante investigativo o forense, ma anche per amore verso la verità!

Di notevole rilevanza è il luogo in cui un crimine viene commesso, o spazio in cui “comincia” l’azione criminale. Si parla, a tal proposito, di crime scene o scena del crimine.

La scena del crimine può essere considerata uno spazio preciso, contenitore della maggior parte delle informazioni e dei dettagli necessari all’investigazione. Una scena del crimine è un luogo in cui è avvenuto almeno un fatto criminoso e dove in spazi e tempi specifici e definiti, più attori si trovano coinvolti in determinate dinamiche mosse da almeno una motivazione. Essa comprende l’area nella quale possono essere recuperate alcune prove da parte della polizia scientifica e dagli scienziati forensi (Turco et al. 2016).

Partendo da tale definizione, una crime scene può essere, di fatto, un qualsiasi posto, sia al chiuso che all’aperto. Le scene del crimine all’aperto (esterne) sono quelle più problematiche da analizzare e gestire, poiché potenzialmente contaminate dagli agenti naturali come pioggia, vento o calore, così come all’attività degli animali. Inoltre, sovente, una scena del crimine all’aperto potrebbe presentare degli ostacoli (naturali o artificiali) per essere raggiunta, analizzata e studiata.

Ogni scena del crimine ha, comunque, un carattere di unicità, pur risultando opportuna una distinzione tra scena del crimine primaria e secondaria.

La scena del crimine primaria è quella relativa al luogo o ai luoghi in cui ha avuto origine l’attività criminale. La scena secondaria è, invece, semplicemente collegata in qualche modo al crimine o agli atti criminosi compiuti.

Continuando nelle definizioni e precisazioni, esistono, inoltre, anche le zone di interesse investigativo, ossia quelle aree in cui l’autore del reato è sicuramente transitato e dove quindi potrebbe aver lasciato delle tracce.

Rilievi e accertamenti sulla crime scene.

L’importanza e il ruolo che nell’ambito del processo penale italiano assumono le indagini tecniche, si evincono dalla lettura degli artt. 348, 349 e 354. Tali norme disciplinano l’attività che deve essere svolta per garantire l’assicurazione delle fonti di prova, per effettuare l’identificazione delle persone e per eseguire gli accertamenti urgenti e i rilievi sullo stato dei luoghi e delle cose. Pertanto, un qualsiasi rilevamento sulla scena del crimine necessita, obbligatoriamente, di alcune precise fasi:

  1. La delimitazione: l’area viene generalmente delimitata con un nastro segnaletico posto lungo i confini del perimetro, per limitare l’accesso ai soli addetti sul luogo del crimine e al fine di preservare le prove del crimine o delitto. In tale fase, risulta evidente anche l’eventuale impiego pratico di un drone.
  2. La preparazione: vengono scattate alcune foto di quanto trovato, prima che avvenga la vera e propria analisi. Generalmente, dei marcatori numerati vengono posizionati vicino ad ogni prova per permettere l’organizzazione degli indizi. Fare uno schizzo della scena del crimine è anche una forma di documentazione. Gli investigatori accerteranno la posizione delle prove e di tutti gli altri oggetti nella stanza. L’utilizzo del drone, proprio in tale fase, faciliterebbe molto l’analisi e la raccolta di dati e informazioni prodromiche per il resto delle attività.
  3. La raccolta delle prove: le prove vengono raccolte con l’analisi degli elementi rinvenuti sul posto e con l’interrogatorio delle persone. Le prove possono essere degli oggetti e delle tracce lasciate dal colpevole e/o complici. Tutte le prove forensi vengono imbustate separatamente per evitare ogni tipo di contaminazione.

La polizia scientifica usa diversi strumenti e tecniche: si raccolgono le impronte digitali per mezzo della polvere magnetica, vengono raccolti DNA, altri fluidi corporei e capelli per analizzarli scientificamente in laboratorio; le impronte di scarpe e di pneumatici possono essere raccolte con il cemento dentale; le apparecchiature elettroniche vengono sequestrate per essere esaminate da un tecnico esperto. Anche i documenti presenti vengono raccolti per essere esaminati. Munizioni e armi vengono raccolte per fare confronti con le ferite e per gli opportuni esami balistici. Vengono scattate foto delle ferite da corpo contundente per fare confronti con eventuali armi usate. Ogni altro indizio viene sempre raccolto poiché potrebbe costituire un utile indizio o una prova al fine di ricostruire la scena del crimine.

Il drone potrebbe essere una costante in tali attività investigative e risulta strategico in fase di ricostruzione della scena del crimine e nello specifico, durante la fase del rilevamento.

La ricostruzione della scena del crimine può essere definita come l’uso di metodi scientifici per ottenere una conoscenza degli eventi che hanno portato ad un certo tipo di crimine. Le indagini tecniche prevedono, pertanto, due fasi distinte: la fase del rilevamento e quella dell’accertamento.

La fase del rilevamento è quella in cui sostanzialmente si effettua la “ricerca degli indizi”, quella cioè in cui gli operatori di polizia scientifica si “limitano” all’acquisizione dei dati e degli elementi materiali, senza alcuna elaborazione o valutazione critica degli stessi. Attraverso la fase dell’accertamento, invece, successiva ed eventuale, gli indizi si trasformano in prove mediante procedimenti analitici e metodiche di laboratorio.

Da quanto appena accennato si evince come quasi tutta l’attività dell’operatore di polizia scientifica trovi un momento centrale nell’attività svolta sulla scena del crimine e come quest’ultima ruoti attorno all’indizio. L’utilizzo intelligente e professionale di un drone ne migliora sicuramente l’efficacia.

È opportuno sottolineare che sulla scena del crimine, gli indizi, spesso numerosi, si presentano come collegati in una fitta rete di relazioni funzionali e di significati, spesso all’apparenza anche disomogenei. La loro natura non appare sempre immediatamente evidente e la loro presenza acquista un senso solo se inserita e interpretata in un giusto contesto.

Anche l’assenza di un oggetto, che ci saremmo aspettati di trovare sulla scena, è in grado di assumere un notevole valore investigativo. È importante, quindi, elaborare sempre una visione di insieme, chiara, pragmatica e comprovata scientificamente. Non dimentichiamo, infatti, che è proprio la relazione tra i vari indizi e prove a creare quel tessuto, a volte sottile ma spesso più resistente, in grado di collegare vittima, traccia e autore all’interno di una scena del crimine.

Modalità di ricerca sulla crime scene.

Gli indizi sono solitamente classificati in determinabili e indeterminabili. Per indizi determinabili vengono intesi quelli che, per la loro evidente natura fisica e struttura, possono essere identificati grazie a un “semplice”, per quanto sempre attento esame a “occhio nudo”, o con l’ausilio di lenti d’ingrandimento. Essi, in genere, esprimono una relazione con l’oggetto o la persona che li hanno prodotti e il loro rilevamento permette di determinarne immediatamente la natura (si pensi alle impronte digitali, ai bossoli, alle scritture, …).

Gli indizi cosiddetti indeterminabili, invece, sono quelli la cui natura o struttura può essere rivelata solo da analisi complete di laboratorio (si pensi a materiale sconosciuto, a sostanze depositate sul fondo di bicchieri o a macchie di sostanze organiche o inorganiche).

La scena di un crimine deve essere evacuata, protetta e controllata fin dai primi istanti. Proprio per tal motivo, la pattuglia mandata sul luogo dovrà aver premura di non toccare nulla e dovrà, al contempo, evacuare i luoghi, impedendone l’accesso a chiunque si trovi in zona.

Le forze di polizia intervenute dovranno, quindi, delimitare la zona: la prima recinzione dovrà essere la più ampia possibile, lasciando un’unica via d’accesso alla scena del crimine; la seconda recinzione costituirà il cosiddetto “epicentro del crimine”, nella quale potranno accedere solo gli operatori della scientifica e il magistrato, sempre con opportune precauzioni e indossando specifiche dotazioni. Anche in tali fasi, l’utilizzo di un drone risulta strategico e rilevante al fine di preservare la scena del crimine e attuare una vera e propria vigilanza.

Le modalità di ricerca sulla scena del crimine possono essere diverse. Possiamo avere, pertanto:

  • una ricerca a spirale o verso l’interno, in cui l’operatore inizia il perimetro della scena e lavora verso il centro;
  • una ricerca a spirale o verso l’esterno. Quì l’operatore inizia al centro della scena, o dal corpo, e ruota seguendo l’aspirale verso l’esterno della stanza o della scena del crimine delineata. Lo Spiral Method, o metodo a spirale, viene utilizzato preferibilmente per la ricerca delle tracce negli spazi privi di barriere fisiche e viene solitamente utilizzato quando vi è un solo operatore che analizza la scena del crimine;
  • una ricerca in parallelo in cui tutti i membri del team formano una linea partendo da un lato della stanza o della zona delineata e comminano in linea retta, alla stessa velocità, proseguendo verso l’estremità opposta;
  • una ricerca a griglia: si tratta di due ricerche parallele, eseguite una dopo l’altra che sembrano dividere la zona in una griglia virtuale. Gli Strip e i Rid Methods (metodi a bande o griglie) sono molto usati anche per la ricerca in vasti spazi, o in zone esterne;
  • una ricerca a zona: il cosiddetto Zone Method, o metodo a zone prevede che l’area sia suddivisa in quadranti o settori numerati per facilitare l’individuazione della provenienza dei reperti, ognuna di queste zone è presidiata da un operatore. Questo metodo è particolarmente indicato per la ricerca all’interno di garage, interni, palazzi ecc..

Risulta intuibile che l’impiego di droni nella fase di ricerca, indipendentemente dal metodo, può facilitare sicuramente qualsiasi operatore, sia che esso operi all’esterno, sia che operi all’interno o in ambienti stretti e angusti.

 

Sopralluogo e repertamento delle tracce.

Inizia, quindi, uno dei momenti fondamentali di un’intera indagine: il sopralluogo tecnico di polizia scientifica. Per sopralluogo intendiamo quel complesso di operazioni, eseguite con metodo scientifico, il cui scopo è quello di individuare, raccogliere e fissare tutti quegli elementi utili alla ricostruzione dell’evento e alla possibile identificazione del reo. La finalità del sopralluogo è, in sintesi, quella di assicurare le fonti di prova e fare luce sulla dinamica dell’accaduto per identificarne l’autore.

L’intervento dell’operatore di polizia scientifica sulla scena del crimine rappresenta forse il momento più delicato delle indagini, il cui buon esito dipende sempre più spesso dalla accuratezza con cui le tracce reperite sul luogo o i luoghi in cui si è svolto il fatto reato sono state rilevate, conservate e trasmesse. In tal senso, appare evidente l’ importanza che riveste la cosiddetta “fissazione del quadro materiale”, cioè la coscienziosa fissazione dello stato dei luoghi in cui si è sviluppata la dinamica dell’evento. Ogni errore, in questa fase, anche il più piccolo, potrebbe compromettere il successo finale dell’indagine. Non dimentichiamo che il sopralluogo non è solo una fase tecnica dell’indagine, ma rappresenta anche il primo momento di imprescindibile contatto, comunicazione e collaborazione tra autorità giudiziaria, polizia giudiziaria, medicina legale e gli operatori di polizia scientifica intervenuti per primi sulla scena del delitto. L’utilizzo intelligente dei droni aumenta proprio l’efficacia di tali fasi investigative.

Oltre a ciò, vi sono due fasi importanti e delicate del sopralluogo: l’osservazione e la descrizione, fasi che serviranno poi per la stesura dettagliata del verbale di sopralluogo.

Durante l’osservazione si descrivono alcune rilevanze per l’operatore intervenuto, mentre la descrizione riguarda gli oggetti rilevati sulla scena del crimine.

Importante, a tal proposito, sono i rilievi fotografici e i rilievi planimetrici. Questi ultimi, costituiscono la prima forma di documentazione della scena del crimine e sono rappresentati da disegni in scala, eseguiti sulla base delle regole della planimetria, riportando l’esatta scala e l’indicazione del luogo, della data, dell’ora, dell’esecuzione e il nome dell’operatore.

Ovviamente, lo stesso operatore non potrà far tutto direttamente sulla scena del crimine. Sarà importante, quindi, procedere con un primo schizzo parametrico con tutte le misure necessarie e poi, si procederà con la planimetria vera e propria. La fotografia giudiziaria, invece, costituisce un importante mezzo di rilevazione e di ricostruzione della scena del crimine, procedendo dal generale fino al dettaglio, da sopra a sotto, da destra a sinistra. Nelle foto, si utilizza la striscetta metrica per avere delle misure ancora più dettagliate degli indizi oggetto di rilevazione. Si consideri qui, quanto supporto può fornire proprio l’impiego di un drone.

La ricerca delle tracce è principalmente volta all’individuazione, alla documentazione e asportazione dei frammenti di impronte papillari. Queste possono essere di due tipi: impronte visibili e impronte latenti.

Le impronte visibili sono quelle che si producono per contatto delle superfici digitali imbrattate di sostanze di varia natura (sangue, inchiostro, vernici ecc.). In genere, questi tipi di impronte riguardano superfici che possono essere asportate con l’intero substrato su cui sono impresse e devono perciò essere fotografate con gli opportuni accorgimenti tecnici, quali filtri, luce polarizzata, luce radente, al fine di esaltare il contrasto con la superficie stessa su cui si trovano.

Le impronte papillari latenti, invece, sono quelle che non si vedono a occhio nudo. La selezione dei reperti da sottoporre a successiva analisi di laboratorio dovrà ricadere su oggetti trasportabili fatti di plastica, vetro metallo e carta. La cosa più importante è che il materiale sia conservato in singole buste di carta o di plastica trasparente e catalogato, in relazione al luogo di rinvenimento, con un numero progressivo che trovi riscontro puntuale nel verbale dei rilievi descrittivi e fotografici.

Particolari accorgimenti necessita il repertamento di tracce biologiche, quali sangue, sperma ed altro. E’ opportuno repertare il sangue fotografando le macchie ematiche, numerando il singolo reperto e apponendo un riferimento metrico.

L’individuazione delle impronte digitali, invece, costituisce un altro dei metodi più importanti da applicare sulla scena del crimine. Le impronte digitali si suddividono in: visibili, modellate e latenti. Le visibili sono dovute al contatto di mani sporche su superfici pulite, o di mani pulite su superfici sporche o solo impolverate; le impronte modellate sono dovute al contatto delle mani con sostanze malleabili, come cera, colla, pece; le impronte latenti invece sono quelle che non sono visibili, quindi nascoste.

Se, invece, ci troviamo a dover repertare tracce di scarpe o di pneumatici, occorre fotografare ed eventualmente, qualora si tratti di tracce di pneumatici rialzate, riprodurre l’impronta mediante calchi in gesso.

Il disegno del battistrada viene, quindi, analizzato e messo in evidenza mediante elaborazione grafica, attraverso la quale viene effettuata una sovrapposizione della immagini per mettere in corrispondenza le caratteristiche generali del pneumatico individuato. In taluni casi, se presenti, vengono evidenziate ulteriori analogie che possono restringere ulteriormente il campo di ricerca.

Attraverso il rilevamento delle impronte di scarpe, inoltre, possiamo ottenere diverse informazioni utili alle indagini: la corporatura dell’autore del crimine, il numero di persone presenti sulla scena del crimine, i loro eventuali tragitti e spostamenti, ecc.

Così come per la comparazione delle impronte digitali, anche per le tracce da impressione si procede con la comparazione di una serie di punti caratteristici, attraverso cui confrontare la traccia rilevata sulla scena del crimine e un dato oggetto che risulta apparentemente compatibile con la traccia. Non esiste, di fatto, un numero definito di punti su cui basare un’identificazione certa.

Riflessioni e note conclusive.

I droni sono sempre più macchine strategiche ai fini investigativi, ma anche per la Sicurezza in generale. Da qualche tempo, infatti, le Forze di Polizia si stanno sempre più equipaggiando con tali supporti.

In un immediato futuro, tali macchine saranno sempre più dotate di tecnologie video altamente performanti ed è plausibile che l’utilizzo in ambito forense aumenti esponenzialmente, parallelamente all’impiego di innovativa strumentazione per l’indagine scientifico-forense.

Il valore del dato, del reperto, della prova e dell’informazione in generale, sarà ancora più strategico e importante, ma solo attraverso un utilizzo sensato del mezzo tecnologico e una costante formazione professionale.

A quanto pare, la nuova generazione di droni resterà invisibile, ma renderà visibile tutto il resto (Bauman Z., Lyon D., 2015). Tale affermazione, se positiva in senso innovativo, desta sicuramente non poche preoccupazioni e allarmismi in seno alla fatidica privacy.

Occorrerà, inoltre, nell’immediato, un approfondimento sulla storica interazione uomo-macchina, che comporta risvolti psicologici di un certo spessore e al contempo, un’analisi approfondita della percezione sociale e dell’impatto che proprio tali piccole macchine volanti stanno avendo nella vita comune di ognuno di noi.

In merito alle fasi di investigazione sulla scena del crimine e ad altre attività meramente criminologiche o forensi, l’impiego professionale dei droni non può che essere di notevole supporto.

 

 

capitolo in DRONES, URBAN SECURITY. di S. Coluccia. 2018

Bibliografia essenziale.

Bauman Z.- Lyon D. (2015). Sesto potere: La sorveglianza nella modernità liquida. Laterza edizioni.

Turco M., Lodeserto G., Bruscella M.r. (2016). Crime Analyst. Aspetti psico-criminologici e investigativi. Primiceri editore.

 

Chi è il Criminalista

Chi è il Criminalista?

La Criminalistica è l’insieme complesso di tecniche e tecnologie utilizzate per l’investigazione criminale. Può essere anche definita come una metodologia di polizia scientifica che ha come obiettivo la risoluzione di problemi di ordine investigativo. Inoltre, essa è anche definibile come l’insieme di strumenti e procedure per la qualificazione del reato, per la caratterizzazione delle circostanze e per l’identificazione del reo o della vittima.

Le origini della criminalistica sono tanto vecchie quanto lo è il primo crimine, ma occorre riferirsi al XII e XIII secolo, nella civiltà comunale, per avere delle prime “tracce”, con una serie di testi e pubblicazioni. Possiamo riferirci sicuramente al Tractatus Criminum di autore ignoro (1155-1164) e poi al Tractatus de maleficis di Alberto Gandino (1286). Successivamente, seguirono diversi testi di taglio pratico destinati ad avvocati, magistrati, consulenti. Sarà, comunque, il XIX secolo a segnare la criminalistica come scienza di individuazione delle tracce e del colpevole.

Altre curiosità:

il termine criminalistica è associato al giudice austriaco professore Hans Gross, fondatore dell’Istituto di Criminalistica di Graz nel 1912.

Alfons Bertillon è considerato il fondatore e padre della antropometria segnaletica.

Francis Galton è il creatore del nuovo sistema di identificazione dattiloscopica, autore della fondamentale opera «Finger Prints» del 1893 a Vienna.

A differenza della criminologia, la criminalistica non è rappresentata da un’unica disciplina, ma abbraccia un insieme di tecniche investigative. Balistica, antropometria, dattiloscopia, chimica, biologia, genetica, antropologia, patologia, tanatologia, tossicologia, entomologia, grafologia, informatica, fonica, esplosivistica, gelologia, … sono solo alcuni esempi.

Il Criminalista è un esperto di Scienza delle Tracce, poiché si occupa anche di raccogliere, identificare e analizzare con procedure scientifiche elementi che possono essere utili per la risoluzione di un caso.

Oltre a frequentare un corso di preparazione di base, è consigliabile, se non obbligatorio, specializzarsi in uno o più settori. Di seguito, elenco sufficientemente esaustivo per far comprendere la vastità del settore.

  • Analisi forense immagini e video
  • Analisi forense tracce audio
  • Analisi chimica, fisica e biologica dei reperti
  • Armi e munizioni
  • Antropologia forense
  • Archeologia forense
  • Balistica forense
  • Botanica forense
  • Dattiloscopia forense
  • Entomologia forense
  • Fotografia forense
  • Grafologia forense
  • Informatica forense
  • Intelligence forense
  • Investigazione incendi ed esplosioni
  • Linguistica forense
  • Optometria forense
  • Ricostruzione e analisi incidenti
  • Rilievi tecnici e sopralluogo Scena del Crimine
  • Subacquea forense
  • Trascrizioni forensi

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L’Ottimismo del Diavolo: dagli archetipi di Jung al daimon

rif.to: INTERVISTA di L. Cacciatori

www.nerocronaca.com

Dall’uscita del romanzo di Mirco Turco, L’Ottimismo del Diavolo, Primiceri editore, non è passato neanche un anno e continua a ricevere molti feedback positivi e recensioni entusiasmanti. “È un romanzo che ho divorato tutto d’un fiato; è un romanzo imperdibile e sorprendente; …” sostiene qualcuno. Ma lo stesso autore continua a definirlo sempre e comunque un “thriller terapeutico”. Se la nota Criminologa Roberta Bruzzone, parlò sin da subito di un “imperdibile viaggio nella parte più oscura e profonda dell’animo umano che è presente in ognuno di noi magistralmente descritta da Mirco Turco …”, oggi, a distanza di qualche mese, lo stesso autore si sbilancia un po’, spiegando alcuni retroscena ulteriormente affascinanti.

Le storie descritte e narrate ne L’Ottimismo del Diavolo sono abitate da svariati personaggi e figure che, di fatto, richiamano le immagini archetipiche individuate da Jung. Ciò avviene, a volte, anche in altre storie, nel cinema quanto nella letteratura.

Gli archetipi sono presenti con la stessa simbologia nell’inconscio di ogni uomo ed è anche abbastanza facile per sceneggiatori e scrittori, a volte in modo del tutto inconsapevole, utilizzare tali “figure”, calandole proprio nella narrazione. Anche nel cinema e in diversi film, i personaggi emblematici si rifanno alle stesse immagini archetipiche elaborate da Jung.

Lo stesso “processo” è accaduto nel romanzo L’Ottimismo del Diavolo, dove vi è una vera e propria escalation tra personaggi, dinamiche, storie, misfatti, soluzioni e quindi immagini archetipiche. Si giunge, infatti, anche alla tappa finale che rappresenta non solo la “soluzione” del thriller, ma anche e soprattutto una vera e propria evoluzione della personalità dell’apparente protagonista. Nel romanzo troviamo quindi tutti gli archetipi, che man mano, si mostrano al lettore, ora camuffandosi, ora confondendosi, destando sospetti, dubbi, sino a rivelarsi completamente.

L’Ombra è un archetipo costituito dagli istinti animali, è la parte inferiore della personalità ed è la somma di tutte le componenti psichiche personali e collettive che non sono integrate e determinano, inconsciamente, tendenze contrarie. L’Ombra impersona tutto ciò che il soggetto rifiuta di conoscere, ma che si ripresenta costantemente in alcuni tratti del carattere o disposizioni. L’Ombra proiettata all’esterno rappresenta il nemico da combattere. Può essere rappresentato da un antagonista privo di scrupoli, o da qualcuno che si oppone con perfidia e brutalità o ancora può essere un personaggio che provoca repulsione e ribrezzo, sino ad assumere sembianze mostruose. L’archetipo Ombra può però essere rintracciato anche in personaggi dotati di alter ego. La dualità convivente all’interno di uno stesso soggetto, in una commistione tra tratti bonari, accettabili, “normali” e tratti malefici, simil demoniaci.

Persona.

L’individuo indossa una maschera che serve a coprire e a nascondere l’attore che vi è dietro. La persona è il sistema di adattamento o le modalità con cui ci interfacciamo con il mondo. In realtà, la persona è ciò che in realtà uno non è, ma ciò che gli altri credono che egli sia, come direbbe lo stesso Jung. Se l’Io si identifica con la Persona, l’individuo diventa consapevole di quella parte che sta recitando, ma non dei suoi reali sentimenti. Egli diverrà estraneo a se stesso.

Anima e Animus.

L’uomo e la donna possiedono caratteristiche del sesso opposto. Jung attribuì alla psiche femminile un archetipo maschile (Animus) e alla psiche maschile un archetipo femminile (Anima). L’uomo può capire la natura della donna grazie alla sua Anima e la donna potrà comprendere la natura dell’uomo grazie al suo Animus.

Il Vecchio Saggio e la Grande Madre.

Il Vecchio Saggio rappresenta la figura dello sciamano nella società primitiva. È un demone immortale che da’ significato al caos della vita. È colui che illumina e guida, un vero maestro. Spesso, appare come un personaggio autorevole, un sacerdote, un maestro. Nel Vecchio Saggio sono rinchiuse le potenzialità dell’individuo e rappresenta ciò che lo stesso individuo può diventare. È un consigliere interno, un filosofo. A questo archetipo è affiancato quello della Grande Madre che possiede le stesse caratteristiche, ma al femminile.

Il Sé.

Il punto di equilibrio della personalità è il Sé. Raggiungere il Sé è lo scopo della vita, ma occorre un processo di maturazione di tutti gli altri elementi della personalità. Ciò non significa perfezione, ma totalità, ovvero raggiungere il vero senso della vita. Quando l’individuo incontra il Sé, significa che l’Io è allineato ad esso. Per Jung il Sé è rappresentato dal Mandala (cerchio magico). Tutto ciò, sovente, prende le sembianze del percorso del personaggio e dal raggiungimento della “salvezza”. Qui tutti i nodi si sciolgono e si raggiunge un livello superiore.

Ombra, Persona, Anima, Animus, Vecchio Saggio, Grande Madre, Sé li ritroviamo nell’Ottimismo del Diavolo. A voi la lettura …

Perché Daimon?

Un personaggio chiave del romanzo è il dottor Daimon, psicologo e consulente delle forze di polizia. Neanche questo nome però è casuale.

Daimon è un “demone”, un “essere divino” presente tanto nella cultura religiosa, quanto nella filosofia greca. Nel linguaggio letterario è usato talvolta con il significato di diavolo, demonio. Lo ritroviamo da Platone a Hillman e rappresenta, al contempo, uno dei compiti principali a cui assolvere: decifrare il codice della nostra anima, affinché si possa compiere il senso della nostra vita.

“Prima di nascere, l’anima di ciascuno di noi sceglie un’immagine o disegno che poi vivremo sulla terra e riceve un compagno che ci guida, un daimon, che è unico ed è tipico nostro. Tuttavia, dopo che nasciamo e quando cresciamo, dimentichiamo progressivamente tutto questo. Il daimon ci ricorda il contenuto della nostra immagine ed è lui che rappresenta il portatore del nostro destino”. Il daimon è quel qualcosa che ci rende unici e irripetibili. È, al contempo, la vocazione che ci contraddistingue e che va ricercata e alimentata. Solo in questo modo renderemo la nostra esistenza unica. Ognuno di noi deve, quindi, decifrare il codice dell’anima, ricongiungendosi al proprio compagno segreto …

Alla luce di questo, L’Ottimismo del Diavolo di Mirco Turco, diventa quasi una tappa obbligata per quanti sono appassionati di thriller, ma anche per tutti coloro che vogliono avvicinarsi maggiormente a decifrare la propria anima. Per coloro che lo hanno già letto, è un invito alla rilettura, perché come già ha sostenuto qualcuno, L’Ottimismo del Diavolo è il romanzo che dopo averlo finito, ti manca subito e che rappresenta il tuo miglior amico” …

 

L’Ottimismo del Diavolo, Primiceri Editore è disponibile direttamente dal sito dell’editore www.primicerieditore.it o facilmente tramite AMAZON

Chi è il Profiler

Chi è il PROFILER.

 

Il Profiler è un professionista speciale, come direbbe Picozzi, ed è immerso in un mondo sostanzialmente articolato, ricco di sfumature e risonanti risvolti. Naviga in un mare complesso, poiché si occupa di comportamento umano e di comportamento criminale.

Oggi, più che mai, è necessario fare chiarezza, soprattutto considerando il proliferare di corsi e pseudoformazione nel settore criminologico ed investigativo.

Studiare criminologia applicata e diventare dei professionisti del settore non è “questione di seminari formativi”, ma è “questione di una vita” … Studiare e conoscere le dinamiche criminali, gli aspetti psicopatologici, le sfaccettature dei reati non può essere solo una passione. È questione di studio e applicazione costante!

Per diventare profiler occorre, in primis, una laurea specifica (discipline psicologiche e medico-psichiatriche). Successivamente, un perfezionamento e/o specializzazione in alcuni settori. Il profiler deve avere una conoscenza vasta ed “enciclopedica”.

L’Edipo re di Sofocle appare, senza dubbio, la narrazione di uno dei più perfetti dei delitti … e rappresenta, al contempo, un esempio calzante della “sorte di un investigatore moderno” e anche di un profiler. L’investigatore, infatti, ignora di stare cercando se stesso e la sua missione di ridare ordine ad un mondo sconvolto da crimini, si scontra con il sacrificio di farsi carico di alcune colpe (parricidio e incesto), sopportando la dolorosa esperienza dell’esilio. Il profiler ha dunque una “vocazione tragica”.

Senza dubbio, oltre a tali sfumature suggestive di una professione affascinante, il profiler deve essere anzitutto un conoscitore appassionato di “storia del crimine” e delle vere basi criminologiche, che vanno dalla fisiognomica, alla frenologia, all’antropologia di Lombroso, sino alle prime classificazioni di Kretshmer. Ma è nel Giulio Cesare di Shakespeare che troviamo già un primo riferimento al profiling: “Quel Cassio ha un aspetto magro e famelico; pensa troppo; di rado sorride: tali uomini sono pericolosi, non hanno mai l’animo tranquillo …”

In verità, attività di profiling, probabilmente, sono insite nella natura umana. Molte persone e noi stessi processiamo informazioni ed elaboriamo profili. “ … Papà, tu sei molto fisico e deciso … ogni tanto fai quegli occhi così … fai paura …”. Così, si esprimeva mia figlia Greta, quando aveva 7 anni!

Il primo grande successo di profiling è senza dubbio quello che vedrà la cattura di George Meteski, il 20 gennaio 1957, grazie proprio al profilo redatto da Brussel.

“L’attentatore è un maschio. Storicamente i dinamitardi sono maschi. Egli ha motivi di rivendicazione nei confronti dell’azienda Con Edison. Egli crede di essere stato danneggiato dalla compagnia ed è in cerca di vendetta (lettere minatorie); l’attentatore è un classico esempio di paranoide; ha circa 50 anni (la paranoia ha un esordio intorno ai 35 ed egli è attivo da 16 anni); l’attentatore è ben curato, meticoloso; è ipersensibile alla critica; è sufficientemente istruito; ha un irrisolto complesso edipico (forma fallica degli ordigni; forma lettera W curata evoca i seni femminili) … quando lo catturerete vestirà elegante, probabilmente in doppio petto!!!”

Dal 1970 in poi, il profiling diviene oggetto di osservazione e studio, tanto che L’FBI crea il programma di profilo criminale e nasce il Centro di Psicologia Criminale Applicata: 1972: Behavioral Science Unit (BSU); 1976: Ressler e Douglas (studiano i Serial killer); 1992: Crime Classification Manual.

PROFILING significa profilo, ovvero chiara e breve biografia che descrive le caratteristiche più salienti di un soggetto. Nel gergo, spesso, si usano: Criminal Profiling, Behavior Profiling, Criminal Personality Profiling, Criminal Investigative Analysis, Forensic Profiling, Psychological Profili.

Assunto principale del profiling:

  1. L’offender durante l’esecuzione di un crimine esibisce un determinato modello di comportamento.
  2. Il modello di comportamento lascia delle tracce.
  3. L’individuazione e lo studio di quel modello permette di inferire alcune caratteristiche bio-psicologiche dell’autore del crimine.
  4. Nella suspect-list alcuni soggetti presenteranno tali caratteristiche e saranno oggetto di ulteriore attenzione.

 

Un profiler deve “studiare bene” le azioni criminali, ma soprattutto ciò che c’è dietro. Non è un caso che si parli anche di Analisi Comportamentale.

Un profiler deve conoscere anche tutto ciò che riguarda una scena del crimine. Una scena del crimine è un luogo in cui è avvenuto almeno un fatto criminoso e dove in spazi e tempi specifici e definiti, più attori si trovano coinvolti in determinate dinamiche mosse da almeno una motivazione. Essa comprende l’area nella quale possono essere recuperate alcune prove da parte della polizia scientifica e dagli scienziati forensi. (Turco, Lodeserto, Bruscella, 2016).

Deve essere necessariamente anche un esperto di comunicazione ed interrogatorio. Tecniche, procedure, metodi e tecnologie possono essere di supporto in tale aspetto. Deve, quindi, possedere una certa flessibilità cognitiva e apertura mentale. L’intelligenza relazionale ed emotiva diventano prerequisiti strategici.

Un profiler è anche un esperto di vittimologia.

La vittimologia riguarda lo studio completo e la ricostruzione della storia della vittima, che include lo stile di vita, i tratti di personalità, l’occupazione, … Domande essenziali sono: Perché la vittima è divenuta bersaglio dell’offender? Come è stata scelta la vittima? In quale mondo l’offender si è avvicinato alla vittima? Quale è stata la reazione della vittima? Ricordiamo che la vittimologia è una disciplina specifica. In tale ambito, occorre anche molta preparazione in caso di morte sospetta, Equivocal Death.

Il profiler è anche un esperto di sicurezza, poiché il suo scopo è anche far vivere la gente senza preoccupazioni, attenta e senza che la paura condizioni …

 

LO STUDIO DEL CRIMINE COMINCIA CON LA CONOSCENZA DI SE STESSI …

(H. Miller)

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Chi è il Profiler

Criminologia, Investigazione, Profiling

Che cos’è la Bloodstain Pattern Analysis

La BPA è lo studio della dimensione, forma, volume, direzione e distribuzione di una traccia ematica ritrovata sulla scena del crimine e la sua funzione, come quella di altre discipline forensi, è quella di delineare al meglio tutto ciò che è accaduto sulla scena del crimine.

Una macchia di sangue può fornire una serie di informazioni relativamente a:

  • Direzione di movimento della vittima/assalitore.
  • Punto di convergenza e origine della traccia.
  • Tipologia e velocità dell’arma utilizzata.
  • Numero di colpi inferti.
  • Informazioni su assalitore destro o mancino.
  • Posizione e movimenti relativi della vittima e assalitore.
  • Tipo di ferita che ha originato l’emissione della traccia ematica.
  • Quando è stato commesso il crimine.
  • Se la morte è stata immediata o meno.

L’analisi di una traccia ematica si basa sull’assunto che il sangue, come tutti i fluidi, reagisce all’azione di forze esterne sempre nella stessa maniera, risultando in tal modo in un pattern prevedibile e ripetibile.

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Il sangue è considerato un liquido colloidale (cioè contiene al suo interno una parte liquida e una corpuscolata) e normalmente è rappresentato nella misura di 5-6 litri negli uomini e 4-5 nelle donne. Una emorragia del 40% della nostra massa sanguigna può portare ad un grave shock ipovolemico e potenzialmente alla morte.

Come tutti i liquidi, anche il sangue sottostà ad una importante legge della fisica: la tensione superficiale.

La tensione superficiale è definita come il lavoro unitario che è necessario ad aumentare la superficie occupata dal liquido di una quantità unitaria, quindi per liquidi differenti si osserva una tensione superficiale differente. Soprattutto, la tensione superficiale si esercita a livello dell’interfaccia di separazione tra il liquido e la superficie con cui il liquido interagisce, pertanto differenti tipologie di superficie eserciteranno una tensione diversa.

Oltre alla tensione superficiale, altre forze esterne come la gravità, la resistenza dell’aria e la velocità di eiezione agiranno di concerto nel far assumere ad una goccia di sangue dei pattern caratteristici e riproducibili volta per volta, quindi analizzabili.

2.2 Classificazione delle tracce ematiche.

Possiamo generalmente distinguere le tracce ematiche in base alla velocità in 3 categorie: le macchie con velocità di impatto bassa, media e alta; LVIS (Low Velocity Impact Spatter) MVIS (Medium velocity) e HVIS (High velocity).

La distinzione in categorie si opera determinando semplicemente la grandezza della traccia ematica e precisamente:

  • LVIS= 4 o >4 mm.
  • MVIS= 1-4 mm.
  • HVIS= < 1 mm.

Naturalmente le varie tipologie di macchie saranno molto spesso di categorie miste, ragion per cui il criterio osservato nella classificazione di una traccia ematica sarà basato sulla dimensione preponderante che si osserva in un pattern rintracciato sulla scena del crimine.

Un esempio di traccia a bassa velocità è quella generata da un gocciolamento semplice; la traccia a velocità media quella causata da un trauma contusivo che genera una fuoriuscita di sangue e quella ad alta velocità da un’arma da fuoco o esplosivo che determinerà la proiezione di minute goccioline a velocità molto elevata, simile ad uno spruzzo.

Le tracce cosiddette passive a loro volta si distinguono in:

coagulo, gocciolamento, flusso, pozza.

Le tracce per trasferimento si distinguono in: tipo pattern swipe (risultante da una superficie bagnata di sangue che viene a contatto con una asciutta), wipe (risultante da una superficie asciutta che viene a contatto con una insanguinata).

Le tracce proiettate si distinguono in: schizzo arterioso, da contatto con altro oggetto, da spruzzo, espettorato.

Nella categoria miscellanea includiamo: da azione per forza capillare, da insetti (che vengono a contatto con il sangue e lo trasportano in giro), Void pattern da effetto vuoto (quando un oggetto/corpo viene investito da uno schizzo di sangue e pertanto crea un effetto maschera).

E’ palese che nella normale routine ci si trovi di fronte costantemente una scena del crimine che riporta una moltitudine di tracce differenti, per cui sarà necessaria una attenta e lunga azione di repertazione ed interpretazione di ogni singola categoria. Le tracce ematiche limpide e delineate sono difficili da reperire e la norma è costituita da una difficile mescola fra tanti pattern differenti.

Passiamo adesso a descrivere nel dettaglio alcuni tipi di traccia ematica.

Le tracce passive più semplici da distinguere sono quelle causate da un normale gocciolamento, come ad esempio può accadere da un banale taglio di un dito che gocciola su una superficie dura: pavimento, tavolo, vetro, ecc..

La traccia da trasferimento a pattern è una delle più comuni da trovare a causa della natura adesiva del sangue, per cui un oggetto contaminato tenderà a sporcare facilmente qualsiasi altra superficie/oggetto con cui verrà a contatto, anche se fugacemente e in maniera superficiale ed incompleta, riproducendo in modo spesso completo la sua forma.

Molto spesso la traccia residuata sarà molto chiara e suggestiva, tale da far risalire immediatamente all’arma che l’ha prodotta o all’oggetto che l’ha impressa.

Discorso a parte meritano le tracce Swipe e Wipe.

Le tracce cosiddette Swipe sono quelle prodotte da un oggetto insanguinato che viene a contatto con un altro oggetto o superficie grazie ad un movimento laterale, tangente.

Invece le tracce Wipe sono quelle in cui un oggetto o superficie asciutta viene a contatto, con un movimento laterale, con un oggetto bagnato di sangue, causando una parziale asportazione della traccia originariamente presente sul primo oggetto.

Le tracce da proiezione sono frequentemente originate da ferite agli arti, con fuoriuscita rapida e ad alta pressione, creando un pattern ad arco, rispecchiando la spinta pressoria che le genera, normalmente da sangue arterioso. Il più tipico pattern da ferita arteriosa riflette infatti l’aumento e la caduta di pressione in un andamento simil sinusoidale o zig-zag, o ondulante.

Un aspetto molto interessante è quello assunto da gocce di sangue miste ad espettorato, quindi eiettate insieme a colpi di tosse, o fuoriuscita di materiale ematico ad alta pressione dalla bocca, naso o dalle vie aeree. Questo vuol dire che il sangue proveniente dalle vie aeree in questione sarà misto ad aria e spinto nell’ambito di un atto respiratorio. Da questa commistione il sangue sarà “rotto” in goccioline minuscole, analogamente all’azione creata da uno spray. Spesso, all’interno delle gocce di sangue, si noteranno minute “bubble rings”, anelli vuoti creati dall’aria contenuta nel materiale ematico, oppure tracce di muco e saliva. Da tener presente che il pattern creato dall’espettorato può mimare uno schizzo da esplosione e può trarre in inganno.

Nell’ultima categoria che prendiamo in considerazione, una menzione a parte merita la void pattern, cioè la traccia prodotta per effetto maschera o effetto cosiddetto fantasma. Questo tipo di traccia è quella generata quando tra la superficie di impatto finale e il materiale ematico si frappone un oggetto o individuo, a volte rimosso prima del ritrovamento. E’ il caso in cui, ad esempio, da una superficie imbrattata di sangue, come un tavolo, vengono rimossi alcuni oggetti che lasceranno dei vuoti laddove erano originariamente poggiati, lasciando delle aree vuote che riprodurranno la loro forma originaria.

2.3 Dinamica.

Esaurito il discorso sulla classificazione, andiamo a considerare la dinamica delle tracce ematiche e le tecniche di repertazione. Quando una goccia di sangue cade dall’alto interagisce lungo il suo percorso con l’attrito dell’aria e, nell’attraversare il mezzo, la sua forma cambierà rapidamente e frequentemente da quella originariamente sferoidale a quella ovoidale, proprio per l’azione dell’aria. Questo accade in condizioni idealmente ottimali, laddove la goccia cada in linea retta, senza incontrare ostacoli lungo il percorso e senza che altri fattori interferiscano, come può accadere in presenza di vento, pioggia o altro ancora.

Quando si verifica l’evento più comune appena descritto, la goccia che impatta su di una superficie, cadendo in linea retta, riprodurrà un pattern perfettamente circolare con l’eventuale presenza di minute goccioline satelliti, causate dall’impatto con la superficie stessa.

Se, invece, la goccia viene eiettata con un angolo differente dai 90°, l’impatto produrrà una morfologia differente, elongata e con aree satelliti o code che saranno orientate secondo la direzione dell’impatto.

La direzione delle codine indicherà la direzione delle gocce, per cui quanto più la forma sarà ellittica, tanto più sarà facile distinguere la direzione.

Per identificare l’angolo di impatto, invece, si dovrà applicare una semplice formula matematica: il seno inverso del rapporto dato dalla misura dell’asse maggiore dell’ellissi diviso la misura dell’asse minore.

Dall’interpolazione di queste informazioni riguardanti la direzione e l’angolo di impatto si potrà ricavare, non senza difficoltà inerenti ai singoli casi, il punto di origine della traccia ematica.

Una considerazione ancora va fatta per chiarire le dimensioni che assume la traccia in dipendenza dell’altezza da cui cade. Esattamente, il diametro della traccia aumenta all’aumentare dell’altezza da cui la goccia precipita.

Un’ultima doverosa riflessione merita l’effetto del tempo sulle tracce ematiche: ricordiamo, infatti, che il sangue coagula abbastanza rapidamente, quindi una goccia inizialmente fluida assume la caratteristica di coagulo dopo appena 12-13 minuti, alterando in parte l’iniziale morfologia e la possibilità di creare pattern di tipo swipe-wipe.

Tutto ciò va considerato nella visione di insieme durante le attività di repertazione sulla scena del crimine, creando uno scenario il più delle volte estremamente complicato e difficilmente riconducibile alla semplificazione trattatistica e agli elementi qui esposti.

Le varie tipologie di pattern ematici si modificano considerevolmente in relazione alle differenti tipologie di superfici, alla temperatura, agli eventi atmosferici e alle contaminazioni di vario tipo (insetti, liquidi, polveri, ecc), contribuendo a rendere molto difficile l’intervento degli esperti sulla scena.

2.4 Repertazione delle tracce ematiche.

La documentazione delle tracce ematiche ritrovate su una scena del crimine riveste un ruolo di primo piano nell’avvio delle indagini e nella strutturazione delle stesse.

Si può facilmente comprendere, infatti, come sia di vitale importanza la conduzione di una refertazione che sia la più minuziosa e dettagliata possibile.

Gli scopi della documentazione sono molteplici, tra cui quello di fornire delle prove oggettive in sede dibattimentale, quello di permettere una analisi conducibile a posteriori e ripetibile ma soprattutto quello più semplice ed immediato: registrare con chiarezza e indiscutibile oggettività la scena nella sua integrità.

Una corretta documentazione consentirà di evitare degli artefatti in sede di analisi e di fornire una prova incontrovertibile e che non sia oggetto di valutazioni soggettive. Quindi la corretta repertazione non deve essere sottovalutata ma al contrario enfatizzata sempre.

Sulla scena del crimine, pertanto, l’osservazione precede sempre e in maniera inevitabile tutte le fasi susseguenti. L’analista che interviene sulla scena di un delitto dovrà innanzitutto osservare tutte le componenti costitutive al fine di programmare correttamente le azioni successive.

Possiamo schematicamente scomporre le fasi della documentazione in quattro successive azioni: la raccolta di materiale, la fotografia delle tracce ematiche e una registrazione video, un disegno dell’ambiente e delle tracce, il rapporto scritto.

La raccolta deve essere condotta con attenta precisione per evitare di consegnare agli analisti di laboratorio dei campioni che non siano utili ai fini dell’indagine o della diagnosi da condurre.

Una delle cose più importanti è il riconoscimento di specifici pattern di traccia ematica, in quanto è facilmente comprensibile come il mancato riconoscimento di una tipologia di traccia può inficiare tutto l’apparato di indagine e fuorviare gli indirizzi intrapresi dagli investigatori. Ogni traccia deve essere etichettata in maniera utile e univoca in maniera da correlarla direttamente in futuro.

La raccolta deve essere condotta anche in modo quantitativo oltreché qualitativo, per cui è necessario e imprescindibile disporre di una quantità sufficiente di sangue o reperto qualsivoglia da consegnare poi in laboratorio. In mancanza di questa semplice condotta ogni sforzo del laboratorio sarà reso vano.

Purtroppo, non esistono degli standard sui metodi di raccolta, che differiscono da organizzazione e organizzazione nei vari Paesi del mondo, ma il buon senso suggerisce comunque di rapportarsi in maniera diretta con gli analisti in caso di situazioni dubbie e in ogni caso raccogliere sempre abbondante materiale da ogni porzione di area indagata.

Indipendentemente dal metodo utilizzato l’imperativo è quello di evitare le contaminazioni in fase di raccolta. Per evitare che ciò succeda è consigliabile seguire alcune semplici ma fondamentali raccomandazioni: usare sempre guanti nuovi e cambiarli frequentemente quando si viene a contatto con diversi tipi di traccia; usare bisturi e rasoi monouso per lo scraping delle tracce secche; usare tamponi sterili o siringhe e pipette per raccogliere qualsiasi tipo di reperto liquido, cambiando sempre il bisturi o la pipetta tra una traccia e l’altra.

(…)

FONTE:

MIRCO TURCO, GIUSEPPE LODESERTO, MARIA ROSARIA BRUSCELLA (2016). CRIME ANALYST, ASPETTI PSICOCRIMINOLOGICI E INVESTIGATIVI, PRIMICERI EDITORE, 2016.

Il volto e il Sistema FACS

Il volto è la maggiore fonte di informazione. “Esso è direttamente collegato a quelle zone del cervello che intervengono nelle emozioni … Quando nasce un’emozione, i muscoli facciali si attivano in maniera automatica. È solo per abitudine o per scelta volontaria che impariamo a impedire queste espressioni, creando un modo più o meno efficace di nasconderle. L’espressione iniziale che si affaccia in concomitanza con l’emozione non è scelta deliberatamente, a meno che sia falsa. La mimica facciale è un sistema duplice, volontario e involontario, capace di mentire e di dire la verità, spesso contemporaneamente. È per questo che le espressioni del volto possono essere così complesse, ambigue e affascinanti” (Ekman P., 1989, pag. 64).

Il volto può mostrare, oltre all’emozione che si sta provando in uno specifico momento, anche la intensità o eventuale mescolanza e commistione con altre emozioni. Se le espressioni emotive sul volto possono essere palesi, almeno quelle principali, più difficoltà incontriamo per codificare e decodificare le microespressioni. Una microespressione, infatti, “passa sul viso” in meno di un quarto di secondo.

Al pari, degne di nota sono le espressioni soffocate: non appena un’espressione emerge sul viso, il soggetto sembra accorgersi di quello che rischia di manifestare e l’interrompe bruscamente. Se non si può ordinare a un muscolo un’espressione fittizia, allora sarà difficile anche inviargli un messaggio di “stop” per bloccarlo quando un’emozione autentica lo mette in azione. La fronte è la sede principale dei movimenti muscolari più difficili da falsificare. Inoltre, il sorriso è la copertura o maschera più comune.

Gli Occhi sono un altro elemento oggetto e soggetto di osservazione. Possono palesare attenzione, serenità, sorpresa, ecc. Esistono alcuni cambiamenti prodotti dai muscoli che circondano il globo oculare e che andrebbero osservati criticamente. Questi muscoli modificano la forma delle palpebre, la quantità di iride e di bianco visibile, l’impressone generale della zona occhi. Inoltre, è relativamente facile muoverli o inibirli.

Grande attenzione andrebbe data, inoltre, alla direzione dello sguardo ma occorre intelligente cautela nel considerare il cambiamento di direzione come indicatore di verità o menzogna.

L’ammiccamento può essere eseguito volontariamente, spesso, quando la situazione è tesa, ma è anche una risposta involontaria.

Le pupille si dilatano con l’emozione (non esistono vie nervose volontarie che permettono di riprodurre tale variazione, così come pallore, sudorazione, …). Anche la luminosità incide, ovviamente, sulla dilatazione pupillare.

Possono essere considerati indicatori di inganno: l’asimmetria, la scelta di tempo, la collocazione nella conversazione.

Nell’asimmetria le stesse azioni compaiono nelle due metà del viso, ma sono più intense in una che nell’altra. Non vanno confuse con le espressioni unilaterali.

Nella mimica volontaria/involontaria, infatti, entrano in gioco circuiti nervosi differenti. Gli emisferi cerebrali dirigono i movimenti volontari del viso, non quelli involontari che sono generati dai centri inferiori, più primitivi del cervello.

Se molte espressioni del viso sono asimmetriche è probabile che non siano sentite.

Le espressioni di lunga durata (>5’’) sono probabilmente false, a meno che non si tratti di esperienze limite (culmine estasi, rabbia furiosa, depressione, …).

La durata dell’espressione di pochi secondi indica, invece, autenticità. Ad esempio, se la sorpresa è autentica, tutti i tempi (attacco, stacco e durata totale) devono essere inferiori al secondo. Se la mimica dura più a lungo, si tratta di sorpresa finta.

Una determinata espressione emotiva deve essere coerente rispetto al flusso di un discorso, inoltre, espressioni del viso non sincrone sono probabili indizi di falso.

Il senso delle espressioni del viso si capisce bene da quanto riportato e dal filone di studi di Ekman[1].

“Le nostre esperienze ancestrali non ci hanno preparato ad essere astuti cacciatori di bugie. Coloro che hanno una migliore disposizione a cogliere le menzogne avrebbero avuto ben pochi vantaggi ai tempi dei nostri antenati, nei quali la promiscuità e la società chiusa e di piccole dimensioni conferivano alla menzogna dei costi sociali e personali molto alti. Nelle moderne società industrializzate le opportunità di ingannare sono tantissime e l’intimità è una facile conquista, perché ci sono molte porte chiuse. Quando un inganno viene rivelato, le conseguenze non sono poi così disastrose, visto che è sempre possibile cambiare città, lavoro, moglie: la nostra reputazione danneggiata non ci segue. Per questa ragione viviamo in un contesto che incoraggia la menzogna, dove è possibile nascondere l’evidenza e dove la necessità di sapersi difendere dagli inganni è molto alta. Tuttavia, non siamo stati preparati dalla nostra storia evolutiva ad essere sensibili agli indizi comportamentali che potrebbero rivelare una bugia.” [2]

Come esseri umani abbiamo quindi un naturale repertorio che può essere analizzato con una certa attenzione (Turco M., Lodeserto G., 2016).

Se la probabilità di distinguere la verità da una menzogna è pari a circa il 50%, la conoscenza di tecniche e metodi di analisi verbale e non verbale, aumenta di molto la nostra probabilità di “cogliere nel segno”.

Secondo Ekman osservatori addestrati a cogliere gli indizi presenti sul volto, sono in grado di individuare l’inganno con un 70% di accuratezza, che può arrivare fino al 100% se vengono tenuti in considerazione anche la gestualità e i movimenti del corpo. Tali conoscenze possono avere applicazione pratica ai fini delle investigazioni e quindi della Sicurezza? Secondo le ricerche disponibili sarebbe possibile capire anche se una persona è pericolosa o meno affidandosi alla sola osservazione. In America, ad esempio, il sistema Transportation Security Administration (TSA) è costituita da numerosi ufficiali addestrati a cogliere comportamenti sospetti o anomali tra i passeggeri. Questi esperti sono inclusi all’interno di un programma, chiamato Screening Passengers by Observation Technique (SPOT), in cui la metodologia impiegata per l’individuazione delle persone potenzialmente rischiose è l’osservazione.

Anche in Israele esistono persone altamente specializzate che si occupano di Sicurezza “solo” tramite lo strumento dell’osservazione, “inoltre, sarebbe fattibile un’analisi delle così dette “vitality forms”, che sono espressione dinamica del nostro “stato interno” (Teoria della Mente). Ogni componente del movimento, infatti, ha un suo tempo, una forza, una direzione, uno spazio. Osservando tali componenti, l’osservatore capirebbe lo stato mentale di chi compie l’azione”[3].

[1] Si legge in Ekman:“L’investigatore sa per certo che ha piazzato una bomba in una chiesa frequentata da neri, ma non sa in quale, e l’arrestato rifiuta di rispondere alle domande. Ma la sua microespressione di gioia quando sente il nome di una chiesa che il FBI sta per perquisire rivela che quello è un indirizzo sbagliato, mentre una microespressione di rabbia al nome di un’altra chiesa suggerisce che è lì che ha piazzato l’ordigno”.

Simile procedura è in uso in medio oriente per scoprire dove sono nascosti armi o ordigni esplosivi.

[2] Il Prof. Mark Frank dirige il Dipartimento universitario di Scienze comportamentali dell’Università di Buffalo (New York), è consulente di Scotland Yard e di molte altre unità investigative internazionali, oltre a far parte dell’Unità Comportamentale del FBI.

[3] Turco M., Lodeserto G. (2016). Visual Sentiment Analysis. Nuove prospettive per la Cybersecurity. In IISFA Memberbook, pag. 103 e segg. Forlì, 2016.

Crimini e nuove Tecnologie

La protezione dei sistemi informatici è ormai oggi un grosso impegno, non solo economico, per molte aziende e pubbliche amministrazioni. I sistemi informatici gestiscono ormai miliardi di dati e quindi miliardi di segreti industriali che, ovviamente, devono essere protetti e opportunamente gestiti. Il mondo di internet ha aperto, oltre a vantaggi palesi, anche migliaia di nuove problematiche proprio legate al concetto di sicurezza aziendale. Ogni organizzazione oggi possiede (dovrebbe possedere) una vera policy di sicurezza al fine di combattere attacchi interni ed esterni (inside e outside attack).
Esistono sostanzialmente due fronti di quello che è conosciuto come computer crime: gli hacker e gli insider.
Gestire la sicurezza aziendale oggi non è compito facile proprio in virtù delle molteplici minacce e della complessità intrinseca della materia.
Da un punto di vista teorico e pratico un sistema può essere considerato sicuro quando riesce a soddisfare alcuni principi:
• confidenzialità: accesso ragionato e protetto delle informazioni;
• disponibilità: possibilità di accedere ai dati;
• integrità: considerare il dato integro.

I crimini aziendali interni (insiders) sono molto insidiosi anche perché difficilmente denunciati alle polizie, al fine di proteggere l’immagine aziendale.
Gli attacchi inside comportano:
a) un danno primario: divulgazione dati sensibili
b) un danno secondario: perdita di immagine
Tali danni comportano ovviamente problematiche finanziarie.
Alcune ricerche condotte anche a livello internazionale mostrano che i crimini inside sono sostanzialmente maggiori rispetto a quelli outside e che, paradossalmente (ma non troppo) esiste poca consapevolezza e percezione del crimine/reato informatico.
Gli autori dei crimini informatici interni sono, inoltre, difficilmente rintracciabili ed hanno conseguenze allarmanti per tutte le organizzazioni. E’ importante sottolineare che il computer altera sostanzialmente la percezione del crimine (tecno-mediazione).
Alcuni modelli di criminal profiling e le indagini relativi evidenziano che la maggioranza di crimini inside è fatta da dipendenti celibi, di sesso maschile, con un’età di circa 30 anni. Le ragioni spesso sono: difficoltà finanziarie personali o familiari, vendette, insoddisfazioni lavorative (retribuzione, clima lavorativo, …), sensazione di non essere sufficientemente apprezzato dall’azienda, disturbi psichiatrici.
Ai fini della prevenzione e della lotta a tale criminalità, oltre ai riferimenti normativi (legge sul computer crime, privacy, …) occorre operare attraverso opportune strategie di analisi dei rischi e tramite una opportuna formazione tecnica, legale e psicologica. In ogni caso, il fattore principale di rischio è sempre quello umano!

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