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La Negoziazione

La Negoziazione.

 

Quando ci troviamo a confrontarci con una persona difficile, il primo passo non è controllare il suo comportamento, ma il nostro.

La negoziazione può essere considerata come un metodo attraverso il quale le persone appianano le differenze. È un’arte, ma anche una scienza. È un’arte perché dipende dalla nostra creatività ed è una scienza perché è anche governata da tecniche e strategie.

Tali principi guida provengono dalla Squadra di negoziazione ostaggi del Dipartimento di Polizia di New York, nata nel 1973.

La negoziazione è un’attività che svolgiamo, in realtà, in diverse occasioni, da quelle più banali e quotidiane, a quelle più articolate che magari riguardano il nostro lavoro, come quando vogliamo richiedere un aumento di stipendio o un avanzamento di carriera. In ogni caso, la negoziazione dovrà essere considerata un processo attraverso il quale si raggiunge un accordo in maniera mutualmente soddisfacente. Occorre, infatti, abbandonare l’assunto superficiale che in una negoziazione occorra “vincere”. È importante, pertanto:

  • scindere le persone dal problema;
  • concentrarsi sugli interessi e non sulle posizioni;
  • generare opzioni soddisfacenti per tutte le parti.

Per negoziare bene occorre esercitare soprattutto tatto e rispetto. Tali elementi costituiscono gli strumenti principali perché ci aiuteranno ad identificare il problema e a trovare una connessione con l’altra parte. Possiamo adoperare la seguente prima schematizzazione:

  • Per risolvere un problema, occorre prima identificarlo.
  • Costruire relazioni è fondamentale nella negoziazione e la comunicazione ha una parte preponderante nel costruire relazioni.
  • Il contenuto è importante, ma dobbiamo anche fare attenzione alla componente emotiva.
  • Il rapporto comincia a svilupparsi quando la controparte comincia a sentirsi a proprio agio in nostra presenza.
  • Ovviamente, la comunicazione non è solo verbale.
  • Fate attenzione alla vostra faccia quando parlate con qualcuno, soprattutto durante una situazione critica.

Qualcuno asserisce che per negoziare bene occorre soprattutto essere degli abili oratori. In realtà, non è proprio questo il “trucco”. Se consideriamo il più elementare dei bisogni umani, comprenderemo la giusta prospettiva.

Vi è un esigenza universale dell’essere umano che è quello di capire e di essere capiti e il miglior modo per capire le persone è ascoltare. Non è un caso che il mantra della HNT (Negoziazione Presa Ostaggi) è «PARLA CON ME». Notate che non è «ascoltami», poiché vorrebbe dire che il negoziatore è l’unico a parlare.

L’ascolto è un’attività consapevole, mentre il sentire è un’attività automatica, accidentale e involontaria. La persona, infatti, decide consapevolmente di ascoltare qualcuno o meno. La regola della negoziazione è pertanto: 80% ascolto e 20% parlare. «Il trucco per fare in modo che ti trovino simpatico è semplicemente ascoltarli» sosteneva D. Carnegie e «L’inabilità dell’uomo nel comunicare deriva dalla sua incapacità di ascoltare davvero ciò che viene detto» affermava C. Rogers.

Un altro schema pragmatico in materia di negoziazione ci semplifica sicuramente le cose:

  1. Rapporto
  2. Identificare il problema
  3. Connessione
  4. Ascolto attivo

Per praticare la negoziazione occorre necessariamente avere ed implementare alcune abilità: occorre essere maturi, stabili emotivamente, occorre saper esercitare la compassione, parlare chiaramente, agire con diplomazia e possedere rapidità di pensiero.

La stabilità emotiva è un tratto personologico fondamentale per chi conduce negoziazioni. Non dobbiamo mai rispondere alla rabbia di qualcuno con la nostra rabbia e occorre considerare che ciascun negoziato è mosso sempre dalle emozioni. Occorre considerare poi che l’essere umano è un essere mosso dalle emozioni e non dalla logica! Ogni volta che i livelli emotivi sono alti e i livelli di razionalità bassi prendiamo delle pessime decisioni.

Occorre sapere che le emozioni tendono a dissiparsi naturalmente e che il ciclo vitale fisiologico di un’emozione nel corpo e nel cervello è di circa 90 secondi. Quindi, le sensazioni, l’adrenalina, il calore sul viso, la gola stretta, i battiti accelerati, compaiono, raggiungono l’apice e si dissolvono da soli in un minuto e mezzo e ciò che mantiene le emozioni attive oltre i 90 secondi sono solo le storie che ci raccontiamo.

Nella negoziazione dobbiamo, inoltre, considerare che ciò che noi pensiamo e crediamo non è necessariamente cosa condivisa e condivisibile. Ognuno di noi ha la sua mappa delmondo che non coincide necessariamente con quella altrui. Siamo chiamati, dunque, a ricordare, come precisa sempre lo stesso J. Cambria, che la nostra non è l’unica verità. Dobbiamo esplorare, discutere e capire le percezioni degli altri.

Lo schema da tener bene in mente è quindi:

  • Controllo delle emozioni
  • Niente di personale
  • Percezioni diverse
  • Pensiero unico

La negoziazione richiede del tempo. Oltre alla preparazione, il negoziatore deve essere creativo e seguire la giostra emotiva della persona in stato di crisi.

Ulteriore suggerimento è conosciuto come le 3 E e le 3 A:

  • Etica
  • Ego (sotto controllo)
  • Empatia
  • Attenzione
  • Atteggiamento
  • Aggiustamento

Occorre esercitare sempre e comunque l’empatia, poiché se ignorate le preoccupazioni normali, fisiologiche o assurde che possano essere di una persona, causerete una rottura della comunicazione. Occorre esplorare, quindi, le posizioni della controparte ed ogni problema va ascoltato e trattato con rispetto e dignità. Se non partite da tale prospettiva, rinunciate a negoziare!

Se proviamo un senso di superiorità all’apertura di un negoziato, allora abbiamo già preso una decisione, e nulla di ciò che il nostro interlocutore dirà, potrà penetrare nel nostro cervello. Fingendo di ascoltarlo, rifiuteremo di considerare i punti che sta sollevando. L’atteggiamento giudicante interrompe, infatti, la comunicazione.

L’HNT suggerisce alcuni step strategici, conosciuti con l’acronimo Morepies:

  1. Incoraggiatori minimi
  2. Domande aperte
  3. Rispecchiare
  4. Etichettatura emotiva
  5. Parafrasare
  6. Messaggio «IO»
  7. Pause efficaci
  8. Riassunto

Altri suggerimenti: non fermatevi a domande chiuse o con scelta forzata; attenzione alle domande che possono sembrare accusatorie (perché hai fatto una cosa del genere); cercate di creare pause intenzionali per esortare l’altro a parlare; il silenzio è un’arma efficace a volte; riassumete i punti discussi fino a quel momento.

La comunicazione può essere ostacolata da svariate trappole:

  • Assunti e preconcetti
  • Criticare mentalmente lo stile comunicativo dell’altro
  • Essere sovraeccitati
  • Ascoltare solo i fatti senza fare attenzione alle emozioni
  • Annotarsi tutto quanto
  • Interrompere la controparte
  • Reagire eccessivamente a certe parole
  • Sognare a occhi aperti
  • Distrarsi con cellulare o altro.

Da evitare, quindi:

  • MA : il ma nega tutto ciò che è stato detto precedentemente. Provate a mettere la parte negativa del messaggio per prima seguita da quella positiva.
  • La parola NO dovrebbe essere evitata. Il NO elimina ogni altra opzione. Evitate: no, non posso, non riesco, non voglio, …
  • Usate perché con cautela. Spesso, con un certo tono di voce, viene percepito accusatorio, soprattutto quando una persona è in situazione di crisi. Sostituiamo il «perché» con il «come» ed evitate frasi tipiche quali: “So esattamente come ti senti. Con tutto il dovuto rispetto”, …
  • Adoperate strategicamente l’umorismo. Fatelo però con cautela.
  • Non vi ponete come parte che da consigli e che giudica.

La negoziazione è, infatti, una forma di comunicazione specializzata costellata da infinite trappole. Siate sempre vigili, rimanete sintonizzati sugli altri. Fate attenzione agli atteggiamenti, alle frasi e alle parole. Fate attenzione alla vostra faccia e al tono di voce. «Potranno dimenticare cosa hai detto, ma non dimenticheranno come li hai fatti sentire.»

Il manuale di negoziazione suggerisce:

  1. Evitate di essere critici
  2. Evitate di dare consigli sulla base di esperienze personali
  3. Evitate di analizzare il soggetto
  4. Evitate di esprimere giudizi
  5. Rispettare l’autonomia delle persone
  6. Consultate sempre l’altro. L’accordo deve essere comune
  7. Mostrate gratitudine: riduce lo stress della negoziazione e rafforza una relazione
  8. Un negoziato non è uno scontro fra due parti, ma un processo in cui le parti lavorano insieme per trovare una soluzione.

Ultertiore approfondimento ci può essere fornito dall’approccio 6 P:

  1. Preparazione
  2. Pianificazione
  3. Psicologia
  4. Pratica
  5. Pazienza
  6. Persistenza

Le tecniche di negoziazione si apprendono e soprattutto devono essere praticate. Negoziare è un expertise e non solo un’esperienza. Una pratica sbagliata, infatti, ripetuta tante volte, è comunque sbagliata!

  • Negoziare significa saper ascoltare
  • Negoziare significa creare un ottimo rapport
  • Negoziare significa essere creativi

La negoziazione è soprattutto cooperazione. Negoziare significa anche «essere duro con i problemi e morbido con le persone» (Harvard University).

 

 


  • È interessante l’esempio seguente della Scuola di Negoziazione di Harvard: «Due sorelle litigavano per un’arancia. Una di loro riteneva di averne più diritto in quanto l’aveva presa per prima, invece l’altra argomentava che il diritto spettava a lei essendo la primogenita».

La madre, nel tentare una soluzione imparziale, offrì di tagliare il frutto a metà: le bambine rifiutarono fermamente e non accettarono la soluzione proposta, continuando a litigare! La nonna, che osservava attenta la scena, decise di chiedere a ognuna delle bambine perché volevano l’arancia.

La più piccola rispose che aveva sete e l’altra che voleva la buccia per preparare una torta perché aveva fame.

Così la nonna grattugiò la buccia dell’intera arancia e la offrì ad una delle nipoti, spremette la polpa dell’intera arancia e la offrì all’altra.

Come vediamo, se la soluzione fosse stata impostata sulla base delle posizioni iniziali delle bambine, le diverse possibilità sarebbero state:

  1. aggiudicare l’arancia alla sorella maggiore
  2. aggiudicare l’arancia alla sorella minore
  3. dividere l’arancia a metà

Nessuna di queste soluzioni sarebbe stata in grado di soddisfare gli interessi delle sorelle. Gli accordi negoziati si basano sulla possibilità di rinforzare gli interessi comuni, transigere gli interessi opposti e raggiungere la maggior soddisfazione possibile riguardo gli interessi differenti.

  • Noi ascoltiamo 125-250 parole al minuto. Pensiamo a 1000-3000 parole al minuto. Il 75% de tempo siamo distratti. Generalmente, dopo aver ascoltato, ricordiamo il 50% di ciò che è stato detto, ma anche meno! Un’ora dopo, ricordiamo meno del 20%.
  • Interessante l’esempio raccontato da J. Cambria in Parliamone: “Due uomini si trovano in un bar e finiscono per parlare di Green Bay, Wiisconsin.

Il primo dice: «è davvero un bel posto»

Il secondo risponde: «cosa c’è di bello in quel posto? Le uniche due cose che vengono da lì sono i Packers, la squadra di football e delle baldracche repellenti»

«… aspetta un minuto, brutto stronzo» dice l’altro. «Mia moglie viene da Green Bay»

«Davvero? In che ruolo gioca?»”

  • Si legge ancora in Parliamone: “… un uomo stava riempiendo un secchio di stelle marine che erano state sbattute sulla spiaggia dal vento. Ogni volta che il secchio si riempiva, l’uomo andava a riva e lo svuotava. Poi, ritornava a fare la stessa cosa e di nuovo a riempire il secchio.

Ma cosa fai? Chiese un passante.

Riporto le stelle marine in mare, rispose.

Perché, è una cosa di scarsa importanza ora.

L’uomo lo guardò e rispose: «è importante per le stelle marine.»


  • Il presente capitolo farà parte del testo CRIMINAL, in fase di pubblicazione. Tutti i diritti sono riservati.
  • Per una trattazione specialistica in termini di Negoziazione cfr. Parliamone. Jack Cambria, ROI Edizioni, 2019. Il testo rappresenta una testimonianza interessante e pragmatica di uno specialista della negoziazione – Squadra di negoziazione ostaggi del Dipartimento di Polizia di New York, istituita nel 1973

 

Come trattare gli altri e farseli amici

Se insegnate qualcosa a qualcuno, non l’imparerà mai. L’apprendimento è un processo attivo. Solo facendo si impara.

La gente non accetta critiche sul proprio modo di comportarsi, per quanto sbagliato possa essere. Trattando con la gente, ricordiamoci che abbiamo a che fare con creature governate non dalla logica, ma dalle passioni!

Queste premesse strategiche ci vengono fornite da D. CARNEGIE, che continua a “dispensare” consigli pratici quando occorre interagire intelligentemente con gli altri. Egli, infatti, suggerisce ancora:

Interessatevi sinceramente alle persone, Sorridete, Ricordatevi che per una persona, il suo nome è il suono più importante, Siate buoni ascoltatori, Parlate di quello che interessa agli altri, Date importanza all’altro, Non dire mai “lei ha torto”, Mostrarvi amichevoli, Vedete le cose dal punto di vista altri, Siate comprensivi, Parlate dei vostri errori prima di parlare di quelli altrui, Date agli altri l’impressione che siano stati loro ad avere l’idea giusta e poi … Il modo migliore per avere la meglio in una discussione consiste nell’evitarla.

Che cosa significa Assertività

L’assertività è la capacità di esprimere le proprie opinioni, i propri pensieri, i sentimenti, senza porsi sulla difensiva, in modo chiaro e aperto. Assertività è la capacità anche di avanzare richieste e di rifiutare, di contro, ciò che riteniamo inaccettabile.

Solitamente, dietro il fatto di essere poco assertivi, vi è il timore di un rifiuto, ovvero il NO …

L’assertività è un’abilità che concerne i rapporti interpersonali quindi,  ma può essere implementata con la pratica. Come vera e propria skill è collegata anche alle abilità persuasive, ma sopratutto alla capacità di osservazione e di ascolto.

Ascoltare è un’attività consapevole, differente dal sentire. Per ascoltare qualcuno o qualcosa occorre decidere di farlo. È l’abilità fondamentale da esercitare in qualsiasi contesto comunicativo ed è la più strategica. In pochi però sanno che, oltre ad essere direttamente connessa con l’assertività, comprende:

1.Orientamento all’ascolto

2. Capacità di concentrazione

3. Orientamento al feedback

4. Empatia

5. Capacità di programmare la comunicazione

7 punti per una Comunicazione Efficace

Comunicare è un processo complesso e articolato. Non sempre è facile intendersi con gli altri o banalmente, andare d’accordo, neanche quando conosciamo la persona o supponiamo di conoscerla! Comunicare è arte difficile e per essere efficaci occorre considerare una serie di fattori e dinamiche non solo razionali, ma anche e soprattutto inconsce. Non è un caso che, ad esempio, almeno il 90% dell’efficacia comunicativa “risieda” nel Non Verbale (mimica, pantomimica, prossemica, cinesica, cronemica).


Per essere efficaci e anche persuasivi occorre tener conto di alcuni punti fondamentali. Tali punti rappresentano una vera “scaletta” operativa e diventano, dunque, fondamentali durante un qualsiasi processo comunicativo.

1. L’attenzione: per comunicare efficacemente occorre essere, banalmente, attenti. Mi riferisco però, soprattutto, ad un’attenzione orientata, un’attenzione verso l’altro. Purtroppo siamo sbadati o poniamo poca attenzione durante la comunicazione e perdiamo parte delle informazioni, inoltre, risulteremo all’altro distratti o disinteressati. Quando parliamo con qualcuno, dobbiamo assumere una formamentis specifica: “sto parlando con la persona più importante della mia vita in questo momento”. Solo in questo modo, presteremo la giusta attenzione!

2. Ascolto attivo: stiamo impegnati, spesso, ad ascoltare noi stessi o pensiamo a programmare ciò che diremo, senza ascoltare effettivamente ciò che comunica l’altro è soprattutto come lo comunica. Occorre, in realtà, “sentire” l’altro, attraverso una predisposizione alla comprensione empatica. Per chi avesse difficoltà nell’ ascolto, consiglio un po’ di “ecolalia”, ovvero ripetizione mentale delle parole dell’altro. L’ascolto attivo è legato all’attenzione, alla capacità di programmare la comunicazione, all’empatia.


3. Assertività: capacità di comunicare concetti e stati d’animo senza remore o timori, ovviamente senza ledere l’altro. Significa esprimere ciò che pensiamo o proviamo quindi in una data situazione o momento. Sembra strano, ma occorre esercitarsi, poiché per svariate ragioni, ansie o timori, non sempre “diciamo la nostra”!

4. CNV: occorre essere competenti in ambito comunicazione non verbale e linguaggio del corpo. Il tono di voce, lo sguardo, la postura, la gestione delle distanze e dello spazio sono solo macroaree della CNV. Consiglio a tutti di perfezionare tale repertorio universale e di approfondire anche le espressioni emotive del viso. La verità, in fondo, passa sempre dal corpo!

5. PNL: programmazione neuro linguistica. È una specifica branca della comunicazione che contiene concetti e tecniche utili e strategiche. Può essere considerata anche una vera formamentis, un modo di lettura del mondo circostante. Per chi volesse approfondire, esistono tanti corsi ormai in giro …

6. Simbolismo: quando comunichiamo, oltre a gesticolare, esponiamo inconsciamente anche dei simboli. Sono simboli molto potenti e non è un caso che vengono usati anche nell’ipnosi dinamica. Attraverso l’uso e la gestione dei simboli, possiamo risultare più “attraenti” durante la conversazione o, al contrario, meno incisivi e più conflittuali. Solitamente, si parla di simbolismo Asta, Cerchio, Triangolo. Tale ambito merita un approfondimento specifico!


7. Persuasione: per essere persuasivi non basta essere motivati, ovvero mossi da uno scopo, da un obiettivo. La persuasione è un’arte raffinata che non deve “risultare”manipolazione. In realtà, la differenza, a mio avviso, è nell’etica della persona! Esistono diversi principi sul processo persuasivo, che se esercitati con armonia, risultano davvero decisivi nella comunicazione. Reciprocità, simpatia, riprova sociale, autorità, coerenza, scarsità sono i principi della persuasione. Consiglio un approfondimento con le opere di Cialdini.

Ipnosi a Distanza

Durante gli anni ’20 e ’30 il fisiologo Vasiliev, dell’Università di Leningrado, condusse svariati esperimenti, effettuando induzioni ipnotiche a distanza!
I soggetti bersaglio erano, sovente, chiusi e isolati in delle stanze schermate. Tali studi, insieme a quelli condotti presso la Duke University, ad opera di J.B. Rhine, sono tra i migliori ad avere prodotto dati convincenti.


Il libro di Vasiliev, Experiments in Mental Suggestion, pubblicato in Inghilterra nel 1963 e ripubblicato nel 2002, riassume quarant’anni di studi nel campo dell’uomo di presso l’Istituto per la Ricerca sul Cervello di Leningrado.
Le ricerche sovietiche si sono anche concentrate sull’induzione del dolore e sulle manipolazioni del comportamento a distanza. Vasiliev fornì all’occidente la prima prova che né la distanza, né la schermatura elettromagnetica, riducevano l’accuratezza o l’affidabilità del funzionamento medianico.

Le ricerche sui fenomeni in questione furono sovvenzionate dal governo sovietico intorno agli anni ’60, ma dopo il libro di Vasiliev, il chimico Dean, del Newark College of Engineering, mostrò in modo decisivo, che il sistema nervoso autonomo di soggetti in laboratorio, rispondeva direttamente ai pensieri di una persona a distanza.

William Braud, dell’Institute of Transpersonal Psychology di Palo Alto, lavorando per oltre trent’anni su tali fenomeni, afferma che molti esperimenti sono ripetibili. Inoltre, sostiene che è possibile influenzare a distanza i pensieri, le immagini, le sensazioni, i comportamenti e le attività fisiologiche di altre persone e altri organismi viventi, anche quando esistono grandi distanze!

To Be Continued …

La cosa più irresistibile al mondo

La cosa più irresistibile al mondo? Non fate strani pensieri, perché stiamo parlando, banalmente, del sorriso!

I primi studi scientifici sul sorriso risalgono all’inizio del diciannovesimo secolo, quando G. Duschenne de Boulogne, usò l’elettrodiagnostica e la stimolazione elettrica per distinguere il sorriso determinato da una vera sensazione di piacere, da quelli di altra natura. Il ricercatore analizzava le teste dei ghigliottinati e le esaminava con grande cura per individuare e classificare i muscoli responsabili di un sorriso. Un po’ ironico, certo …
Scoprì così che i muscoli coinvolti erano due: il grande zigomatico, che decorre sul lato della faccia sino all’angolo della bocca e l’orbicolare dell’occhio. Il grande zigomatico tende la bocca all’indietro e determina l’esposizione dei denti, aumentando il volume della guancia, mentre l’orbicolare dell’occhio socchiude gli occhi e causa le zampe di gallina. Il primo muscolo è volontario, poiché è controllato a livello conscio e può essere usato per i falsi sorrisi e per fingere piacere. Il secondo è involontario e rivela i veri sentimenti che inducono a sorridere con sincerità. Quindi, il primo segnale per capire se un sorriso è sincero è la presenza delle famose zampe di gallina attorno agli occhi. Il sorriso finto interessa, invece, solo le labbra.

1. Sorriso a labbra strette.
Le labbra tese formano quasi una linea retta e i denti sono nascosti. Tale sorriso comunica che la persona nasconde qualcosa, un’opinione o un atteggiamento che non intende condividere.
2. Sorriso storto.
Rivela sentimenti contrastanti. Tipico della nostra cultura, comunica spesso sarcasmo.
3. Sorriso a mandibola abbassata.
Sorriso artefatto, viene usato per ottenere reazioni piacevoli negli altri e consenso.
4. Sorriso con lo sguardo traverso.
Con la testa china, lo sguardo rivolto verso l’alto a labbra tirate, la persona appare giovanile, allegra e misteriosa. Risveglia negli uomini sentimenti paterni e protettivi. Era uno dei sorrisi tipici della principessa Diana.

Curiosità
Il riso disarma e disinnesca le reazioni di fuga che una situazione di minaccia produce. Abbassa la concentrazione di adrenalina e la tensione arteriosa. Il riso acquieta l’angoscia e libera i neurotrasmettitori del piacere. Quanto più invecchiamo, tanto più seri diventiamo nei confronti della vita. Un adulto ride in media quindici volte al giorno, un bambino in età prescolare, in media quattrocento! Solo il 15% delle risate è attribuibile a scherzi o barzellette. Esso è maggiormente legato ai rapporti interpersonali. Negli incontri, le donne sorridono per l’87% del tempo, gli uomini per il 67%. Gli studi dimostrano che le donne ridono alle battute di un uomo quando ne sono attratte e che gli uomini sono attratti dalle donne che ridono alle loro battute!

Ma quanto dura un sorriso autentico?

In ambito scientifico (valutazione tramite sistema FACS) si afferma che un sorriso non può durare meno di 0,5 secondi e non deve essere statico. In ogni caso, non dovrebbe superare i 4 secondi. Se la durata aumenta, infatti, il sorriso viene considerato “sociale” o di circostanza.

 

6 modi di bere il caffè che raccontano qualcosa di te

6 modi di bere il caffè che raccontano qualcosa di te.

Il caffè è la bevanda più consumata al mondo dopo l’acqua. La pausa caffè è sempre cosa sperata ed è anche raccomandabile. Il caffè fa bene, inoltre, alla salute! Ma la domanda principale è: come bevi e gusti il tuo caffè?

1. Bevete il caffè a piccoli sorsi, scrutandone il fondo.

Probabilmente, siete delle persone fataliste. La giornata che si prospetta è identica alla precedente e sarà uguale alla successiva. Ogni tanto, concedervi qualche slancio!

2. Bevete velocemente il caffè, tutto d’un fiato.

Siete dei drogati del lavoro. Pronti ad iniziare una nuova giornata in forma smagliante. Ogni tanto, però, chiedetevi se state correndo o scappando!

3. Girate il cucchiaino guardandovi intorno, lasciate raffreddare il caffè e poi lo bevete con una smorfia di amarezza.

Siete tendenzialmente negligenti e anche un po’ paranoici. Respirate lentamente e la prossima volta, aggiungete altro zucchero!

4. Sollevate la tazzina del caffè mantenendo la curvatura del pollice e dell’indice, allungando il mignolo.

La polemica è il vostro campo di battaglia, così come il giudizio. Per voi le cose sono giuste o sbagliate. Allenatevi un po’ alla flessibilità!

5. Dimenticate di togliere il cucchiaino nella tazzina, che si infila sistematicamente nel vostro occhio.

Goffaggine generalizzata. Avete sempre la testa tra le nuvole e mille pensieri. Ci vuole un po’ di metodo!

6. Bevete il caffè alternando le mani.

La cosa è inconsueta. Forse, come voi. Probabilmente, avete anche qualche disturbo dell’umore cui non prestate mai molta attenzione!

 

Cammelli, arance e Gestione del Conflitto

L’ESSENZA DELLA GESTIONE DEL CONFLITTO

Tempo fa, in un piccolo villaggio del Medio Oriente, un uomo lasciò in eredità ai suoi tre figli 17 cammelli: al primo figlio lasciò la metà dei suoi cammelli, al secondo un terzo dei cammelli e al più giovane un nono dei cammelli.
Però 17 non si divide per due, né per tre o per nove!
Il sangue dei fratelli cominciò a ribollire, ma prima di commettere atti sconsiderati e irreparabili come quello di segare un cammello in più parti, i tre chiesero consiglio all’anziano saggio del villaggio.

Secondo te che cosa propose il vecchio saggio?

«Non so come aiutarvi, ma se volete posso prestarvi il mio cammello». Così ebbero 18 cammelli.
Il primo figlio se ne prese la metà (9)
Il secondo un terzo (6)
Il figlio più giovane prese il nono (2)
Tot: 9+6+2= 17
Avanzò un cammello, che restituirono al vecchio saggio!

Questo piccolo dilemma (Scuola di Negoziazione di Harvard) è un classico esempio di Gestione del Conflitto.
Per risolvere i conflitti occorre lavorare sulla struttura profonda della problematica, una struttura fatta di interessi e motivazioni delle persone. Non è sufficiente, né consigliabile fermarsi alla struttura superficiale, fatta solo di posizione assunte dalle parti.

Un altro esempio.
«Due sorelle litigavano per un’arancia. Una di loro riteneva di averne più diritto in quanto l’aveva presa per prima, invece l’altra argomentava che il diritto spettava a lei essendo la primogenita».
La madre, nel tentare una soluzione imparziale, offrì di tagliare il frutto a metà: le bambine rifiutarono fermamente e non accettarono la soluzione proposta, continuando a litigare!
La nonna, che osservava attenta la scena, decise di chiedere a ognuna delle bambine perché volevano l’arancia.
La più piccola rispose che aveva sete e l’altra che voleva la buccia per preparare una torta poichè aveva fame.
Così la nonna grattugiò la buccia dell’intera arancia e la offrì ad una delle nipoti, spremette la polpa dell’intera arancia e la offrì all’altra.
Come vediamo, se la soluzione fosse stata impostata sulla base delle posizioni iniziali delle bambine, le diverse possibilità sarebbero state:

1. aggiudicare l’arancia alla sorella maggiore
2. aggiudicare l’arancia alla sorella minore
3. dividere l’arancia a metà

Nessuna di queste soluzioni sarebbe stata in grado di soddisfare gli interessi delle sorelle.
Gli accordi negoziati si basano, quindi, sulla possibilità di rinforzare gli interessi comuni, transigere gli interessi opposti e raggiungere la maggior soddisfazione possibile riguardo gli interessi differenti.
Nel nostro esempio, gli interessi delle sorelle sono allo stesso tempo comuni (l’arancia) e differenti (una voleva la spremuta e l’altra una torta).

La risoluzione dei conflitti è legata anche alla creatività e alla capacità di uscire fuori dagli schemi.

 

Il dizionario della Comunicazione Non Verbale

Il Dizionario della Comunicazione Non Verbale

L’antropologo Birdwhistell, tra i primi studiosi della comunicazione non verbale, ha stimato che una persona pronuncia parole per dieci, undici minuti al giorno e che una frase media richiede circa 2,5 secondi per essere detta. Ha inoltre calcolato che l’uomo è in grado di fare e riconoscere circa 250 mila espressioni facciali!
La componente verbale della comunicazione è inferiore al 35% e più del 65% è invece rappresentato dalla componente non verbale. Il linguaggio del corpo contribuisce sino al 80% circa all’impatto di un incontro e le famose prime impressioni ed opinioni sull’altro, vengono elaborate nei primi 4 minuti!

Per quanto non si voglia accettare, siamo esseri animali governati anche da regole biologiche che controllano linguaggio corporeo e gestualità. Le nostre posture, i nostri micromovimenti, i gesti, sono indicativi di uno specifico stato d’animo, indipendentemente da ciò che diremo con le parole. Sarà sempre il corpo a dire la Verità!
A volte, istintivamente, o “a pelle”, cogliamo discordanze tra le parole pronunciate da una persona i suoi gesti. In altri casi, saremo noi stessi ad essere molto percettivi e ad accorgerci che c’è qualcosa che non va nel nostro ascoltatore. Ciò si verifica quando, ad esempio, parliamo ad un gruppo o in pubblico. Si parla, in tal caso, di “audience awareness”.


Da alcune ricerche condotte alla Harvard University emerge che le donne sono più inclini a valutare il linguaggio del corpo. Inoltre, le donne con figli, sembrano avere maggiore abilità. Nei primissimi anni, infatti, una mamma si affida molto ai segnali non verbali per comunicare con il proprio bambino. L’abilità femminile nella comunicazione e nella valutazione sarebbe suffragata anche da alcune indagini condotte mediante risonanza magnetica. Rispetto ad un uomo, una donna avrebbe a disposizione circa quindici aree cerebrali preposte a tali funzioni rispetto alle circa sei maschili.
Nel linguaggio del corpo esistono segnali innati, altri culturalmente appresi. I bambini sordi e ciechi sorridono ugualmente ed altre espressioni emotive sono universali, sia in Italia, sia in Nuova Guinea. Il gesto di scuotere la testa, ad esempio, indica una “negazione” nella stragrande maggioranza del globo e probabilmente ha le sue origini nel fatto che il bambino sazio non desidera più il latte dal seno materno e scuote la testa …
Alzare le spalle sembra essere un altro gesto universale, scaturito dall’esigenza di proteggere la gola da eventuali attacchi. Affiancato ai palmi delle mani aperti, che indicano che non si nasconde nulla in mano e alla fronte corrugata, significherà sottomissione! Questo è solo uno dei tantissimi esempi del nostro naturale repertorio.

check aziendale mirco turco psicologo
Nella lettura dei messaggi del corpo, però, bisognerebbe rispettare tre regole auree. Cadere in errori o in vere allucinazioni, è infatti cosa frequente.
Numero 1: occorre leggere i segnali del corpo nel loro insieme. Grattarsi la testa può significare incertezza ma anche problema di forfora!
Numero 2: attenzione alla coerenza. I segnali non verbali hanno un impatto cinque volte maggiore rispetto al verbale. Se il messaggio verbale e non verbale non coincidono, ci baseremo soprattutto sul non verbale. Se parlando del mio matrimonio dico che è splendido ma mi sfrego ripetutamente la fede, infilandola e sfilandola dal dito … non apparirò coerente e non ci vuole neanche Freud per comprendere che forse, in realtà, ho qualche problemino!
Numero 3: l’importanza del contesto. Non siamo nulla senza un contesto! Se ho le braccia incrociate e anche le gambe potrei apparire chiuso e sulle difensive ma magari, sono fuori, al freddo e sto solo cercando di riscaldarmi!

Sbagliarsi, quindi, è molto facile, così come diventare paranoici … Occorre considerare diversi aspetti nella comunicazione non verbale e soprattutto necessitiamo di tanto allenamento. Di fatto, esiste un grande repertorio, un vero enorme dizionario che può essere a disposizione di tutti.

Le armi della persuasione

Esistono delle armi persuasive? Quanto siamo influenzabili?
Se vogliamo rendere più cordiale con noi una persona, sarebbe sufficiente metterle in mano una bevanda calda! Se vogliamo che i nostri dipendenti si impegnino di più, sarebbe utile mettere una foto di un podista che taglia il traguardo e se vogliamo che valutino seriamente una nostra proposta, mostriamo loro la foto del Pensatore di Rodin!

Per quanto vi possa sembrare strano, siamo facilmente influenzabili e la nostra cara razionalità, in realtà, conta ben poco …
Diversi anni fa, un ricercatore universitario inviò dei bigliettini di auguri a sconosciuti durante il periodo natalizio. Per quanto si potesse aspettare un minimo di risposte, scoprì, con sua sorpresa, che la maggioranza di queste persone contraccambiò gli auguri!
Intorno agli anni ’90, l’Etiopia, forse tra i Paesi più poveri al mondo, inviò sorprendentemente aiuti al Messico che aveva vissuto un tragico terremoto. Molti altri Stati si meravigliarono, compresi personaggi politici, ma ben pochi si ricordarono che il Messico aveva aiutato l’Etiopia nel 1935 dopo l’invasione dell’Italia.
Questi primi esempi, ci espongono chiaramente il concetto della “reciprocità”, ovvero, che solitamente, ci sentiamo di contraccambiare l’altro. Tale principio della persuasione, ben conosciuto nella comunicazione pubblicitaria, nel commercio in generale e nella politica, è così radicato che già a due anni influenza il nostro comportamento. Ricevere cose ci fa sentire in debito è non è un caso che in molte lingue sia diventato sinonimo di “grazie” (obbligato). Non c’è società umana che oggi non condivida questa regola!


La persuasione aumenta se il nostro “regalo” è significativo, inatteso e personalizzato. Abu Jandal, ex capo delle guardie del corpo di Bin Laden, cedette completamente agli interrogatori, quando ricevette dei biscotti per diabetici: un chiaro esempio di dono o favore inatteso, significativo e personalizzato.
Un’altra arma persuasiva è la “simpatia”. Se viene associata con l’abilità di sottolineare le somiglianze e fare complimenti, si creano le migliori condizioni per far dire di si! Camerieri istruiti nell’imitare lo stile verbale dei clienti ricevono mance doppie; commessi che adottano posture simili a quelle della clientela, aumentano le vendite e negoziatori che adeguano il loro stile linguistico a quello della controparte, ottengono esiti più favorevoli.

Le persone, di norma, ritengono adeguato credere, sentire o fare qualcosa nella misura in cui altri lo credono, lo sentono o lo fanno! Se sappiamo che molte altre persone, simili a noi, rispondono in un certo modo, quella risposta ci sembra più valida e quindi più giusta. Questo principio, detto “riprova sociale”, è un altro pilastro della persuasione e ci dice, di fatto, che il nostro comportamento può uniformarsi a quello della massa.
Avete mai notato un vasetto di monetine vuoto al bar? Probabilmente no. Vedere monetine mentre prendiamo un caffè, ci spingerà a capire che è consuetudine in quel posto, lasciare gli spiccioli!


La persuasione aumenta se il comunicatore è autorevole o persona “esperta” ma chiaramente, devono trapelare anche caratteristiche di affidabilità e onestà. Legate al fattore autorità, si intrecciano anche l’aspetto e la bellezza, sebbene tenderemo a negarne gli effetti!
Come persone, vogliamo avere di più proprio quello di cui c’è meno! L’avversione all’idea di perdere qualcosa che vale è tipicità umana, inoltre, la scarsità di un bene ne aumenta anche il valore apparente. Le varie offerte commerciali, le promozioni, rispondono a tale principio di “scarsità”.

Infine, desiderano ardentemente la “coerenza”. Il marketing e il commercio conoscono bene anche tale principio. Ci piace essere coerenti, quasi sempre, con i nostri impegni, dichiarazioni fatte, posizioni prese.
Siamo influenzabili? Direi proprio di si! In fondo, siamo profondamente delle creature mosse dalle passioni e la supposta razionalità, di cui tanto parliamo, viene spesso violata.

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