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La telefonata di Stasi ai Soccorsi nel caso “Garlasco”

La chiamata di Stasi ai soccorsi è stata considerata incoerente e incongruente, ma di fatto, non sono stati applicati criteri o tecniche specifiche di indagine. A tal proposito, abbiamo cercato di utilizzare alcune tecniche derivanti da studi e applicazioni scientifiche in materia di verità e menzogna. Abbiamo così proceduto ad una vera analisi comparativa e ne è risultato che …

 

1. Immediatezza e chiarezza

  • Richiesta rapida: Stasi inizia subito con “Mi serve un’ambulanza in via Giovanni Pascoli a Garlasco”, un’espressione diretta, seppur impersonale.

  • Indicazioni approssimative: il civico sbagliato (dice 29 anziché 8), aggiungendo “mi sembra” e “non ne sono sicuro” — segnali di mancanza di accuratezza.

  • Modalità immediata, ma non urgente: non c’è alcuna pressione su “dobbiamo sbrigarci!”, livello di urgenza moderato – un elemento che può risultare sospetto nel contesto di uno shock reale.

2. Voce, ritmo e interazione

  • Pausa e esitazione: più “Eh”, pause dopo il saluto, riflessioni visibili – segnali di pensiero cosciente, ma inusuali se si trova in pieno shock.

  • Modulazione emotiva: la voce ha oscillazioni, respiro affannoso e tono “quasi tremante” inizialmente, coerente con reazione emotiva.

  • Linguaggio “distaccato”: non c’è spazio a parolacce o interiezioni forti—tipici in situazioni di violenta agitazione.

    3. Accuratezza e autocorrezioni

  • Incertezza sul civico (“mi sembra il 29, non ne sono sicuro”): indica possibile autocritica (accuratezza), ma qui appare come un’efficace scusa per schermarsi.

  • Non sono presenti vere autocorrezioni, ma l’incertezza persistente sul numero evidenzia non tanto spontaneità, quanto probabile travisamento.

    4. Distanza emotiva e linguaggio impersonale

  • Una persona”: primo riferimento generico, solo successivamente rivela che si tratta della fidanzata “la mia fidanzata” – un segnale di distacco empatico.
  • Nessun invito a intervenire attivamente: pur riferendo che “forse è viva”, non chiede di tentare soccorsi immediati, né richiede manovre salvavita — atipico in caso di shock grave.

  • Linguaggio controllato, senza emozione eccessiva (“forse è viva”, “credo…”), poca minimizzazione aggressiva ma anche nessuna urgenza netta.

5. Evasione o omissioni

  • Omesso riferimento al nome della vittima fino a sollecitazione: tipico di chi non ha un legame realistico sulla scena.

  • Cambia contesto prima di rispondere: prima di dire “c’è sangue dappertutto”, dichiara “adesso sono andato dai carabinieri”; secondo Turco, è uno spostamento che evita rispondere direttamente alla domanda.

  • Contraddizioni temporali: l’audio registra che Stasi era già fuori dalla casa, mentre comunica di trovarsi ancora vicino – un potenziale segnale di manipolazione della dinamica reale.

Confronto con i “criteri di Turco”

Criterio Presenza nella chiamata Stasi?
Immediatezza → sì Inizio diretto richiesta ambulanza
Accuratezza/autocorrezioni Incerta accuratezza del civico, ma nessuna vera correzione spontanea
Distanza emotiva Linguaggio impersonale, nessun nome iniziale
Estraneità/informazioni superflue Nessuna info inutile, ma mancano dettagli pratici essenziali
Evasione/contraddizioni Evasioni (“adesso sono dai cc”), contraddizioni su posizione

Conclusione

Secondo l’analisi basata sui criteri di Turco, la telefonata di Stasi presenta segnali preoccupanti per la veridicità:

  1. Uso di un linguaggio impersonale e distaccato (“una persona”);

  2. Mancata richiesta di intervento attivo o pressione di urgenza;

  3. Esitazioni e omissioni su particolari cruciali (nome, condizioni vittima);

  4. Contraddizioni e spostamenti per evitare rispondere precisamente alla domanda dell’operatore.

Tutti questi fattori convergono verso il fatto che il racconto sembra più costruito o manipolato, e meno riconducibile a uno stato di sincero shock o emergenza percepita, secondo le categorie individuate.

Abbiamo poi analizzato il tutto secondo altri criteri di altre Tecniche.

1. SCAN (Scientific Content Analysis)

Il metodo SCAN si concentra sulla forma del linguaggio usato, rilevando incongruenze tra forma e contenuto. Ecco alcuni indicatori chiave e come si applicano alla chiamata di Stasi:

A. Uso del pronome “io”

  • Stasi evita spesso “io”, usando forme impersonali: “Mi serve un’ambulanza”, “una persona è…”, “mi sembra il 29”.
  • SCAN considera la rimozione del pronome come segnale di distacco emotivo o tentativo di depersonalizzazione dell’evento.

B. Linguaggio passivo o impersonale

  • Una persona è caduta ed è piena di sangue” → forma passiva.
  • In SCAN questo viene interpretato come possibile tentativo di non attribuire responsabilità, nascondendo l’agente dell’azione.

C. Mancanza di enfasi o sorpresa

  • Frasi piatte e neutre anche dopo la scoperta della presunta fidanzata morta: “mi sembra che sia morta” → nessun uso di esclamazioni, interiezioni o emotività spontanea, che in SCAN rappresenterebbero sincerità.

D. Ordine narrativo

  • L’ordine dei fatti nella telefonata non segue una narrazione logica e spontanea (come: scoperta → reazione → richiesta d’aiuto), ma è frammentato e parziale, elemento sospetto secondo SCAN.

E. Dettagli non richiesti / assenti

  • Nessuna informazione su stato fisico della vittima, tentativi di rianimazione, o relazione emotiva con la vittima (a meno che non venga chiesto).

    Conclusione SCAN: la chiamata mostra marcati segnali di distacco, evasività e non autenticità emozionale. Secondo SCAN, questo alza bandiere rosse sulla veridicità dell’esperienza vissuta così come è stata raccontata!

2. CBCA (Criteria-Based Content Analysis)

Il metodo CBCA è usato per valutare la credibilità dei racconti tramite 19+ criteri. Non tutti sono applicabili a una breve telefonata.

Criteri positivi (presenti nei racconti autentici)

Criterio Presente? Osservazione
Struttura logica

Frammentaria, confusa
Dettagli non centrali

Nessun dettaglio spontaneo
Riproduzione del dialogo

Nessuna menzione di frasi dette/scambiate
Complicazioni impreviste

Nessun ostacolo narrativo o dilemma etico
Descrizioni personali

Mai parla di sé o dei propri sentimenti
Ammissione di mancanze

Nessuna incertezza autentica, solo sul civico
Emozioni espresse

Nessuna emozione spontanea verbalizzata

Indicatori negativi (sospetti nei racconti falsi)

Criterio Presente? Osservazione
Stereotipia

Linguaggio stereotipato da “chiamata tipo”
Poca personalizzazione

una persona” – evita nome, evita rapporto diretto
Elusività

Evita il luogo preciso, evita dettagli visivi

Conclusione CBCA: il racconto manca di quasi tutti i criteri positivi legati a un’esperienza vissuta autentica (dettagli, emozioni, spontaneità), mentre mostra tratti linguistici tipici di narrazioni costruite o preparate.

CONCLUSIONI FINALI (Turco + SCAN + CBCA)

Metodo Esito
Turco Indicatori multipli di distacco, manipolazione e omissione
SCAN Presenza di linguaggio passivo, distacco emotivo, ordine anomalo
CBCA Assenza di criteri di realtà, presenza di segnali stereotipici

In sintesi: L’analisi comparata suggerisce che la telefonata non presenta le caratteristiche linguistiche, psicologiche e narrative tipiche di una chiamata autentica da parte di un soggetto realmente sotto shock. I tre metodi convergono nel sollevare forti dubbi sulla spontaneità e sincerità del contenuto.

CONFRONTO TRA CHIAMATE AUTENTICHE E SOSPETTE.

1. Immediatezza e tono emotivo

Chiamate autentiche:

  • È comune sentirsi ansiosi o agitati, parlare a ritmo incalzante o interrotto, con esclamazioni e urgenza, come nell’esempio del padre svenuto “ma quanto ci mettete a rispondere?” o conversazioni con istruzioni sul massaggio cardiaco.

    Chiamata di Stasi:

  • Comincia in modo relativamente piatto e controllato: “Mi serve un’ambulanza…”, manca emotività, ne esclamazioni urgenti.

  • L’assenza di istruzioni urgenti, rassicurazioni o reazioni ansiose contrasta con modelli reali.

2. Linguaggio e uso del pronome

Autentico:

  • Si usano spesso “io” e “mio/mia”, come in “mi serve urgentemente”, oppure si condividono dettagli personali (“sto tenendo mio padre in braccio”)

Stasi:

  • Predilige frasi impersonali: “una persona”, “lei”, “mi serve un’ambulanza”.
  • Usa poco il pronome “io” o il legame emotivo (“mia fidanzata” solo dopo sollecito), importanza di SCAN e Turco su distacco emotivo.

3. Dettagli spontanei e ordine narrativo

Autentiche:

  • Forniscono dettagli fisiologici (respirazione, coscienza, condizioni fisiche).
  • Narrazione spesso lineare e complessa: cosa è successo, che cosa si sta facendo, contesto (“mia moglie non respira da due minuti”).

Stasi:

  • Nulla su respirazione, battito, tentativi di rianimazione.
  • Ordine narrativo disorganico: civico → “forse è viva” → all’improvviso “sono dai carabinieri” → “c’è sangue dappertutto”.

4. Personalizzazione e immediatezza emotiva

Autentiche:

  • Si usano nomi, legami (“mia mamma”, “mio marito”).
  • Spesso si esprimono paure, preoccupazioni, e si interagisce emotivamente con l’operatore.

Stasi:

  • Sostegno emotivo economico: “lei” → solo successivamente “la mia fidanzata”.
  • Usa tono neutro, senza pianto, rabbia, ansia o suppliche.

Confronto riassuntivo

Aspetto Telefonata autentica Chiamata Stasi
Urgenza emotiva Alta – esclamazioni, panico Bassa – tono controllato
Uso del pronome “io” Frequente – “ho mia madre” Rarissimo – frasi impersonali
Dettagli clinici/fisici Presenti – respiro, coscienza Assenti
Ordine narrativo Coerente e spontaneo Frammentato, con cambi improvvisi
Espressione di emozione Evidente (pianto, paura, indignazione) Mancante, tono neutro

Conclusione

Rispetto a telefonate autentiche riportate (urgenti, emotive, piene di dettagli fisici e personali), quella di Stasi appare artificiale, controllata, distante.

L’assenza di urgenza autentica, di linguaggio emotivo, di dettagli clinici e l’ordine narrativo spezzettato confermano ciò che i modelli Turco, SCAN e CBCA suggerivano: forti indizi di non autenticità.

 

RIFERIMENTI ESSENZIALI

MacLaurin, Brent E. (2009)
Scientific Content Analysis (SCAN): A Look at the Truthfulness of Statements.
Canadian Society of Forensic Science Journal, Vol. 42, No. 1, pp. 1–15.

Sapir, Avinoam (2005)
The L.S.I. (Laboratory for Scientific Interrogation) Manual for the SCAN Technique.
L.S.I. Publishing, Phoenix, Arizona.

Steller, Max & Köhnken, Georg (1989)
Criteria-Based Content Analysis.
In: Raskin, D.C. (Ed.),
Psychological Methods in Criminal Investigation and Evidence.
Springer, New York, pp. 217–245.

Turco, Mirco (2016)
Crime Analyst. Manuale operativo per l’analisi del comportamento criminale.
Socint Press. ISBN: 978-88-98554-20-4

Turco, Mirco (2023)
Indicatori di menzogna vs verità durante una conversazione telefonica di emergenza.
Socint Training, Modulo Formativo Specialistico.

Turco, Mirco (2024)
La Valutazione delle Informazioni. Verità, menzogna, credibilità, dubbio, sospetto durante la comunicazione telefonica di emergenza.
Socint Press, Collana Ricerche. ISBN: 979-12-80111-51-7; DOI: 10.36182/2024.01

Vrij, Aldert (2008)
Detecting Lies and Deceit: Pitfalls and Opportunities.
2ª ed., Wiley-Blackwell. ISBN: 978-0-470-68100-2

Vrij, A., Akehurst, L., Soukara, S., Bull, R. (2002)
Will the Truth Come Out? The Effect of Motivation on CBCA Scores.
Law and Human Behavior, 26(3), pp. 261–283.

Erasmus+ KA2 Project
One Minute May Save a Life PROJECT (Italia, Romania, Inghilterra, Cipro)

 

La Valutazione delle Informazioni

Da sempre l’uomo è stato ossessionato dalla ricerca spasmodica della verità che, nel tempo, si è trasformata progressivamente e – più o meno –inconsciamente in una ricerca della menzogna. Da metodi ortodossi a tecnologie illusorie, valutare la credibilità di una persona è un’attività “cara” all’intelligence, così come comprovare alcune dichiarazioni o informazioni. Il processo di analisi investigativa non è automatico e le variabili da considerare sono alquanto articolate nelle sue molteplici dimensioni: emotive, cognitive, sociali, temporali e spirituali. Le cose si complicano ulteriormente quanto le informazioni e, più in generale, la comunicazione vengono mediati dallo strumento più diffuso, consueto del nostro quotidiano: il telefono. Come realizzare una valutazione in caso di telefonate di emergenza in cui la comunicazione tra gli interlocutori non avviene di persona, quindi senza la possibilità di guardarsi in volto? Come cogliere segnali rivelatori di menzogna? Quando e perché una conversazione telefonica può risultare “sospetta” nel suo contenuto informativo?

Leggi l’intero lavoro su … Catalogo | Società Italiana di Intelligence (socint.org)

Alla ricerca della Verità …

Alla ricerca della verità, o forse della menzogna! Intervento del Dott. Mirco Turco

Secondo una versione alquanto complicata e giocosa della vita, il linguaggio sarebbe stato inventatoin modo da dare la possibilità alla gente di nascondersi reciprocamente ciò che pensa veramente! È alquanto certo, allora, che occorra molta cautela nel considerare le parole, le frasi, i discorsi di noi esseri umani, tra l’altro, senza scomodare ugualmente O.

 

29 principi sulla Leadership e sulla Vita

Ti lascio, di seguito, alcune “lezioni di vita” e anche di leadership degli ALL BLACKS. Quando gli All Blacks praticano la HAKA, interiormente gli avversari sanno di trovarsi di fronte a qualcosa di più di un gruppo di giocatori. Si trovano a fronteggiare una cultura, un’identità, un ethos, un sistema di valori e una passione e uno scopo collettivi che vanno oltre qualsiasi cosa abbiano mai affrontato. Spesso, mentre la haka raggiunge il suo apice, la squadra avversaria ha già perso …

  1. Per essere un leader di successo occorre saper bilanciare orgoglio e umiltà
  2. Per vincere la prima volta occorre talento, ma per vincere la seconda occorre carattere.

  3. La sfida è migliorarsi sempre, prendendosi cura di se stessi in primis.
  4. Performance = Capacità + Comportamento
  5. I leader creano l’ambiente giusto per far risaltare i comportamenti giusti.
  6. È importante far crescere i dipendenti e il gruppo.
  7. Nessuno conosce tutte le risposte … quindi, ponete domande! Porre domande consente di mettere in discussione lo status quo, aiuta a porsi in linea con i valori fondamentali ed è un catalizzatore per il miglioramento individuale.

  8. Un efficace cambiamento organizzativo richiede alcune fasi fondamentali: Un motivo per cambiare. Una visione convincente sul futuro. Una capacità di cambiare. Un piano credibile da eseguire.

  9. Mirate al miglioramento continuo (kaizen)

  10. Applica il Ciclo decisionale OODA: Osserva- Orienta- Decidi -Agisci
  11. L’importanza di uno scopo: più motivi hai per giocare, meglio giochi … Lo scopo è il collante di qualsiasi gruppo e il gruppo deve comprendere il Perché.

  12. I leader non dovrebbero creare seguaci, ma altri leader.
  13. Ogni membro del gruppo deve sentirsi come la pedina più importante.
  14. I leader devono incoraggiare l’iniziativa individuale, creando un clima di fiducia e comprensione.

  15. Sii il meglio che puoi essere.
  16. Il successo è un processo fatto di apprendimento cumulativo e di miglioramento incrementale. Realizza una tua mappa giornaliera di auto-miglioramento.

  17. Guadagni marginali: 100 cose fatte meglio per l’1% portano all’accumulo di un vantaggio competitivo!

  18. Le cose che ti circondano ti stanno portando al successo o ti stanno frenando? La bravura sta nel sapere che cosa eliminare (decisione).

  19. Crea legami solidi.

  20. La comunicazione è l’elemento più importante per poter lavorare insieme.
  21. Create una squadra che è capace di trascorrere del tempo insieme, parlandosi con franchezza. Questo processo di unione crea fiducia e la fiducia è il vero capitale sociale.

  22. Onestà=Integrità=Autenticità=Resilienza=Performance

  23. Se siamo autentici abbiamo autorevolezza e siamo padroni della nostra storia
  24. La formula del successo: 1. ogni mattina compila una lista delle cose che vanno fatte in quel giorno. 2. Falle.

  25. Non basta essere bravi, bisogna essere eccezionali.
  26. I leader sono narratori e hanno storie accattivanti. Ciò aiuta le persone a capire per cosa lottano e perché.

  27. La vera rivoluzione inizia sempre dal linguaggio. Le parole innescano rivoluzioni.

  28. I rituali sono fondamentali per rinforzare il collante emotivo «Aprire un prodotto Apple è un rito, così come rimuovere un sigillo di un sigaro Montecristo» I rituali rendono reali e tangibili i valori, li fanno diventare concreti, li attualizzano. Neil Armstrong faceva l’occhiolino ogni volta che osservava la luna …

  29. Sii un buon antenato: pianta alberi che non vedrai mai!

 

Cosa comunica il viso di Mario Draghi?

COSA COMUNICA IL VISO DI MARIO DRAGHI?

La mimica è una parte della comunicazione non verbale molto importante e strategica per decodificare le emozioni di una persona. Tra l’altro, rappresenta quella più valida e attendibile, poiché riscontriamo emozioni che sono universali e che di fatto, non mutano a seconda dei fattori culturali.

Sorridere, ridere, manifestare la propria felicità e la gioia rappresenta un repertorio comunicativo spesso persuasivo, in grado di influenzare l’altro, le dinamiche e i comportamenti.

Ma cosa comunica il viso di Mario Draghi?

Prima di continuare a leggere le mie riflessioni, annotate su un foglio cosa vi trasmette istintivamente. Dedicate qualche minuto a questo simpatico esercizio.

L’emozione è una reazione ad uno stimolo, esogeno o endogeno, che provoca alcuni cambiamenti: ad un livello fisiologico con cambiamenti fisici veri e propri, come l’alterazione del battito cardiaco o della pressione arteriosa; ad un livello comportamentale con il cambiamento delle espressioni facciali, della postura, del tono di voce e a livello psicologico in cui vi è una comprensione soggettiva del proprio stato emotivo.

CODIFICA E DECODIFICA:

il sorriso è autentico quando:

1. riscontriamo le “zampe di gallina” al lato degli occhi

2. gli occhi sono sgranati e si nota meglio la sclera (parte bianca)

3. le labbra sono sufficientemente aperte e si vedono i denti

4. si riscontra la simmetria

In termini più scientifici il sorriso detto Duchenne ha delle caratteristiche singolari. È generato da emozioni positive e dall’allegria che si trasmettono mediante una combinazione di diversi muscoli.

Un sorriso ha origine dalla contrazione dei muscoli zigomatico maggiore e zigomatico minore vicino alla bocca, i quali sollevano a loro volta l’angolo del labbro. Nello stesso tempo si formano anche delle piccole rughe attorno agli occhi, perché si contraggono sia le guance che il muscolo orbicolare (vicino agli occhi).

Nel viso del personaggio in questione di evidenzia in primis un’assenza di tutti i parametri di un sorriso autentico. Di fatto il sorriso è “stretto” e in particolare si nota una certa asimmetria.

Significato dell’Asimmetria:

emozioni inautentiche o comunque controllate a causa di una lateralizzazione degli emisferi (le due parti del cervello controllano i muscoli della parte opposta del corpo). L’asimmetria nelle espressioni facciali resta un chiaro segnale di menzogna ed è un segno di falsificazione. L’asimmetria è associata frequentemente con un’imitazione intenzionale del sorriso.

Importanza del Lato del viso.

– lato sx del viso: emozione provata.

– lato dx: manifestazione mostrata socialmente.

Direzione delle labbra.

– labbra verso il basso sul lato sx (quindi, Unità di un’emozione provata): emozione negativa (probabile rifiuto)

– labbra verso l’alto sul lato dx (quindi, Unità di un’emozione mostrata volutamente): emozione positiva (felicità)

Potremmo affermare che il personaggio in questione mostra un sorriso sociale, non autentico, di circostanza, ma che in realtà non sta provando emozioni affatto positive. Considerando il contesto comunicativo, ovvero quello politico, la cosa magari non ci sorprende … Facciamo comunque attenzione! Per procedere ad un’analisi scientifica corretta, occorre analizzare le espressioni facciali durante la comunicazione, confrontando verbale, mimica e il resto del non verbale. Il fine è identificare coerenza comunicativa o incoerenza. Inoltre va considerata anche la baseline del soggetto in esame.

Soft Skills e Valore Umano

Le soft skills sono competenze trasversali molto richieste negli scenari moderni del lavoro e delle organizzazioni. Possono essere considerate delle abilità che contraddistinguono un individuo e che, di fatto, fanno la differenza! Se una competenza tecnica è ben dimostrabile attraverso un titolo o un percorso specialistico, le soft skills si riferiscono maggiormente al reale Valore Umano. Rappresentano, inoltre, l’insieme di competenze personali, sociali e metodologiche. Motivazione, resilienza, autostima e autoefficacia; capacità comunicative, empatia, capacità di lavorare in gruppo; capacità di analisi, problem solving, gestione dello stress sono esempi di soft skills.

Per facilitare la “crescita personale” e lo sviluppo professionale e in armonia con le diverse richieste odierne in materia di formazione, ho realizzato ” SOFT SKILLS E VALORE UMANO”, un’opera chiara e pragmatica per tutti che affronta in modo dettagliato alcune di queste competenze ritenute strategiche.

L’ebook è scaricabile GRATIS per gli abbonati Amazon kindle o a soli 2,99 euro.

 

L’efficacia comunicativa nella Criminologia e nell’Investigazione

La comunicazione è un processo complesso e diventa uno strumento strategico in alcuni contesti particolari, quali quello criminologico e investigativo. Una formazione adeguata in comunicazione diventa una tappa fondamentale per ogni esperto, che sia poliziotto, avvocato, investigatore, tecnico forense.

Essere efficaci significa, in primis, ottenere “un risultato” e nella criminologia e nell’investigazione tale risultato potrebbe essere: un’informazione chiave, una testimonianza, una collaborazione, … Per essere efficaci non basta però conoscere il proprio mestiere. Conosco molti professionisti che, per quanto bravi, peccano ad esempio di empatia, di ascolto, di attenzione o magari non riescono a gestire il silenzio. Tali fattori, in verità, assumono il peso principale durante una qualsiasi indagine. Per utilizzare strategicamente la comunicazione occorre essere dotati di una buona intelligenza emotiva e relazionale; cosa non scontata …

Un processo comunicativo efficace dovrebbe partire sempre e comunque da un aspetto banale, l’attenzione,  che rappresenta, al contempo, il primo gradino di una piramide di 10 scalini:

  1. L’attenzione. Siamo distratti e facilmente distraibili, soprattutto nella comunicazione. La nostra soglia d’attenzione è molto bassa e spesso cadiamo in fraintendimenti. Occorre essere “centrati” sulla persona con cui stiamo conversando.
  2. L’ascolto. Ascoltare è un’attività consapevole. Dobbiamo decidere di ascoltare che è diverso dal sentire. Ascoltare è un atto volontario ed è così importante che il motto della famosa Unità di Negoziazione in caso di Presa di Ostaggi di New York è proprio “PARLA CON ME”. Significa, banalmente, che tu parli ed io ascolto …
  3. Il Rispecchiamento. Il mirroring diventa strategico, soprattutto nelle prima fasi di una conversazione. Significa “imitare” intelligentemente l’altro nel modo di esporsi, negli atteggiamenti, nella comunicazione non verbale. Il mirroring è un’attività complessa e delicata e rappresenta una “danza” dell’intero processo con l’altro.
  4.  La Prossemica. Dimentichiamo di essere  animali e la gestione delle distanze durante la comunicazione, a volte, fa la differenza. Conoscere la prossemica e gestirla anche a seconda delle persone con cui ci rapportiamo e a seconda del contesto, diventa tappa obbligata.
  5. L’Assertività. Esprimere il proprio punto di vista, la nostra opinione, le nostre emozioni è un’abilità umana rilevante. L’assertività deve essere però praticata strategicamente e diventa uno strumento efficace per ottenere ciò che desideriamo.
  6. La Persuasione. Essere persuasivi non significa “avere carattere”, come spesso qualcuno intende. Esistono delle “regole” precise per esercitare la persuasione. Alcune di queste regole sono insite nella natura umana, ma vanno esplicitate e rese consapevoli, in modo da poterle utilizzare con successo.
  7. La Comunicazione Non Verbale. Esiste un vocabolario complesso, un “universo parallelo” della comunicazione e conoscerlo e saperlo gestire è fondamentale. Occorre però fare molta attenzione anche al contesto culturale e alla personalità.
  8. La Cronemica. In pochi sanno che il tempo influisce sulla comunicazione. Chiaramente, non in senso atmosferico! Il tempo è una variabile “strana”, che è influenzata anche dalla cultura, ma non solo. Comprendere il senso del tempo durante una conversazione è un’altra tappa importante.
  9. Il Simbolismo. Gli atti comunicativi hanno un “senso” simbolico ed un impatto forte sulle persone. Conoscere e gestire strategicamente i simboli che trasferiamo con il nostro atteggiamento e i gesti è un’arte profonda e delicata, ma di grande efficacia.
  10. Lo Stress Management. Comunicare è un’attività stressante e comunicare in contesti peculiari, quali quello criminologico e investigativo, lo è ancora di più. Conoscere lo stress, le fasi dello stress e saperlo gestire è quanto mai auspicabile.

Oltre a questi 10 punti strategici per comunicare efficacemente, nel contesto criminologico e investigativo è anche molto importante conoscere e utilizzare le strategie di negoziazione. Anche la negoziazione è un’arte che richiede impegno, studio e applicazione.

 

 

 

dimmi come cammini e ti dirò chi sei mirco turco

Self Talk e Prestazioni Sportive

“Parliamo, parliamo e non ci intendiamo mai” diceva Luigi Pirandello. La comunicazione è un’arte sicuramente complessa ed articolata. Ma cosa accade quando “parliamo con noi stessi”? Cosa ci raccontiamo? Utilizziamo termini positivi, potenzianti o etichette negative e sprezzanti?

Una delle caratteristiche umane universali è quella di “parlare con se stessi” ed è un’attività che effettuiamo, più volte al giorno, in modo più o meno consapevole. Se dovessimo indagare, ad esempio, sul tono di questa vocina interna, avremmo già alcune difficoltà e comunque, dovremmo concentrarci meglio per scoprirlo. In effetti, la vocina interna che contraddistingue questo nostro dialogo non è sempre la stessa e soprattutto, non dice sempre cose positive!

In generale, una parte dei nostri pensieri si traduce in linguaggio ed è altrettanto vero che lo stesso modo di comunicare e il contenuto di tale comunicazione possono influenzare il nostro pensiero. In molti contesti, da quello privato a quello lavorativo, sino a quello sportivo dovremmo essere consapevoli che esiste un’intelligenza diversa dalle altre e che ha un peso fondamentale nella nostra esistenza: l’intelligenza linguistica. In ambio sportivo, l’intelligenza linguistica può essere considerata anche come l’abilità dell’atleta di utilizzare un dialogo positivo con se stesso. Cosa significa?

Esistono svariate esperienze, anche personali, che dimostrano che il dialogo che rivolgiamo a noi stessi spesso si traduce in prestazioni disfunzionali o scarsi risultati. Esempi: “ … sarà impossibile raggiungerlo …”; “ … non riuscirò mai …”; “… mi sento troppo ansioso …”; … Questo primo esempio di comunicazione negativa con noi stessi determina un inevitabile insuccesso. E’ come se dicessimo che la profezia si auto-avvera. In un certo senso, la mente è letterale.

Un tipo di self-talk negativo, oltre a determinare un risultato negativo, compromette il raggiungimento degli obiettivi, decrementa l’attenzione e fa implementare la focalizzazione su stimoli irrilevanti o distraenti che, di conseguenza, generano anche preoccupazioni eccessive, stress, alterazioni dell’umore, confusione, panico. Un corretto self-talk è essenziale, dunque, nella preparazione di un qualsiasi atleta.

Ripetere a se stessi frasi positive, incoraggiamenti, brevi istruzioni, parole stimolo, ancoraggi, costituisce il nucleo centrale della tecnica del self-talk. Apparentemente semplice, la tecnica richiede un certo allenamento, costante e istruzioni precise. Il supporto di uno psicologo esperto diventa così fondamentale.

Occorre fare attenzione al tipo di comunicazione con noi stessi soprattutto quanto utilizziamo alcune frasi. Dire “non devo distrarmi” è differente dal dire “devo concentrarmi”. Il non dovrebbe essere, infatti, evitato. Il cervello lo elabora lentamente e prima di poter negare un pensiero, la mente stesse deve priva visualizzare tale pensiero. Provare per credere: “non immaginare un grosso elefante grigio con un canarino giallo sulla proboscide” …

dimmi come cammini e ti dirò chi sei mirco turco

La tecnica del self-talk è utile per l’acquisizione di nuove abilità e per il miglioramento delle performance già sperimentate. Istruzioni semplici darebbero maggiori benefici per compiti sportivi caratterizzati da precisione e tecnica, mentre incoraggiamenti e frasi motivanti porterebbero miglioramenti se applicati su compiti che richiedono forza o resistenza.

Alcuni studi evidenziano che il self-talk è efficace sulla prestazione sportiva perché implementa la capacità attentiva dell’atleta. Egli, cioè, si concentrerebbe maggiormente verso stimoli positivi orientandosi maggiormente su parti essenziali dell’allenamento e della gara. Di conseguenza, vengono attivate le risorse giuste e indicate per condurre una ottimale prestazione sportiva.

Banalmente o meno banalmente, il dialogo interno positivo influenza anche l’autostima, la sicurezza e la self-efficacy (auto-efficacia). A parità di condizioni e caratteristiche, l’atleta che dialoga internamente con se stesso in modo positivo sarà più efficace. Questo, in realtà, accade anche in altri contesti. Il self-talk risulterebbe utile, di conseguenza, per ridurre l’ansia e per implementare reazioni emotive positive.

Che tipo di frasi strutturare? Alcune evidenze suggeriscono di utilizzare un linguaggio in seconda persona soprattutto per frasi brevi e concise. Suggerimenti più lunghi e affermazioni più articolate dovrebbero essere pronunciate in prima persona. Il linguaggio in seconda persona verrebbe maggiormente percepito con un senso di maggiore autorità e importanza.

Il self-talk svolge, dunque, due funzioni fondamentali: quella cognitiva e quella motivazionale. Da alcune ricerche, emerge che gli atleti utilizzano maggiormente un self-talk motivazionale, soprattutto per focalizzare meglio il compito e l’obiettivo, per aumentare l’autostima, per implementare la prontezza mentale e per gestire situazioni di maggior stress, difficoltose o dolorose.

In un interessante schema si evidenzia come il self-talk cognitivo venga usato soprattutto per sviluppare nuove abilità. Quello motivazionale, invece, soprattutto, per implementare la focalizzazione.

 

La tecnica del self-talk, quì illustrata brevemente, è solo una delle tante possibili applicazioni concernenti la psicologia applicata allo sport. Ad oggi, esiste un bagaglio ricco e articolato di conoscenze e competenze in materia che diventano essenziali e strategiche nel mondo sportivo odierno e utili ad ogni età.

 

 

Riferimenti:

 Hardy, K. Gammage, C. Hall. (2001). A descriptive study of athlete Self-Talk. The Sport Psychology, 2001.

Hatzigeorgiadis, Y. Theodorakis. (2009). Mechanisms underlying the self talk – performance relationship. Psy of Sport & Exercise, 2009.

Mirco Turco. (2013). Che cos’è la psicologia dello sport. Unione Italiana Sport per Tutti, Lecce.

Mirco Turco (2016). Che cos’è il Self Talk. Unione Italiana Sport per Tutti, Lecce.

Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.

Comunicazione Non Verbale: un Dizionario davvero speciale.

La conoscenza della comunicazione non verbale può fornire un utile supporto al processo comunicativo, indipendentemente dal contesto. Essere percettivi significa essere capaci di individuare le contraddizioni tra il linguaggio orale e il linguaggio del corpo. Significa, al contempo, scovare le incoerenze e perché no, anche la menzogna. Sovente, si parla di Audience awareness.

Alcune regole di fondo andrebbero però sempre rispettate:

  1. Leggete i gesti nell’insieme.
  1. Attenzione alla coerenza.
  2. Leggere i gesti nel contesto.

Immaginate di aprire la porta del bagno di una casa che state visitando e di scoprire una donna nuda nella vasca: come reagirà alla vostra presenza?

Una donna britannica o americana si coprirebbe il seno con una mano e i genitali con l’altra; una svedese solo i genitali; una musulmana il volto, una di Sumatra le ginocchia e una della Samoa l’ombelico!

Durante un processo comunicativo occorre considerare anche alcuni fenomeni particolari che, sovente, possono essere un vantaggio/svantaggio. Almeno l’80% delle opinioni sull’altro, infatti, si formano durante i primi 4 minuti di conversazione. L’efficacia della comunicazione, inoltre, è ripartita tra il 55% dei movimenti del corpo, in primis espressioni facciali, il 38% vocale, ovvero volume, tono e ritmo e il restante 7% verbale. Tale ripartizione costituisce una verità assodata da tempo.

La mimica è sicuramente una parte importante nella CNV e non riguarda solo le espressioni del viso e le emozioni universali. Una parte della mimica si occupa, ad esempio, solo degli occhi e dello sguardo (pupillometria). La pupilla si dilata non solo a seconda della quantità della luce, ma anche a seconda dello stato emotivo.

Lo stesso Hess ha scoperto, ad esempio, che le pupille degli uomini e delle donne eterosessuali si dilatano quando vedono, rispettivamente, modelle o modelli e si contraggono quando notano una persona dello stesso sesso. Inoltre, l’aumento della dilatazione pupillare è correlato positivamente ad una attività di problem solving e che risulta massimo quando la persona giunge alla soluzione. Neonati e bambini hanno pupille più dilatate ed esse si dilatano maggiormente in presenza di un adulto, per risultare molto gradevoli e quindi per avere più attenzioni.

Lo sguardo risulta “rivelatore” grazie alla sclera e l’uomo è l’unico primato che la possiede. Essa è un vero ausilio comunicativo e consente di capire in quale direzione guardiamo, oltre ad essere correlata con lo stato emozionale. La donna possiede una sclera più grande e ciò potrebbe giustificare la maggior predisposizione femminile nel cogliere i sentimenti, rispetto all’uomo.

Un altro indicatore è l’occhiata a distanza. Un’occhiata a distanza è un atto usato sin dall’antichità come espressione di un saluto. È un gesto universale, tra l’altro, riscontrato anche nelle scimmie! L’unica cultura che non usa tale tipo di saluto è quella giapponese. Un’occhiata a distanza significherebbe: “riconosco la tua presenza e non rappresento una minaccia”.

Un altro “gesto” comune che si può notare è il battito delle palpebre.

È un altro segnale da tenere sotto controllo. Mediamente, battiamo le palpebre circa 8 volte al minuto e i nostri occhi rimangono chiusi per un decimo di secondo. Aumenteremo il battito quando ci sentiamo sotto pressione o anche quando diciamo una bugia. Inoltre, prolungare il battito palpebrale rappresenta un modo inconscio di escludere qualcuno davanti a noi, magari perché ci annoiamo o perché non di nostro gradimento!

Lo sguardo può essere utilizzato in tanti modi differenti. Se, ad esempio, desideriamo uno sguardo “ipnotico” e desideriamo anche “intimorire” qualcuno, ci converrà guardare al centro della fronte, tra gli occhi. Invece, guardare tra gli occhi e le labbra, durante una conversazione, può comportare un certo disagio nell’estraneo, a meno che non desideriamo creare intimità o comunicare intenzioni “romantiche”!

Tra gli altri atti non verbali distinguiamo:

 

Emblemi, ovvero atti non verbali condivisi da membri di un dato gruppo, cultura, classe:

  • Possono prendere il posto delle parole.
  • Sono consapevoli e intenzionali.
  • Sono elaborati dalle stesse aree cerebrali in cui viene prodotto il linguaggio.

 

Illustratori, collegati al discorso che si sta facendo:

  • Bacchette: accentuano ed enfatizzano.
  • Movimenti ideografici, che indicano la direzione del pensiero (es. muovere la mano davanti alla fronte per indicare uno stordimento).
  • Movimenti deittici: segnalano qualcosa o qualcuno (es. puntare il dito su persona o su un oggetto del nostro discorso).
  • Movimenti spaziali: descrivono una relazione spaziali.
  • Pantomime: indicano un’azione (es. portare le mani avanti per dire che abbiamo respinto qualcuno)
  • Movimenti pittografici: delineano la sagoma (es. quando descriviamo una persona in forma o sovrappeso).

Affect-display, movimenti dei muscoli facciali e corporei associati alle emozioni primarie.

Regolatori, gesti che mantengono e regolano l’alternarsi dei turni della conversazione:

  • Sono appresi in modo inconscio.
  • Segnali evidenti e meno evidenti (es. piede, gamba dx, sx).

Adattatori, utilizzati per soddisfare bisogni fisici o psichici (originariamente).

  • togliere un filo dalla giacca dell’interlocutore, pulirsi un lato della bocca, allontanare all’improvviso un bicchiere.
  • Gestione inconscia.

Il contatto fisico.

Il contatto fisico, durante un’interazione è fondamentale, sebbene sia fortemente influenzato dalla cultura di riferimento e dall’educazione. Gli uomini, percentualmente, utilizzano maggiormente il tatto rispetto alle donne, anche se si registrano numerose differenze a seconda dello status.

Secondo alcuni studi, la comunicazione tattile aumenterebbe la collaborazione, inoltre, creerebbe maggiore attivazione emotiva, empatia, sincerità, senso di appartenenza. Toccare lievemente uno sconosciuto creerebbe un legame minimo che predispone favorevolmente quest’ultimo verso di noi.

L’utilizzo strategico del tatto aumenterebbe il fascino, il tratto di dominanza, la determinazione e l’empatia.

La mano comunica molto. Gesticolare con il palmo verso l’alto, ad esempio, verrebbe codificato come un gesto non minaccioso. Il palmo verso il basso viene considerato, invece, come gesto autoritario. Attenzione anche al “dito puntato” mentre si gesticola.

La stretta di mano si è evoluta come segno per suggellare un accordo commerciale. Nell’antica Roma si usava la stretta all’avambraccio. Oggi, la stretta di mano è comune in tutto il mondo, anche in Giappone (inchino) e Thailandia (gesto preghiera). Si può distinguere, inoltre: la stretta del controllo, attraverso una presa al gomito, al braccio e alla spalla. Se non esiste un legame personale o emozionale con l’altra parte, usate solo la stretta di mano! Più è alta la stretta, sino alla spalla appunto, più la persona desidera controllare l’altro.

Nella comunicazione non verbale occorre fare molta attenzione ad altre variabili:

  • La personalità del soggetto.
  • L’ambiente in cui si svolge l’interazione.
  • Le circostanze dell’interazione.
  • La relazione con l’interlocutore.
  • Il clima emotivo dell’interazione.

Inoltre, sono molto importanti altri segnali: segnali d’ansia, di autoconforto, distraenti, fuga, fastidio, perplessità.

Segnali d’ansia:

  • Stropicciarsi le dita
  • Tremolio delle mani
  • Perdita del controllo della motilità fine
  • Sentire il bisogno di poggiarsi a qualcosa

Autoconforto:

  • Accarezzarsi
  • Abbracciare se stessi
  • Tenere stretto a se un oggetto
  • Accarezzamento di un lobo
  • Afferrare una mano con l’altra
  • Intrecciare le dita
  • Annodare i capelli

Distraenti e fuga:

  • Aggiustare gli accessori
  • Portare il sedere sul bordo della sedia
  • Orientare le gambe in direzione differente da quella del tronco
  • Avvolgere le gambe intorno alla sedia
  • Cambiare spesso posizione da seduti
  • Pestarci i piedi
  • Sollevare i talloni

Fastidio, perplessità:

  • Sfregarsi il naso
  • Sollevare la punta del naso
  • Grattarsi il naso
  • Togliersi qualcosa nella zona lacrimale
  • Spingere gli occhiali verso l’alto
  • Sollevare un sopracciglio con un dito
  • Grattarsi la fronte
  • Grattarsi la nuca
  • Grattarsi lo zigomo o la zona davanti all’orecchio
  • Spingere con il dito sotto il labbro inferiore
  • Togliersi ipotetiche briciole dall’angolo della bocca
  • Spingere la lingua contro le guance
  • Mordicchiare il labbro
  • Grattarsi con il dito o con una penna sotto il mento
  • Scalciare con la gamba accavallata è un modo per allontanare qualcosa
  • Sollevare il piede in segno di Stop
  • Portare un piede sotto la sedia

Possiamo identificare anche i gesti e le posture minacciose, come ad esempio:

  • Rimboccarsi le maniche
  • Tenere i pugni sui fianchi
  • Esibire simboli fallici
  • Stringere i pugni

Esistono, ancora, tantissimi segnali relazionali: Grooming: es. togliere un pelucchio di dosso all’altro, aggiustare il colletto, … Giocherellare con gli oggetti dell’altro. Comportamento speculare. Sincronia interattiva. Guardarsi le mani o le unghie è indice di noia. Appoggiare la testa sul pugno è un segnale relazionale di rifiuto.

Interessante anche la gestualità proveniente dalle braccia. Incrociare le braccia sembra in gesto innato. Le scimmie e gli scimpanzè lo usano quando temono in attacco. Alcuni studi evidenziano che quando ascoltiamo qualcuno e abbiamo le braccia incrociate, il nostro livello di apprendimento può drasticamente ridursi, inoltre, formuleremo giudizi più negativi sull’interlocutore. Se parlate ed incrociate le braccia, la vostra credibilità può ridursi sensibilmente. Anche in questo caso, forniamo un piccolo vocabolario:

  • Braccia al petto: nessuna intenzione di aprirsi né di lasciarsi avvicinare.
  • Braccia conserte e pugno chiuso: ostilità.
  • Braccia chiuse e presa delle braccia con le mani: insicurezza.
  • Braccia chiuse con pollici verso l’alto: chiusura ma stima di sé.
  • Tenersi un braccio mentre si sta in piedi, in situazioni di P.S. denota insicurezza, imbarazzo.
  • Negli uomini, si vede molto la posizione della «zip rotta». In tal caso, la persona teme degli attacchi frontali! A quanto pare, Hitler lo faceva per un senso di inadeguatezza sessuale!

Gestualità delle mani.

La mano umana ha 27 ossa ed è stato dimostrato che il cervello ha delle connessioni nervose con le mani come per ogni altra parte del corpo. I gesti con le mani ci rivelano anche informazioni sullo stato emozionale dell’altro. Gesticolare con le mani è un fatto culturale ma aiuta anche a comunicare e ricordare.

  • Sfregare i palmi: aspettative allettanti.
  • Le mani giunte: atteggiamento controllato.
  • Mani giunte in posizione centrale, quando seduti: chiusura, frustrazione.
  • Mani giunte a guglia: sicuro di avere le risposte giuste.
  • Mani giunte in posizione di preghiera: autocompiacimento, arroganza.
  • Appoggiare la testa sulle mani giunte: guardami!
  • Camminare con le mani dietro la schiena: posizione di potere, superiorità, sicurezza. Se provate questa posizione in situazioni di stress, potreste sentirvi più sicuri.
  • Mani dietro con presa del polso: frustrazione, autocontrollo. Più alta è la mano che afferra il braccio opposto, più frustrato e infuriato è il soggetto.

Gestualità con le gambe:

Battere o dondolare il piede denota il tentativo del cervello di scappare da un’esperienza. P. Ekman ha rilevato che le persone che mentono controllano poco la parte inferiore del corpo! Le punte dei piedi, sovente, indicano la direzione che preferiamo o «dove vogliamo andare». Mentre braccia e gambe incrociate, quando siamo in piedi, denotano spesso incertezza. Le gambe possono essere incrociate in modalità “europea” o femminile o in modalità a “quattro americano”, più maschile. Quest’ultimo modo denota anche un atteggiamento competitivo, dominante e polemico. Occorre considerare anche altre sottigliezze. Ad esempio, una persona che sta decidendo ha solitamente i piedi appoggiati a terra, mentre se incrocia le caviglie, potrebbe significare che si sta trattenendo (sentimento negativo, di incertezza, paura, …).

Come si desume, abbiamo quindi un vocabolario molto speciale e articolato. Indipendentemente dal contesto comunicativo e dalle persone, cercate sempre e comunque di affinare l’osservazione e di concentrarvi sul non verbale. Tra le parole e i gesti, affidatevi maggiormente a questi ultimi.

 

Il volto e il Sistema FACS

Il volto è la maggiore fonte di informazione. “Esso è direttamente collegato a quelle zone del cervello che intervengono nelle emozioni … Quando nasce un’emozione, i muscoli facciali si attivano in maniera automatica. È solo per abitudine o per scelta volontaria che impariamo a impedire queste espressioni, creando un modo più o meno efficace di nasconderle. L’espressione iniziale che si affaccia in concomitanza con l’emozione non è scelta deliberatamente, a meno che sia falsa. La mimica facciale è un sistema duplice, volontario e involontario, capace di mentire e di dire la verità, spesso contemporaneamente. È per questo che le espressioni del volto possono essere così complesse, ambigue e affascinanti” (Ekman P., 1989, pag. 64).

Il volto può mostrare, oltre all’emozione che si sta provando in uno specifico momento, anche la intensità o eventuale mescolanza e commistione con altre emozioni. Se le espressioni emotive sul volto possono essere palesi, almeno quelle principali, più difficoltà incontriamo per codificare e decodificare le microespressioni. Una microespressione, infatti, “passa sul viso” in meno di un quarto di secondo.

Al pari, degne di nota sono le espressioni soffocate: non appena un’espressione emerge sul viso, il soggetto sembra accorgersi di quello che rischia di manifestare e l’interrompe bruscamente. Se non si può ordinare a un muscolo un’espressione fittizia, allora sarà difficile anche inviargli un messaggio di “stop” per bloccarlo quando un’emozione autentica lo mette in azione. La fronte è la sede principale dei movimenti muscolari più difficili da falsificare. Inoltre, il sorriso è la copertura o maschera più comune.

Gli Occhi sono un altro elemento oggetto e soggetto di osservazione. Possono palesare attenzione, serenità, sorpresa, ecc. Esistono alcuni cambiamenti prodotti dai muscoli che circondano il globo oculare e che andrebbero osservati criticamente. Questi muscoli modificano la forma delle palpebre, la quantità di iride e di bianco visibile, l’impressone generale della zona occhi. Inoltre, è relativamente facile muoverli o inibirli.

Grande attenzione andrebbe data, inoltre, alla direzione dello sguardo ma occorre intelligente cautela nel considerare il cambiamento di direzione come indicatore di verità o menzogna.

L’ammiccamento può essere eseguito volontariamente, spesso, quando la situazione è tesa, ma è anche una risposta involontaria.

Le pupille si dilatano con l’emozione (non esistono vie nervose volontarie che permettono di riprodurre tale variazione, così come pallore, sudorazione, …). Anche la luminosità incide, ovviamente, sulla dilatazione pupillare.

Possono essere considerati indicatori di inganno: l’asimmetria, la scelta di tempo, la collocazione nella conversazione.

Nell’asimmetria le stesse azioni compaiono nelle due metà del viso, ma sono più intense in una che nell’altra. Non vanno confuse con le espressioni unilaterali.

Nella mimica volontaria/involontaria, infatti, entrano in gioco circuiti nervosi differenti. Gli emisferi cerebrali dirigono i movimenti volontari del viso, non quelli involontari che sono generati dai centri inferiori, più primitivi del cervello.

Se molte espressioni del viso sono asimmetriche è probabile che non siano sentite.

Le espressioni di lunga durata (>5’’) sono probabilmente false, a meno che non si tratti di esperienze limite (culmine estasi, rabbia furiosa, depressione, …).

La durata dell’espressione di pochi secondi indica, invece, autenticità. Ad esempio, se la sorpresa è autentica, tutti i tempi (attacco, stacco e durata totale) devono essere inferiori al secondo. Se la mimica dura più a lungo, si tratta di sorpresa finta.

Una determinata espressione emotiva deve essere coerente rispetto al flusso di un discorso, inoltre, espressioni del viso non sincrone sono probabili indizi di falso.

Il senso delle espressioni del viso si capisce bene da quanto riportato e dal filone di studi di Ekman[1].

“Le nostre esperienze ancestrali non ci hanno preparato ad essere astuti cacciatori di bugie. Coloro che hanno una migliore disposizione a cogliere le menzogne avrebbero avuto ben pochi vantaggi ai tempi dei nostri antenati, nei quali la promiscuità e la società chiusa e di piccole dimensioni conferivano alla menzogna dei costi sociali e personali molto alti. Nelle moderne società industrializzate le opportunità di ingannare sono tantissime e l’intimità è una facile conquista, perché ci sono molte porte chiuse. Quando un inganno viene rivelato, le conseguenze non sono poi così disastrose, visto che è sempre possibile cambiare città, lavoro, moglie: la nostra reputazione danneggiata non ci segue. Per questa ragione viviamo in un contesto che incoraggia la menzogna, dove è possibile nascondere l’evidenza e dove la necessità di sapersi difendere dagli inganni è molto alta. Tuttavia, non siamo stati preparati dalla nostra storia evolutiva ad essere sensibili agli indizi comportamentali che potrebbero rivelare una bugia.” [2]

Come esseri umani abbiamo quindi un naturale repertorio che può essere analizzato con una certa attenzione (Turco M., Lodeserto G., 2016).

Se la probabilità di distinguere la verità da una menzogna è pari a circa il 50%, la conoscenza di tecniche e metodi di analisi verbale e non verbale, aumenta di molto la nostra probabilità di “cogliere nel segno”.

Secondo Ekman osservatori addestrati a cogliere gli indizi presenti sul volto, sono in grado di individuare l’inganno con un 70% di accuratezza, che può arrivare fino al 100% se vengono tenuti in considerazione anche la gestualità e i movimenti del corpo. Tali conoscenze possono avere applicazione pratica ai fini delle investigazioni e quindi della Sicurezza? Secondo le ricerche disponibili sarebbe possibile capire anche se una persona è pericolosa o meno affidandosi alla sola osservazione. In America, ad esempio, il sistema Transportation Security Administration (TSA) è costituita da numerosi ufficiali addestrati a cogliere comportamenti sospetti o anomali tra i passeggeri. Questi esperti sono inclusi all’interno di un programma, chiamato Screening Passengers by Observation Technique (SPOT), in cui la metodologia impiegata per l’individuazione delle persone potenzialmente rischiose è l’osservazione.

Anche in Israele esistono persone altamente specializzate che si occupano di Sicurezza “solo” tramite lo strumento dell’osservazione, “inoltre, sarebbe fattibile un’analisi delle così dette “vitality forms”, che sono espressione dinamica del nostro “stato interno” (Teoria della Mente). Ogni componente del movimento, infatti, ha un suo tempo, una forza, una direzione, uno spazio. Osservando tali componenti, l’osservatore capirebbe lo stato mentale di chi compie l’azione”[3].

[1] Si legge in Ekman:“L’investigatore sa per certo che ha piazzato una bomba in una chiesa frequentata da neri, ma non sa in quale, e l’arrestato rifiuta di rispondere alle domande. Ma la sua microespressione di gioia quando sente il nome di una chiesa che il FBI sta per perquisire rivela che quello è un indirizzo sbagliato, mentre una microespressione di rabbia al nome di un’altra chiesa suggerisce che è lì che ha piazzato l’ordigno”.

Simile procedura è in uso in medio oriente per scoprire dove sono nascosti armi o ordigni esplosivi.

[2] Il Prof. Mark Frank dirige il Dipartimento universitario di Scienze comportamentali dell’Università di Buffalo (New York), è consulente di Scotland Yard e di molte altre unità investigative internazionali, oltre a far parte dell’Unità Comportamentale del FBI.

[3] Turco M., Lodeserto G. (2016). Visual Sentiment Analysis. Nuove prospettive per la Cybersecurity. In IISFA Memberbook, pag. 103 e segg. Forlì, 2016.

La telefonata di Stasi ai Soccorsi nel caso “Garlasco”

La chiamata di Stasi ai soccorsi è stata considerata incoerente e incongruente, ma di fatto, non sono stati applicati criteri …