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Ipnosi: c’è chi la chiama ancora magia.

IPNOSI: C’è chi la chiama ancora MAGIA!

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Sembrerà strano ma la gente la chiama ancora magia! Mi riferisco a quello stato naturale in cui, per svariate ragioni e in più momenti della giornata “cadiamo” spontaneamente. Parlo dell’IPNOSI.

Nel 2015, l’Istituto Nazionale della Salute e della Ricerca Medica francese ha pubblicato un rapporto “evidence based” sull’efficacia clinica della pratica ipnotica in ambito medico e terapeutico. Il rapporto, in oltre duecento pagine, si riferisce ai risultati di svariati studi sistematici e meta-analisi, confermando l’efficacia terapeutica dell’ipnosi nel contesto pre-operatorio, nell’ipnosedazione, nel dolore cronico, nell’ansia, nella sindrome da intestino irritabile e in altri ambiti clinici. Inoltre, sottolinea l’assenza di rischi collaterali. Se non fosse abbastanza, si ha una significativa riduzione del consumo di farmaci analgesici e sedativi (fonte: Brainfactor).

Su questo, uno studio-ricerca condotto da me nel 2012 a Lecce, in materia di microchirurgia oculistica (2012. “Phacoemulsification in hypnotic analgesia”. XVI KMSG International Congress – Nice – Hotel Nice Plaza, sabato 16 giugno 2012 nella sessione Cataract surgery & IOLs, Nice) già ne dava evidenze e conferme!
Gli effetti dell’ipnosi sono confermati anche dalle moderne tecniche di imaging che hanno appurato variazioni dell’attività di alcune regioni cerebrali nei soggetti ipnotizzati. Quindi, l’ipnosi ha “prove biologiche”!
Anche il giornale Le Monde titolava: “L’ipnosi permette di ridurre il consumo di farmaci analgesici e sedativi” e ulteriori evidenze ci vengono fornite da rapporti sistematici delll’Université de Bourgogne.

I francesi hanno fatto però anche altro. Hanno messo a punto un applicativo di ipnosi medica attraverso la Realtà Virtuale, funzionate con comuni visori. Dopo due anni di ricerca e sviluppo, il medico anestesiologo Denis Graff, di Rhéna-Clinique de Strasbourg, insieme alla collega Chloé Chauvin e all’esperto di nuove tecnologie Nicholas Schattel, ha realizzato un prodotto destinato ad abbattere costi e “danni collaterali” dei metodi tradizionali di anestesia a cui vengono sottoposti i pazienti in chirurgia.
Il dispositivo, denominato Hypno VR immergerebbe il paziente in un ambiente “strutturato”, con stimoli sonori e visivi ipnotici: musiche, testi, immagini e voci si alternano e si sovrappongono per portare la persona nello stato di ipnosi desiderato, in funzione del tipo di intervento che deve essere eseguito. Questa tecnologia permetterebbe la stimolazione dei sensi del paziente e la focalizzazione dell’attenzione. Creerebbe, inoltre, disorientamento dello spazio e del tempo, in modo da creare una progressiva modificazione di coscienza. In tal modo, la percezione del dolore tende a scomparire. Si parla, dunque, di vera e propria rivoluzione per la clinica.

Paura Ipnosi Mirco Turco Psicologo Spiegazione
In Italia, le cose vanno molto lentamente, un po’ per ragioni apparentemente sconosciute, un po’ per cultura! Esiste, infatti, ancora molta disinformazione. Recenti ricerche confermano quanto verificato anni fa in una mia ulteriore indagine in materia di “rapine mediante ipnosi”, in cui si evidenziava un totale scetticismo. Molti intervistati parlano ancora di manipolazione psichica o di tecniche di mentalisti. Altri si riferiscono a pratiche esoteriche. Pochissimi, compresi specialisti, la conoscono come tecnica medica e oltre il 50% della popolazione ignora l’autoipnosi. Da un altro lato, però, circa il 60% si dichiara disposto a provarla. Ma tra il dire e il fare … c’è la paura. La paura dell’ipnosi, di rimanere “intrappolato”, di perdere il controllo, di scoprire segreti!
A questo punto … provare per credere!

Ipnosi di gruppo

Il Domani è Oggi

Il Domani è Oggi. 

Introduzione

Vi sembrerà strano, ma tutti, siamo puntualmente in ritardo!
Il nostro cervello, infatti, elabora le informazioni dopo qualche frazione di secondo dalla percezione degli stimoli che provengono dal mondo circostante. Quindi, che lo vogliate o meno, il rapporto con il tempo è comunque vincolato oltre ad essere squisitamente capriccioso e soggettivo.
Lo studio sul tempo e sulla tendenza a rimandare parte qualche anno fa, quando dovevo “inventare” una tematica nuova e affascinante per discutere la mia tesi di laurea in psicologia. Ironia della sorte, trovai però un docente universitario che per quanto entusiasta e interessato rimandava sempre i miei appuntamenti e il grosso rischio, per me ovviamente, era quello di procrastinare anche la mia data di laurea.
Fortunatamente o sfortunatamente, ancora oggi non sono in grado di dirlo, avevo la sensazione che il tempo trascorreva velocemente e il mio animo forse inquieto mi diceva, invece, – lo fa imperterrito ancora – che mi dovevo sbrigare!

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È assodato dirvi che cambiai tematica e quindi anche docente universitario! La mia priorità, il mio focus era laurearmi in una data precisa e non ammettevo procrastinazione alcuna.
L’anno dopo alla mia laurea, decisi di mettere nero su bianco il materiale che avevo ricercato con tanta sensata parsimonia e pubblicai il mio primo libro da un titolo alquanto improbabile: Procrastinazione Universitaria e Disorientamento Personale. Avrei voluto dedicarlo a quel professore ma fui diplomatico e lasciati perdere.
Sicuramente, se avessi studiato al tempo meglio strategie di marketing, avrei trovato un titolo differente!
Di fatto, in meno di un centinaio di pagine illustravo le ricerche internazionali sul tema della procrastinazione, ovvero della tendenza a rimandare, sottolineando, con velata enfasi che ognuno di noi, almeno una volta nella vita ha rimandato qualcosa: una decisione, un compito, un comportamento.
Chiaramente, l’impegno di tradurre e adattare le ricerche avvenute in altri Paesi non fu semplice ma la volontà si trasformò in spietata ostinazione, poiché mi accorgevo, progressivamente, che la tematica riguardava ognuno di noi, a trecentosessanta gradi e in ogni ambito; dallo studio, alla vita privata, a quella relazione, sino a quella lavorativa.

Antistress
Da quei primi studi ho ricavato anche altre due “leggi” importantissime e strategiche per le umane esistenze e per la mia:
1. Per ottenere dei risultati differenti occorre fare cose diverse ma soprattutto cambiare, in un certo modo, la nostra forma mentis.
2. Le persone, in generale, hanno una grande difficoltà nel cambiare e soprattutto devono sapere in che modo farlo. Tale difficoltà è così radicata che spesso non vogliamo mutare abitudini difettose o comportamenti che portano da nessuna parte, quasi fossimo orientati naturalmente al masochismo.

Qualcuno, sicuramente, potrebbe inneggiare a una o più solite originali leggi della motivazione, cioè che occorre, per forza, essere sufficientemente motivati ma ho scoperto, nuovamente, tra teorie e pratiche, che in talune occasioni non è solo questione di motivazione e che non possiamo sempre aspettare la vena giusta, l’ispirazione, la spinta proficua. Occorre essenzialmente iniziare!

Procrastinazione universitaria e disorientamento personale
Qualche anno più tardi, trasformai il mio primo saggio sulla tematica, in verità unica opera in Italia scritta sino a quel momento, in un secondo libro dal testo sicuramente più originale e ammagliante: Il Domani è mai: 29 modi per smettere di rimandare.
Ebbe, sin da subito, un discreto successo, poiché era un condensato di spiegazioni e argomentazioni sull’identità del procrastinatore, delineando un vero profilo o identikit ma soprattutto suggeriva in modo velatamente sottile e persuasivo come fare a smettere di rimandare.
Il destino o fato avverso o le stelle pigre, vollero che il testo si trasformò, per qualche insensata ed oscura legge del mercato, in un oggetto introvabile! E ancora oggi lo è, tanto che mi capita di ricevere alcune email o telefonate di persone che mi chiedono disperatamente il libro e mi ritrovo, mio malgrado, a rimandare ad altri tempi la spedizione!


Nel libro, suggerivo, inoltre, in modo ludico ma professionale, almeno 29 modi per combattere la problematica. La gente è attratta dai numeri o dalle statistiche, danno un senso di maggiore efficacia e stabilità!
Quando la gente mi chiedeva perché 29 modi? Bhè, perché ne avevo trovati 29 sino a quel momento e se avessi perfezionato meglio sempre il fatidico marketing, lo avrei sottolineato diversamente, magari con 69 sfumature per smettere di rimandare!
Sono giunto quindi alla conclusione di dover scrivere un nuovo libro, partendo proprio da quelli precedenti, ampliandone in modo pragmatico le argomentazioni e le soluzioni.

Il Domani è Oggi presume arricchire il versante cognitivo, emotivo e motivazionale del lettore che si trova, suo malgrado, a identificarsi proprio con il procrastinatore.
È un libro ugualmente utile agli altri, a tutti, poiché enfatizza una costante della vita, ovvero il tempo, nella sua percezione oggettiva e soggettiva, nel suo vissuto e nel suo scorrere creativo, indeciso o convinto.
Per quanto la fisica, da Einstein in poi, consideri il tempo un’illusione ostinata, la ricerca neuroscientifica ci dice che tutti gli esseri viventi possiedono un “senso” del tempo ed è proprio questo che conta ed ha, indiscutibilmente, un immenso valore magico.

In fondo, il tempo è proprio una cosa buffa! Oggi c’è e domani pure ma, a volte, non c’è né oggi né ci sarà domani.
Dove andrà mai? Cosa mai avrà da fare? Strana sorte quella del tempo. A volte, è poco, altre volte troppo; è mutevole… cambia e cambia ancora, gioca, si ferma, corre, si eclissa, riparte.
Forse, un giorno, ce ne sarà abbastanza per comprendere che era con noi e per noi ma che, ormai… si è perso!

Il tempo

PSICOLOGIA

Ipnosi Ericksoniana Mirco Turco

Ipnosi in Medicina: analgesia e anestesia ipnotica

Ipnosi Medica: analgesia e anestesia ipnotica


Una definizione di ipnosi non è semplice o, probabilmente, sarebbe alquanto pragmatico partire da ciò che non è ipnosi. Dalle prime definizioni di Braid, alle precisazioni psicosomatiche, da Freud a Fromm, da Erickson sino alle definizioni “dinamiche”, arrivando alle recenti conferme neuropsicologiche. L’ipnosi non è suggestione né semplicemente un’alterazione dello stato di coscienza. L’ipnosi è una forma di comunicazione profonda e autentica, attraverso la quale la persona accede più facilmente a parti di sé altrimenti sopite, taciute, strategicamente velate. E’ una forma elettiva di comunicazione e sicuramente è anche uno stato di apprendimento inconscio. L’ipnosi è modificazione transitoria di stati fisiologici e di sensazioni, di percezioni, pensieri, memorie e comportamenti.


Durante l’ipnosi si assiste ad una modificazione temporanea e funzionale delle sensazioni, delle percezioni, dei pensieri, della consapevolezza, della memoria e dei comportamenti. La trance ipnotica è strettamente correlata alla fisiologia ed alla struttura del sistema nervoso centrale ed autonomo ed è connessa con tratti personologici, con le aspettative del soggetto, con il contesto e con la qualità della relazione con l’ipnotista.

L’ipnosi e la terapia ipnotica appaiono approcci strategici per la risoluzione di svariate problematiche psicologiche ed al contempo costituiscono anche strumenti elettivi nella pratica medica in generale e in medicina di urgenza, chirurgia, ostetricia, odontoiatria, malattie gravi (es. cancro). Questo versante però è ancora poco conosciuto e diffuso in Italia. Esistono, inoltre, evidenze sull’applicabilità dell’ipnosi nella terapia antalgica, nell’analgesia e nell’anestesia.
I primi studi sul “controllo del dolore” e ipnosi possono essere attribuiti ai coniugi Hilgard intorno alla fine degli anni ’70, che dimostrarono come i livelli di anelgesia possono essere correlati al grado di ipnotizzabilità dei soggetti. Essi stessi dimostrarono che l’effetto analgesico raggiungibile mediante ipnosi non è semplicemente riconducibile all’effetto placebo o ai fenomeni di analgesia da stress o ansia o paura, né dipende dalle endorfine e non è reversibile con antagonisti degli oppioidi (naloxone) e non è legato neanche a modulazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene ma è, in realtà, un effetto specifico.
Lo stato ipnotico determina alcune modificazioni nelle strutture deputate al controllo cognitivo in grado di rendere “indisponibili” alla coscienza ordinaria alcuni processi. L’osservatore nascosto, ovvero una parte dissociata dell’io, rimane, comunque attiva.

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Nel 1994 l’Associazione Internazionale per lo studio del dolore definisce il dolore come esperienza mentale. A tal riguardo, è accettato che l’ipnosi svolga un ruolo attivo e pragmatico proprio nel controllo del dolore, ad esempio, a partire da strategie di defocalizzazione dell’attenzione. Essa agisce sull’agente lesive e sull’area interessata ma anche sull’ansia derivante. La condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare dei sistemi sensoriali afferenti, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali. Essa è, comunque, legata al livello di ipnotizzabilità del soggetto.
Studi sulla riduzione del dolore in pazienti adulti, effettuati attraverso meta-analisi e approfondimenti statistici, dimostrano, ad esempio, che le tecniche ipnotiche nel controllo del dolore ischemico sono molto efficaci: soggetti altamente ipnotizzabili, infatti, presentavano un aumento della tolleranza al dolore del 113% verso un incremento di tolleranza del 26% in soggetti scarsamente ipnotizzabili.
L’ipnosi sarebbe idonea per alleviare la componente sensoriale discriminativa dell’esperienza dolorosa oltre alla componente affettiva.

Andrebbe precisato che l’ipnosi è utilizzata a livello mondiale per il trattamento del dolore operatorio e post-operatorio, per agevolare procedure diagnostiche o terapeutiche dolorose, per il dolore iatrogeno, per il dolore da parto, il dolore odontoiatrico, il dolore da ustioni, lombalgia, fibromi algia, sindrome dell’arto fantasma, cefalee croniche primarie, dolore oncologico e disturbi associati, …

Da un punto di vista operativo, l’analgesia ipnotica, poco conosciuta, potrebbe essere considerata come avente natura non endorfinica, non oppiacea, ovvero neurale. L’ipnotismo ericksoniano sembra avere effetti più rapidi e profondi rispetto a forme di rilassamento jacobsiano.
Altri studi specialistici raggruppano gli effetti prodotti dall’anelgesia/anestesia ipnotica:
dissociazione funzionale centrale sul neopallio , anzi, doppia dissociazione, a livello sia della corteccia somatosensoriale primaria, sia delle classiche aree limbiche corticali, come suggerito dalla variazione degli EEG in analgesia ipnotica a livello di onde gamma (32-100 Hz) relative allo scalpo prefrontale; inibizione spinale discendente sul riflesso nocicettivo R-III, inibito per 2/3, con percezione del dolore ridotta a 1/4; reinterpretazione cognitiva dell’esperienza dolorosa; disattivazione autonomica centrale, evidenziata in pupillometria ;inibizione delle capacita’ propriocettive generali, come il senso della posizione ; alterazione della mappa del dolore, con modifica sia della percezione dello stimolo algogeno sia della sua localizzazione; effetto soverchiante il placebo, e basato su meccanismi neurali differenti da quelli implicati nei processi di distrazione o di riduzione dell’attenzione; variazioni del flusso ematico a livello corticale e cingolare (subcorticale), come rivelato dalla PET su pazienti ipnotizzati sofferenti di fibromialgia; coinvolgimento dei centri corticali cingolati nella modulazione del dolore acuto e cronico; coinvolgimento corticale anteriore e cerebellare posteriore se si usano suggestioni di aspettativa e di certezza nell’analgesia; coinvolgimento corticale mediano e ippocampale se si usano suggestioni ansiogene di incertezza sul dolore.
Evidenze elettroencefaliche mostrano come la condizione ipnotica produce una riduzione dell’attività funzionale emisferica sinistra ed una implementazione di quella emisferica destra. La riduzione dell’attività corticale prefrontale sembra essere una caratteristica di tutti gli stati alterati di coscienza.

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Sessione di Ipnosi Ericsoniana di Gruppo

Sarebbe altrettanto rilevante, per una ipnosi efficace, l’interazione tra ipnotista e soggetto che produrrebbe cambiamenti anche di natura psicofisiologica. Si parla, infatti, di sincronia interattiva e comportamentale (es. posture, movimenti, respirazione, attività elettromiografia).
Esisterebbero, dunque, chiare basi neuro anatomiche e fisiologiche degli aspetti relazionali determinanti per la riuscita ipnotica. Il meccanismo che consente di cogliere l’esperienza mentale altrui è giustificato, infatti, dall’esistenza di un complesso circuito neuronale (sistema specchio).
Attraverso studi di neuroimaging si è provato che durante l’ipnosi, sia rileva un’ importante attivazione a livello di aree corticali occipitali, parietali, precentrali, prefrontali e della corteccia cingolata. Le suggestioni ipnotiche per modulare il dolore modificherebbero, inoltre, l’attività cerebrale in regioni direttamente implicate nella percezione del dolore.
La più “semplice” delle ipnosi neutre è in grado di modificare, tra l’altro, l’assetto intrapsichico associato a cambiamenti cenestesici (calore, pesantezza, etc.) oltre a evidenti modificazioni vegetative. Infine, soggetti altamente ipnotizzabili presentano livelli liquorali più elevati di Acido Vanilmandelico, principale catabolita della dopamina e della Cometil Transferasi.

Gli studi, le ricerche e le sperimentazioni condotte negli i ultimi cinquant’anni, dimostrano che l’ipnosi è in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori, sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente. L’ipnosi, infine, si è dimostrata inequivocabilmente superiore ad altre tecniche psicologiche, come la distrazione e il biofeedback.

“Tutto ciò che è incomprensibile non per questo cessa di esistere” (Pascal)

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Fase del procedimento ipnotico.

Fonte: Mirco Turco. Rivista Ordine Psicologi Puglia.

Il gatto: simbolismo e immagini archetipiche

I gatti hanno ispirato potenti proiezioni, positive e negative. Il dio egizio del Sole Da era il gatto feroce che con un colpo uccise il serpente del caos primordiale Apopi. I monasteri buddhisti hanno accolto i gatti non solo come protettori dei testi sacri ma anche come compagni discreti che condividono con i monaci l’inclinazione verso l’indipendenza pacata e regolare.

Nelle favole, il gatto assume il ruolo di uno psicopompo la cui audace vitalità instintuale compensa la grazia eccessiva e gli istinti sublimati dell’eroe o dell’eroina. L’onnipresente “gatto che chiama” nella cultura giapponese che attira i clienti nei negozi e porta fortuna e prosperità nelle case, è indicativo delle energie feline fertili e positive. Agli occhi dei loro detrattori, invece, i gatti sono spesso crudeli, egoisti, freddi e distaccati. Nel folklore buddhista, il topo incaricato di portare una medicina per il Buddha morente non riuscì a completare la sua missione, perché ucciso e mangiato da un gatto.

La cultura cristiana ha associato spesso il gatto al potere sovversivo del demonio e, in particolare, delle donne in contrasto con le nozioni comuni di obbedienza, modestia e rettitudine morale femminile. I gatti, capaci di rubare le anime dei morti o il respiro dei bambini, etichettati come demoni al servizio delle streghe e cadevano vittime di persecuzioni furiose.

Coloro che hanno la fortuna di essere chiamati dal gatto interiore che vaga nella psiche, potrebbero scoprire che esso può condurli al cuore centrale della loro “casa originaria”. I gatti mediano l’incontro con il terreno nativo istintuale dal quale, taluni sono stati sradicati.

Con il loro infallibile senso dell’orientamento, possono aiutarci a localizzarci nel presente. Come delle muse mediano il gioco spontaneo e imprevedibile delle energie creative. E chi meglio dei gatti può dimostrare, semplicemente con l’esempio, come rivendicare quello che si ha dentro e farlo proprio?

Guardando attraverso il “tappeto lucido” della retina degli occhi dei felini, possiamo imparare a cercare nei paesaggi più scuri della psiche le nostre parti nascoste e portarle, senza rimorsi, alla luce del giorno.

Fonte: Il libro dei simboli, Riflessioni sulle immagini Archetipiche. Taschen.

 

Intelligenza corporea e Benessere

INTELLIGENZA CORPOREA E BENESSERE

C’è un’intelligenza diversa in noi esseri umani, che va oltre il saper ragionare o risolvere i problemi. È qualcosa che non dipende dallo studio né da un particolare talento ma è banalmente un nostro patrimonio che deriva da svariati e risonanti secoli di evoluzione.

Mi riferisco all‘intelligenza corporea! L’intelligenza corporea  ci dice che se per 8 ore al giorno siamo curvi sul nostro pc e non alziamo mai il capo, il nostro umore sarà depresso e i pensieri negativi aumenteranno; intelligenza corporea è quando con in mano una tazza calda, diventiamo normalmente più cordiali; intelligenza corporea è considerare una relazione interpersonale più “instabile” quando, parlandone,  stiamo magari seduti su una sedia traballante!

Il corpo ha le sue ragioni quindi ed occorre, in chiave benessere, ripensare al corpo! Vi è forse una sopravvalutazione del pensiero e noi non siamo solo i nostri pensieri, per fortuna! Alcune problematiche, infatti, sussistono quando ci identifichiamo troppo con taluni pensieri, tralasciando, di fatto, qualcosa di strategica rilevanza: le sensazioni corporee e l’intelligenza corporea!

Quando vi sentite depressi l’unica cosa da fare è muoversi! Fate una passeggiata, percorrete strade nuove e l’umore ne gioverà, inoltre, diventerete più creativi! Un’altra cosa che sapientemente potete fare è saltare!  I movimenti verso l’alto fanno bene all’umore …

Ricordatevi di sorridere! Se la prima volta può essere uno sforzo, riprovate due, tre, cinque volte. Il corpo reagirà presto con una scarica neurochimica che vi farà cambiare umore poiché, di fatto, state cambiando stato fisiologico. Ridere è poi contagioso e lo sanno bene anche i nostri cari illuminanti neuroni specchio! Anche questa è intelligenza corporea.

Coltivate l’ottimismo, poiché avrete migliori risposte immunitarie. Camminate nella natura poiché questo faciliterà l’interruzione dei pensieri ossessivi; ascoltate musica poiché contribuisce a ridurre la pressione sanguigna; cantate e scioglierete i noduli alla gola … Di tanto, in tanto, stringete un pugno, poiché questo semplice gesto potrebbe accrescere in voi costanza e determinazione!

Pratichiamo allora l’intelligenza corporea!

Il corpo manda sempre dei messaggi ed esiste un vero e proprio “linguaggio segreto”. La frustrazione e la rabbia logorano il fegato e lo stesso organo, in caso di malfunzionamento, può provocare difficoltà cognitive, insonnia e irrequietezza.

La ruminazione ossessiva causa, alla lunga, sofferenza cardiaca; l’eccesso di impulsività determina una maggior propensione a sviluppare ulcera peptica; ansia e apprensione hanno ripercussione sui globuli bianchi; nutrire sentimenti negativi causa ipertensione … Se siete fatalisti, la vostra risposta alle infezioni sarà meno efficiente; il colesterolo hdl aumenta se siete particolarmente animosi nelle discussioni; l’insoddisfazione personale potrebbe aumentare il reflusso esofageo e se soffrite spesso di emicrania muscolotensiva, liberatevi di rabbia, ansia e senso di abbandono! La collera e la paura vi porteranno a maggiori problemi muscolo-scheletrici.

Insomma, assumere una nuova formamentis centrata sull’intelligenza corporea è tappa obbligata per riconoscere e gestire strategicamente lo stress e le altre problematiche conseguenti. Riconsideriamo il nostro corpo, affidiamoci ad esso e … fidiamoci!

 

La nuova frontiera dell’Anima, tra Psicologia e Fisica.

La nuova frontiera dell’Anima, tra Psicologia e Fisica.

La vita è un’armoniosa connessione sincronica tra la materia del nostro corpo e la sostanza eterna del nostro spirito!
Occorre superare la nostra visione causale delle cose e accettare un possibile connubio tra psicologia del profondo e fisica. Questa è la nuova frontiera della nostra anima e non solo …
Il nostro universo avrebbe, infatti, una struttura quaternaria, così come ipotizzato da Jung e dal fisico Pauli: un continum psichico, ovvero spazio-tempo, casualità-sincronicità.

È stato dimostrato che il pensiero umano, sia dei singoli che di una collettività, è in grado di influenzare un generatore di numeri casuali (Princeton Engineering Anomalies Research Lab), inoltre, la presenza di una persona con particolari intenzioni mentali attiva alcuni stati psichici che determinano l’accadimento di eventi coincidenti-sincronici.
È proprio un esempio palese di come un osservatore che interagisce con l’osservato, determina il comportamento dell’osservato!


È interessante è alquanto suggestivo evidenziare che nel misticismo tibetano esiste la parola “tulpa”, ovvero un individuo o un oggetto che viene creato solo con il potere della mente. Esso è la materializzazione di un pensiero che ha preso una forma fisica.

Se ciò non bastasse a spingerci a pensare che in fondo le cose potrebbero essere molto differenti da come ce le rappresentiamo, si è scoperto e dimostrato che persone che sono in empatia, simpatia, connessione, hanno tracciati elettroencefalografici identici, ovvero le onde cerebrali prodotte dai loro emisferi si sincronizzano a vicenda! Si parla, in questo caso, di sincronicità neuropsichica.


Il concetto di “sintonia” è presente in realtà anche nel mondo animale. La “risonanza morfica” è un meccanismo tramite il quale quando un certo gruppo animale o umano acquisisce alcune proprietà comportamentali, psicologiche, organiche, queste si trasmettono sincronicamente agli altri membri della stessa specie. Non solo le azioni ma anche i pensieri verrebbero trasferiti, proprio come una sorta di fenomeno telepatico!

Esisterebbe, dunque, una memoria collettiva specifica per ogni specie biologica. Tale memoria non risiederebbe però nel nostro caro cervello, ma in una zona simile all’inconscio collettivo di Jung.
Il cervello si comporterebbe esattamente come un ologramma, ovvero come un sistema in grado di decodificare alcune frequenze grezze provenienti da una dimensione al di là dello spazio e del tempo, rappresentata da un “contenitore” di informazioni e memoria.

Come direbbe Chopra, la vita ci appare casuale solo alla superficie, ma a un livello più profondo essa è completamente organizzata. Le coincidenze, allora, non andrebbero ignorate, né temute, ma ascoltate e comprese poiché pregne di insegnamenti e significati profondi.
“Akasha” è una parola in sanscrito che rappresenta lo spazio o il cielo e che intende significare una zona al di là dello spazio e del tempo dove albergano lo spirito umano e la sua anima, insieme all’energia che lo avvolge.
Può apparire ottimisticamente poetica tale visione dell’universo e dell’esistenza o, appunto, visionaria, ma grazie al connubio tra le diverse scienze (psicologia e fisica in primis) tali realtà sembrerebbero alquanto plausibili … Non ci resta che approfondire!

Fonte: Sincronicità. Massimo Teodorani. Macro edizioni, 2017.

Il Cannibalismo

Il cannibalismo, fenomeno ritenuto come il frutto di una vera aberrazione della mente umana e praticato solo nel lontano passato, risulta invece diffuso universalmente anche ai nostri giorni.
L’antropofagia viene studiata non solo secondo un approccio etnologico, ma anche sotto un’ottica psicologica e psichiatrica. Vi sono, infatti, diversi tentativi odierni di confronto: dal cannibalismo come pratica di alcuni gruppi, alla triste e mostruosa realtà dei serial killers.
La Psicoanalisi considera il cannibalismo in riferimento alla fase orale dello sviluppo libidico e più specificatamente alla componente sadica, dove si assiste ad un desiderio di incorporazione dell’oggetto amato che verrà poi sostituito dall’identificazione. Altri studi hanno evidenziato che se l’atto del morsicamento può essere considerato “normale” in talune fasi dello sviluppo, un eccesso della pulsione cannibalica può sfociare nella malattia.
Secondo alcune ricerche di settore, esisterebbe un cannibalismo profano, legato cioè al concetto di carne umana come semplice alimento; un cannibalismo giuridico, praticato verso persone che hanno commesso un crimine e che sono considerati nemici; un cannibalismo magico, praticato con lo scopo di accrescere i poteri individuali attraverso il cibarsi di carne umana; il cannibalismo rituale, legato a complesse attività cerimoniali e a particolari occasioni.
Le origini del cannibalismo sono anche “studiate” attraverso l’utilizzo del linguaggio metaforico. Espressioni quali “ti mangerei di baci”, “vorrei mangiarti”, “sei buono come il pane”, “sei una persona squisita”, … sono spesso rivolte a persone che ammiriamo o che, comunque, ci piacciono. In tal caso, dovremmo parlare proprio di una forma di cannibalismo verbale o metaforico. L’utilizzo di tale fraseologia, secondo alcuni studiosi, è mossa dalla necessità di esprimere le proprie emozioni verso qualcuno. Si pensi, infatti, anche alla fraseologia tra persone innamorate o amanti.


Il cannibalismo “moderno” viene affrontato, invece, attraverso studi sui crimini violenti. Basta far riferimento ad alcuni serial killer: F.H.K. Haarmann, meglio conosciuto come il lupo mannaro di Hannover (1918-19249); Albert Fisch, uno dei peggiori cannibali di tutti i tempi (1870-1936); Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee (1960-1994); A.R. Chikatilo, il mostro russo (1936-1994); … In questi casi, l’antropofagia viene considerata una pratica psicopatologica e viene studiata in un’ottica psichiatrica.
Un semplice bisogno apre spesso le porte di un mondo complesso!

SE IL CLOWN IT POTESSE PARLARE …

Se il clown It potesse parlare …

Mi sento inquietante, a tratti, angosciante e perturbante. Il mio aspetto è strano, direi ambiguo. È difficile per voi sapere cosa penso effettivamente o quale sarà la mia prossima mossa. Mi muovo “diversamente”, eppure, sono umano! Ho contorni sfumati, accentuati, simil distonici. Divento incoerente, bizzarro e soprattutto imprevedibile … forse, è soprattutto questo che vi allarma.
Rappresento il chiaro esempio di una “valle perturbante”*! Certo è che trovare il nome specifico della vostra fobia (coulrofobia) nei miei riguardi, poco servirà e comunque alimenterà il mio potere!
Negli individui è sovente l’ambivalenza a creare un certo “brivido”, attivando reazioni primitive, la fuga come la paralisi.


Mi sento un personaggio lungo una linea di confine, tra ciò che intrattiene e diverte e ciò che può essere ambiguamente seducente e maligno. Nel circo, come nella letteratura e nel cinema ho avuto il mio ruolo ma il vissuto è sempre di chi mi guarda!
Allora, esaspero il dubbio costante sull’identità degli individui, che possono trasformarsi improvvisamente in qualcosa di diverso da come normalmente appaiono.
È un improvviso sovvertimento, in cui si mescolano desideri e paure profonde e segrete. Colui che mi osserva, al contempo, può addentrarsi in territori in cui angoscia e piacere non sono rigidamente separati e dove la percezione del mostruoso arreca turbamento e ugual soddisfazione. Siete costretti, allora, a confrontarvi con il potere degli archetipi …
Le grandi emozioni, utili alla sopravvivenza, cambiano schema in me, mutando senso, camuffandosi, comprendosi, nascondendosi, trasformandosi e quindi ingannandovi. Questa mia “capacità” scuote il vostro inconscio, spingendosi verso ciò che diventa spaventosamente affascinante.

 

 

*“La sensazione di familiarità e di piacevolezza generata in un campione di persone da robot e automi antropomorfi, aumenta al crescere della loro somiglianza con la figura umana, fino ad un punto in cui l’estremo realismo rappresentativo, produce però un brusco calo delle reazioni emotive positive, destando sensazioni spiacevoli come repulsione e inquietudine, paragonabili al perturbamento”.

 

Strane storie di Anime Dannate

Strane storie di anime dannate.

Qualche tempo fa, lessi una descrizione di un caso, molto peculiare, fuori dal “clinico ordinario” …
( …) la paziente negava l’esistenza di alcuni parti del corpo, ma anche della realtà esterna, di Dio e del Diavolo; riteneva di non avere lo stomaco e, di conseguenza, di non avere bisogno di nutrirsi. L’ammalata sviluppò, successivamente, la convinzione di non poter più morire di morte naturale e di essere “dannata” per l’eternità.
L’immortalità era concepita dalla paziente con un significato negativo di condanna e pena. A volte, riteneva di non avere un nome, di non essere mai nata e di non avere avuto mai un padre o una madre. Nella fase finale della malattia, la paziente sembrava distaccarsi progressivamente da tali deliri e raccontava i propri vissuti senza alcuna partecipazione affettiva. L’esito finale era una sorta di cronicizzazione e di deterioramento mentale.
Tale descrizione non esce da un film originale, ma è la sintomatologia di un disturbo grave chiamato “delirio di negazione” o “delirio nichilistico” o sindrome di Cotard, dal nome di un neurologo francese che la studiò. E’ una rara condizione clinica, identificata e diagnosticata, ad oggi, appena un centinaio di volte, in cui i pazienti negano l’esistenza del proprio corpo e, a volte, della propria anima, o del proprio nome o dell’età. Sostengono di esseri morti, di sentire l’odore della propria carne in putrefazione, … La negazione si estende sovente alla realtà esterna, al mondo e all’universo. I pazienti affetti da tale patologia sono realmente convinti delle loro affermazioni! Dopo un primo momento di forte angoscia, segue una fase di impoverimento, nella quale le proprie visioni o i propri deliri non sortiscono più alcuna reazione di tipo emotivo.
La sindorme di Cotard può manifestarsi nella depressione, in alcune forme di schizofrenia o a causa di problematiche di tipo neuro-psicologico.
Oltre a tale condizione “bizzarra”, possono esistere altre alterazioni simili quali la sindrome di Capgras, caratterizzata dalla convinzione che una persona familiare sia stata sostituita da un sosia; la sindrome di Fregoli, che consiste nel riconoscere in estranei la stessa persona; l’intermetamorfosi, in cui il paziente crede che le persone a lui vicine, cambino spesso identità mantenendo però lo stesso aspetto; la sindrome del doppio o paramnesia duplicativa, in cui il malato può ritenere, ad esempio, che la casa dove lui abita, non sia la sua, ma una identica.
… Strane cose accadono, a volte, dentro di noi e intorno a noi!

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