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Benessere a Scuola

Quando si parla di “benessere” a scuola si può intendere quell’insieme di comportamenti, pratiche e metodologie che hanno la finalità pragmatica di creare un ambiente idoneo al lavoro e alle dinamiche lavorative. Inoltre, banalmente, significa anche occuparsi di quegli aspetti psicosociali che, sempre più spesso, possono fare la differenza. Mi riferisco, ad esempio, alla qualità dei rapporti interpersonali, alle possibilità di affrontare un conflitto, alle opportunità di gestire situazioni di stress. Tali argomenti sono abbastanza conosciuti nelle svariate organizzazioni e anche negli istituti scolastici, ma gli interventi pratici volti al benessere sono, in realtà, ancora flebili o scarni. Si può e si deve ancora fare tanto …

Il lavoro è la prima causa di stress per il 60% della popolazione mondiale e, nello specifico, il lavoro degli insegnanti risulta particolarmente gravoso, anche in considerazione delle vicissitudini dell’ultimo periodo. Considerando il ruolo complicato, le dinamiche articolate tra colleghi, alunni, famiglie e istituzioni, il sovraccarico di mansioni, pratiche e burocrazie, appare quanto mai obbligatorio fornire strumenti di supporto, assistenza e buone pratiche, proprio per creare benessere a scuola. L’insegnante, oggi, necessita di tutto un repertorio di nuove soft skills che, in realtà, prenderanno sempre più spazio in tutte le moderne organizzazioni. Finalmente, si sta comprendendo quanto sia rilevante “investire” sul capitale umano e quanto il benessere, appunto, sia una priorità assoluta.

Il benessere organizzativo si riferisce dunque alla capacità di un’organizzazione di promuovere e mantenere il più alto grado di benessere fisico, psicologico e sociale dei lavoratori in ogni tipo di occupazione, a maggior ragione per coloro che svolgono attività implicitamente stressanti. Il benessere organizzativo è anche l’insieme dei nuclei culturali dei processi e delle pratiche organizzative che animano la dinamica della convivenza nei contesti di lavoro promuovendo, mantenendo e migliorando la qualità della vita e il grado di benessere fisico, psicologico e sociale delle comunità di lavoratori.

La salute psicofisica degli insegnanti diventa una priorità ed è al contempo, una preoccupazione sociale, poiché dal loro equilibrio dipendono processi di insegnamento, di crescita, di educazione e sviluppo delle giovani generazioni. Un lavoratore che gode di ottima salute psicofisica sarà anche più soddisfatto della sua organizzazione e innesterà delle relazioni interpersonali positive, generando un circuito virtuoso a favore del clima e della stessa cultura lavorativa.

Serenità, coinvolgimento, partecipazione, motivazione, comunicazione interna, equità, performance, sono tutti concetti chiave che ruotano intorno al concetto di salute dell’insegnante, oltre a far parte della salute organizzativa.

L’insegnamento appartiene, inoltre,  alle “helping-professions” e il rischio potenziale di stress, conflittualità emotive e burnout è elevatissimo. L’insegnante è un mediatore di cultura, un valutatore, un esperto di programmazione didattica, un genitore alternativo e sostitutivo e di fatto, suo malgrado, si trova sovente a fare lo psicologo. Vivere tale pluralità del ruolo è intrinsecamente stressante e il coinvolgimento non è solo cognitivo, ma anche emotivo e motivazionale.

Da tali premesse occorre partire per impostare una nuova cultura improntata sul benessere, con lo scopo di diffondere una forma mentis centrata proprio sulla salute e le pratiche virtuose. Penso che occorrerà ancora del tempo, ma è anche questione di opportunità da creare e da cogliere.

In Giappone gli unici cittadini che non sono obbligati ad inchinarsi davanti all’imperatore sono gli insegnanti. Il motivo è che i giapponesi sostengono che senza insegnanti non ci possono essere imperatori“.

 

Stress e Salute

In generale, lo stress, non viene considerato una malattia, ma può far insorgere disturbi psicofisici molto rilevanti. Inoltre, scoperte recenti, indicano che livelli elevati di stress possono causare anche la modificazione del DNA.

Possiamo distinguere le seguenti manifestazioni dello stress:

1. MANIFESTAZIONI FISIOLOGICHE: le reazioni di stress sono una preparazione alla lotta o alla fuga. Le reazioni fisiologiche tipiche diventano allora: aumento della pressione arteriosa, accelerazione della coagulazione sanguigna, tachicardia o aritmia, tensione muscolare con conseguenti algie a carico del collo, del capo e delle spalle, produzione eccessiva di succhi gastrici. Vengono interessati conseguentemente tutti gli organi e gli apparati.
2. MANIFESTAZIONI EMOTIVE: reazioni di ansia e depressione, senso di disperazione e impotenza. Lo stato temporaneo può diventare più profondo e prolungato e superare i limiti della norma, sfociando nella patologia.
3. MANIFESTAZIONI COGNITIVE: in condizioni di stress, molti lavoratori hanno difficoltà a concentrarsi, a ricordare e memorizzare, ad apprendere nuove cose, a essere creativi e a prendere decisioni. Anche in questo caso, superate certe soglie, le suddette reazioni possono comportare uno stato disfunzionale.


4. MANIFESTAZIONI COMPORTAMENTALI: l’esposizione allo stress porta il lavoratore a comportamenti di “automedicamento” quali l’abuso di alcool e fumo. Altri lavoratori cercano conforto nel cibo, aumentando così il rischio di obesità e di conseguenti patologie cardiovascolari e diabete. Un’altra valvola di sfogo è l’abuso di sostanze psicoattive e il conseguente aumento del comportamento antisociale. Fra gli esiti clinici connessi allo stress sul lavoro, figurano (Unione Europea): le malattie cardiovascolari, il cancro, le affezioni respiratorie e le “cause esterne” (infortuni e suicidi). Esse determinano circa il 75% di tutti i decessi.

In Europa oltre il 34% delle donne e il 41% degli uomini di età compresa tra i 15 e i 34 anni sono fumatori abituali. Uno dei motivi che inducono a iniziare a fumare o che impediscono di smettere di fumare è lo stress legato all’attività lavorativa.             L’elevata assunzione di alcol aumenta il rischio di carcinoma epatico primario e di tumori a carico del tratto digestivo superiore, oltre che di infortuni e comportamenti suicidari e antisociali. Anche in questo caso, lo stress sul lavoro è uno dei fattori che determinano il consumo elevato di alcolici. Circa il 63% dei giovani dell’Unione Europea ammette di essersi ubriacato almeno due volte. E’ lecito temere che essi ricorrano agli alcolici se e quando, nella loro vita, non riusciranno a trovare lavoro, oppure dovranno far fronte a situazioni di stress lavorativo.

Cardiopatia e Ictus.

Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nei Paesi dell’Unione Europea. La combinazione di elevati livelli di impegno psicologico, la scarsa autonomia decisionale e il controllo, si traducono in uno stato di tensione che aumenta il rischio di morbilità o mortalità cardiovascolare.

La percentuale di malattie cardiovascolari dovute allo stress lavorativo e pari al 20% circa. Se il lavoro è particolarmente sedentario, la percentuale sale vertiginosamente sino al 50% circa. Riguardo all’ictus, le evidenze sperimentali sono meno univoche ma i fattori di rischio sono simili a quelli segnalati per la cardiopatia ischemica, il fumo, l’ipertensione, l’alimentazione inadeguata e il diabete.

Cancro.

Un terzo di tutti gli uomini e un quarto di tute le donne nell’UE si ammalano di cancro prima dei 75 anni. Un uomo su cinque e una donna su dieci muore di cancro prima di aver raggiunto tale età.

Lo stress lavorativo, in sé, non provoca probabilmente il cancro ma, può sostanzialmente contribuire a una serie di comportamenti da stress che aumentano il rischio di essere colpiti da tale malattia. I più importanti sono il fumo, la sovralimentazione e l’eccessivo consumo di grassi, la promiscuità.

Patologie osteomuscolari.

La combinazione di tensione muscolare e traumi multipli a carico di alcune parti dell’apparato locomotore possono determinare sintomi dolorosi ricorrenti che comportano una limitazione della funzionalità a carico degli arti superiori, del collo e del tratto lombale. Grande attenzione va data, quindi, all’ergonomia sul posto di lavoro.

Patologie gastroenteriche.

Lo stress lavorativo può comportare dispepsie non accompagnate da ulcere e sindromi del colon irritabile.

Disturbi d’ansia.

L’ansia è un comune segnale dello stress lavorativo. Tra i disturbi d’ansia figurano maggiormente il disturbo da stress acuto, caratterizzato da ansia e dissociazione e il disturbo post-traumatico che deriva da particolari eventi traumatici. Nel campo lavorativo basti pensare ad eventi quali incendi, rapine, infortuni gravi.

Disturbi depressivi.

Particolari condizioni e situazioni della vita lavorativa, in correlazione con eventi della sfera privata, che provocano una particolare lesione dell’autostima nel soggetto, possono generare una depressione clinica. I disturbi depressivi, diversamente intesi e classificati a seconda di specifici criteri, possono comportare, in associazione, altri disturbi cognitivi ed emotivi.

 

 

 

Pensare con il corpo

PENSARE CON IL CORPO

 

Gli indiani Pueblo mi dissero che tutti gli americani sono pazzi. Naturalmente ne fui stupito e chiesi perché. Risposero. “ … dicono che pensano con la testa. Nessun uomo sano di mente pensa con la testa” (C.G. Jung)

 

Hai mai notato come il cattivo umore influenzi il tuo corpo? Per esempio nel modo di muoverti …

Lo psicologo J. Mickalak e i suoi colleghi dell’Università della Ruhr hanno utilizzato un sistema di registrazione ottica del movimento per vedere le differenze di andatura fra le persone depresse e quelle non depresse.

Hanno così invitato nel loro laboratorio alcuni volontari nelle due diverse condizioni e hanno chiesto loro di camminare liberamente. Mentre camminavano i loro movimenti venivano registrati da alcuni marcatori posizionati al loro corpo.

I ricercatori hanno scoperto che le persone depresse camminavano più lentamente e dondolavano meno le braccia; la parte superiore del corpo non oscillava molto durante la camminata e tendeva a oscillare più lateralmente. Hanno inoltre scoperto una posizione tendenzialmente ingobbita o pendente in avanti.

Ora prova tu. Siediti su una sedia e poni le tue spalle in avanti e la testa bassa. Fallo per qualche minuto. Poi, nota come ti senti. Se il tuo umore è peggiorato, alzati in piedi, poniti con una postura eretta e il capo dritto.

Quando ti senti depresso, allora, la prima cosa che puoi fare è cambiare postura e movimenti. Cerca di prediligere movimenti verso l’alto e metti in equilibrio il tuo corpo, con la testa, il collo e le spalle. Prova a oscillare progressivamente le braccia, sollevandole sempre più su. Se vuoi fare le cose complete, prova anche ad abbozzare un sorriso …

Questa non è sicuramente una cura, ma un buon inizio e ricordiamo che, sovente, ci capita di passare così tanto tempo nella “testa” che dimentichiamo di avere un corpo!

6 mosse per smontare lo STRESS

6 MOSSE per smontare lo STRESS.

 

Una volta, durante una lezione di inglese ho fatto una lettura molto interessante. Qualcuno sosteneva che nella parola stress vi è la formula per gestirlo e affrontarlo strategicamente. Analizzando lettera, per lettera, infatti, avrete un vero e proprio programma per il vostro benessere. Ovviamente, anche in questo caso, oltre che arricchire il vostro bagaglio cognitivo, vi consiglio di applicare il metodo.

  • SCHEDULING: significa che il vostro comportamento deve essere orientato, verso una meta, un obiettivo, verso una direzione precisa. È come dire che occorre un programma o una programmazione del successo. Attenzione, anche i nostri fallimenti richiedono impegno!
  • TREAT YOUR BODY WELL: il corpo è molto importante, al pari della mente. Siamo anche e soprattutto fisico e corporeità. Non è un caso che quando entrate in un ambiente, entreranno prima i vostri ormoni! Occorre trattare bene il nostro corpo, non soltanto con l’attività fisica ma anche con l’alimentazione equilibrata e piani alimentari che ci rispettino. Significa anche dedicarsi, saltuariamente, all’armonia corporea anche con i massaggi e le arti orientali, così come la meditazione e lo yoga. Direi che occorre anche saper pensare con il corpo, perché quando esploriamo percettivamente le zone più profonde del nostro corpo esploriamo al tempo stesso le zone più profonde di noi stessi. Non basta allora la conoscenza cognitiva del corpo ma occorre un radicamento propriocettivo, ovvero una vera raccolta delle nostre sensazioni interne.
  • RELAX: significa dedicarsi ogni giorno, se pur per qualche minuto, ad attività che abbassino la nostra tensione quotidiana. Relax significa ugualmente praticare con costanza attività che fanno parte della nostra vita, senza necessariamente iscriversi ad un corso in una palestra dell’ultimo grido. Relax è anche passeggiare in mezzo alla natura e prestare attenzione consapevole agli odori, profumi, suoni, percezioni e sensazioni che investono il nostro corpo e la nostra mente. Relax può, al tempo stesso, significare molto altro: suonare uno strumento musicale, dipingere, disegnare, … Relax nel lavoro, nei rapporti interpersonali e in quelli privati, sapersi allontanare strategicamente da luoghi, situazioni e persone “nocive” che si nutrono della nostra energia. Relax è una scelta di coraggio.
  • EXPECTATIONS: smettetela di pretendere troppo da voi stessi e dagli altri. Il perfezionismo crea persone infelici. Accettate le sfumature, i colori indefiniti, le incertezze, i dubbi, le mille risonanze di voi stessi e degli altri. Evitate di aspettarvi troppo, investendo eccessivamente speranze, illusioni, aspirazioni inutili o improbabili.
  • SLEEP: il sonno è fondamentale per la nostra sopravvivenza. Il sonno ristora e riequilibra il nostro organismo ed è un indicatore importante per la nostra salute mentale. Diffidate da coloro che dicono di riposare bene e di rendere meglio se dormono 2,3 ore al giorno. È un’affermazione non suffragata dalla scienza che al contrario ci dice che occorre riposare bene per almeno 7,8 ore. Preservate la qualità del sonno, anche perché, contrariamente a quanto si afferma, il sonno perso non si recupera! La deprivazione del sonno causa disturbi comportamentali e può determinare anche la morte. Il sonno e il sogno sono elementi imprescindibili per una vita serena e sana. È stato dimostrato, inoltre, che la carenza di sonno altera il metabolismo degli zuccheri e stimolo la produzione di cortisolo, l’ormone dello stress. Si determina anche un rallentamento del metabolismo basale e una riduzione della massa magra, facilitando il sovrappeso. Dormire solo 4,5 ore a notte aumenta la probabilità di sviluppare, nel tempo, il diabete di tipo 2.
  • SMILE: sorridete, fatelo spesso, sempre. Sorridere è un toccasana per il corpo e la mente. Sorridere crea una tempesta neurochimica e inoltre, contagia gli altri e influenza l’ambiente in cui viviamo o lavoriamo. Chi sorride irradia una forza ed una energia differente dalle persone cupe. Siate maggiormente ironici, anzi, umoristici. Per corrugare la fronte si mettono in movimento ben sessantacinque muscoli. Per sorridere solo diciannove. Quindi, fatelo, almeno per economia muscolare! Una persona che sa ridere di un problema, può anche affrontarlo e superarlo. Sembra quasi strano che oggi vi siano anche corsi di yoga della risata e che si facciano anche nelle aziende. Sorridere è un bisogno, una necessità ma rischiamo, sovente, di scordare questa arma strategica per la nostra salute e per l’armonia del nostro ambiente.

Questo è un classico esempio di combinazione tra un approccio MIND ed ACTION che vi porterà un cambiamento non solo cognitivo ma anche emotivo e motivazionale. Provate ad applicare questo metodo e perseverate per almeno 21 giorni. Otterrete grossi vantaggi e benefici.

 

TRATTO DA:

MIRCO TURCO (2017). UNIQUE ANTISTRESS EXPERIENCE, IL METODO INTERNAZIONALE PER LIBERARSI DALLO STRESS E VIVERE SERENI. PRIMICERI EDITORE, PADOVA.

Conoscere e gestire lo STRESS. Consigli per Genitori e Bambini

Lo stress non è una malattia, ma una condizione necessaria nella vita ed è una forma di adattamento. Ogni volta che dobbiamo “affrontare” qualcosa di nuovo, proviamo stress. Lo stress potrebbe addirittura essere considerato “vitale” e serve per far crescere l’individuo. In fase di crescita e sviluppo è molto importante sperimentare situazioni di stress ed è sconsigliato al genitore, fare “piazza pulita”, eleminare gli ostacoli, “spalare la neve” …

L’aragosta, ad esempio, cresce grazie alle sfide dell’oceano. Esce dal suo guscio, infatti, affronta i predatori e le varie difficoltà e solo dopo edifica il suo guscio protettivo. Per crescere, nuovamente dovrà uscire dal suo guscio e affrontare i vari stress. Successivamente edificherà il nuovo guscio e così via, pian, piano …

Le cose cambiano, ovviamente, se siamo eccessivamente esposti ad uno stimolo stressante, ad una situazione pesante, ad una realtà opprimente. Lo stress, di fatto, non è questione di peso, ma di tempo. Per quanto tempo dobbiamo tollerare il peso? Quanto durerà la situazione stressante?

Occorre considerare che lo stress ha le sue fasi e in generale, ne possiamo distinguere essenzialmente 3:

  1. Una fase di allarme, in cui l’organismo attiva le sue risorse.
  2. Una fase di spinta, in cui l’organismo si mobilita.
  3. Una fase di esaurimento, in cui l’organismo abbassa le sue difese.

Conoscere lo stress significa anche e soprattutto sapere come “agisce” su di noi, sui nostri bambini, sugli altri e il mondo circostante. La domanda fondamentale, oggi, è: come ci comportiamo sotto stress?

Le situazioni di stress implicano un sovraccarico di conflittualità e tale sovraccarico determina una serie di emozioni nell’uomo. Sarà più probabile, ad esempio, vivere ansia, rabbia, tristezza, dolore, colpa, imbarazzo, noia. Si aggiungono i sentimenti di insufficienza, inferiorità, insicurezza con un incremento della dipendenza verso gli altri. Aumentano, inoltre, fastidio, frustrazione e malessere in generale.

Le situazioni di stress aumentano l’aggressività, ovvero l’esigenza di atteggiamenti e comportamenti distruttivi e punitivi. Aumenta, in generale, anche l’esigenza di movimento corporeo e di irrequietezza.

Aumenta in modo sensibile anche il bisogno di congruenza e la necessità di evitare ulteriori conflitti, così come l’intolleranza verso tutto ciò che è ambiguo, irregolare, indeterminato, complicato. La persona comincia ad avere maggiori esigenze di ordine, coerenza, chiarezza, regolarità.

Lo stress causa l’intolleranza all’incongruità e con essa si registra un innalzamento delle attribuzioni di causalità, con la tendenza a dare e accettare spiegazioni.

Sotto stress si registra un’inibizione degli aspetti creativi e immaginativi e gli stati emotivi negativi e di sofferenza che ne derivano causano comportamenti stereotipati.

Lo stress determina anche reazioni difensive poco adeguate, come ad esempio la regressione. Inoltre, la persona tende maggiormente a lamentarsi del proprio stato di salute con chiare manifestazione: palpitazioni, tachicardia, nausee, difficoltà di respiro, sudore freddo, malessere diffuso …

Nel bambino, possiamo evidenziare alcuni segnali specifici di stress, sebbene occorra sempre considerare la quantità dei sintomi e la durata:

  • Fisici: mal di testa, dolore allo stomaco, battito cardiaco accelerato, senso di stanchezza.
  • Cognitivi: difficoltà di concentrazione, preoccupazioni eccessive, pensieri irrazionali.
  • Emotivi: ansia, nervosismo al mattino, sbalzi di umore, demotivazione, scoppi di rabbia.
  • Comportamentali: minore livello di attività, difficoltà di addormentamento, comportamenti fobici o aggressivi, bulimia, scoppi di pianto.
  • Relazionali: senso di esclusione, ritiro sociale, difficoltà con compagni, insegnanti e istruttori, litigiosità familiare.

 

Cosa fare per ridurre lo stress?

  1. Impegniamoci e impegniamo i bambini in attività (commitment) bandendo ogni tipo di alienazione. Fate un programma dettagliato, cercando ovviamente, di rispettare i vari punti senza procrastinare troppo. In fondo, il lavoro può continuare, così come lo studio programmato, i compiti e gli esercizi, così come cucinare, fare bricolage in casa, dedicarsi al giardinaggio, dedicarsi al proprio sport, …
  2. Esercitate un controllo su ciò che fate, sentendovi responsabili e i principali artefici, combattendo così il senso di impotenza. Fate le cose con volontà, impegno, determinazione e costanza e non “tanto per …”. Fate comprendere ai vostri bambini il perché delle cose e non solo l’obbligo, l’imposizione, la regola.
  3. Orientatevi alla sfida, contrapponendovi alla minaccia, ponendovi degli obiettivi, se pur piccoli o simbolici. Fate in egual modo con i bambini: ponete una ricompensa, un premio, un vantaggio a breve termine.
  4. Humor: non andate sempre alla ricerca di informazioni e notizie che “confermano” il periodo di stress che state vivendo insieme ai vostri bambini. Distraetevi, “staccate la spina” magari guardando un film divertente o facendo qualcosa che vi fa sorridere o ridere. Evitate il sovraccarico di informazioni. Potete decidere deliberatamente di non guardare, ad esempio, il telegiornale 1, 2 volte a settimana!
  5. Ottimismo: sebbene possa essere considerato una caratteristica personologica, guardate diversamente il mondo, il periodo, ciò che accade, sentendo pienamente e immaginando che le cose procederanno progressivamente meglio, bene. Fatelo con slancio, ma esercitatevi. Potete “rendere” i vostri bambini più ottimisti. Fateli raccontare storie a lieto fine, fate loro scrivere un bel racconto, una filastrocca, una poesia che allontani timori ed ansie. Potete procedere anche con un disegno libero o guidato, … Ricordiamo anche che l’ottimismo incide positivamente sull’autostima. Attraverso l’ottimismo le situazioni appaiono più controllabili e anche quando si vive un periodo “pesante”, si trasforma la rappresentazione che abbiamo di una situazione irrisolvibile, attenuando il senso di impotenza che possiamo provare.

Dicono di noi Unique Antistress Quality

ESERCIZIO PRATICO PER I BAMBINI E NON SOLO …

Ricordiamoci che il Gioco è una cosa Seria!

Una persona calma respira in modo calmo! Non è una banalità, ma lo stress si riduce anche attraverso delle “buone pratiche”. Rallentare il ritmo respiratorio è la prima cosa da fare, ma occorre esercizio!

“Immagina di essere un super artista di un famosissimo circo. Sei vestito con dei colori sgargianti e appena entri in scena scoppia un super applauso fragoroso.

Allarga le braccia perché stai per effettuare una camminata su una fune sospesa sopra la testa degli spettatori. (Potete, ad esempio, disporre a terra una corda, una fune, una striscia lunga qualche metro)

Comincia a rallentare il respiro. Inspira ed espira con calma, approfondendo progressivamente la respirazione.

Poni un piede dopo l’altro, con calma, piano, piano … porta in avanti il piede appoggiando delicatamente il tallone, poi la pianta, poi la punta. Continua a respirare lentamente e profondamente.

Senti il peso che si sposta progressivamente verso il piede che si trova in avanti. Fai un bel respiro, più lento e profondo.

Procedi con l’altro piede.

Ruota il busto verso la tua destra e saluta il pubblico che ti guarda. Ruota verso la parte opposta e fai lo stesso.

Senti le sensazioni che provengono dai fianchi mentre ti muovi. Concentrati sull’equilibrio e sul tuo respiro calmo e profondo.

Procedi con calma e armonia …

Sei quasi alla fine del percorso e ti accorgi che il tuo respiro è calmo e profondo, il corpo perfettamente in equilibrio. Sei attento e concentrato.

Sei alla fine. Fai un bel respiro ed esci con un bel saltello, piegando le ginocchia per atterrare con morbidezza sulla pedana.

Fai un inchino di ringraziamento e goditi gli applausi del pubblico …”

(usate l’immaginazione per modificare ed arricchire l’esercizio)

Il BURNOUT

Una definizione.

Il burn-out (essere bruciati, esauriti, scoppiati) è stato introdotto per indicare una serie di fenomeni di affaticamento, logoramento e improduttività lavorativa. La sindrome da burn-out è stata osservata per la prima volta negli Stati Uniti in persone che svolgevano diverse professioni d’aiuto: infermieri, medici, insegnanti, assistenti sociali, poliziotti, operatori di ospedali psichiatrici, … Secondo Maslach, il burn-out è un insieme di manifestazioni psicologiche e comportamentali che può insorgere in operatori che lavorano a contatto con la gente.

Le manifestazioni di tale sindrome:

  • esaurimento emotivo,
  • depersonalizzazione,
  • ridotta realizzazione personale.

L’esaurimento emotivo consiste nel sentimento di essere emotivamente svuotato e annullato dal proprio lavoro. La depersonalizzazione si presenta come un atteggiamento di allontanamento nei confronti di coloro che richiedono o ricevono la prestazione professionale, il servizio o la cura. La ridotta realizzazione personale riguarda la percezione della propria inadeguatezza al lavoro, la caduta dell’’autostima ed il sentimento di insuccesso nel proprio lavoro.
Il soggetto “colpito” da burn-out manifesta spesso sintomi a-specifici come: irrequietezza, senso di stanchezza ed esaurimento, apatia, nervosismo, insonnia; sintomi somatici quali tachicardia, cefalee, nausea; sintomi psicologici come depressione, bassa stima di sé, senso di colpa, sensazione di fallimento, rabbia e risentimento, alta resistenza ad andare al lavoro ogni giorno, indifferenza, negativismo, isolamento, sensazione di immobilismo, sospetto e paranoia, rigidità di pensiero e resistenza al cambiamento, difficoltà nelle relazioni con gli utenti, cinismo, atteggiamento colpevolizzante nei confronti degli utenti.

Spesso tale situazione di disagio induce il soggetto ad abuso di alcool o di farmaci. Gli effetti negativi del burnout non coinvolgono solo il singolo, come persona e come lavoratore ma anche l’utenza a cui viene offerto, di conseguenza, un servizio inadeguato ed un trattamento meno umano.

Il burn-out può essere considerato come una conseguenza dello stress, stress concepito come   una risposta aspecifica dell’organismo ad una richiesta di prestazioni. Ovviamente, esso va inteso come fenomeno più complesso dello stress.

Identificazione delle cause del burn-out.

Possiamo evidenziare cause soggettive e cause socio-culturali.

Fanno parte delle cause soggettive:

  • Caratteristiche della personalità;
  • Insufficiente maturazione emotiva;
  • Incapacità di reggere relazioni sociali coinvolgenti;
  • Tendenza all’eccessivo coinvolgimento nelle problematiche altrui;
  • Intolleranza della frustrazione;
  • Incapacità di gestire il tempo in modo efficace e produttivo, con conseguente continua insoddisfazione per come lo si è utilizzato (indipendentemente dagli esiti raggiunti).

Fanno parte delle cause socio-culturali:

  • Malfunzionamento gestionale della struttura;
  • Non avere tempi e spazi prefissati per la propria crescita personale;
  • Essere scarsamente retribuiti;
  • Essere sovraccarichi di lavoro;
  • Non avere possibilità di interazione con i colleghi;
  • Insoddisfazione nei rapporti con colleghi;
  • Insufficiente autonomia decisionale;
  • Scarso rapporto con i superiori;
  • Problematiche personali di tipo relazionale o comunque di tipo familiare.

Caratteristiche del burn-out e sintomatologia.

sindrome da esaurimento psicofisico Mirco Turco

La vittima di burn-out può vivere una sintomatologia complessa di tipo cognitivo, emozionale e comportamentale.

Sintomi psichici:

esaurimento emotivo, depersonalizzazione dell’utente, ridotta realizzazione professionale. Ai sintomi inclusi in queste tre categorie, F. Folgheraiter aggiunge quelli descrivibili globalmente come perdita di controllo.

In base a questo criterio, i sintomi possono essere raggruppati in quattro categorie:

  1. Collasso delle energie psichiche (resistenza ad andare al lavoro, apatia, demoralizzazione, difficoltà di concentrazione, diagio, incubi notturni, irritabilità, preoccupazioni eccessive o immotivate, senso di inadeguatezza, sensi di colpa, senso di frustrazione o fallimento.
  2. Collasso della motivazione (perdita della capacità empatica, rigidità nell’imporre regole o norme, cinismo, ostilità, rifiuto vero gli utenti o i colleghi.
  3. Caduta dell’autostima (svalutazione professionale e personale).
  4. Perdita di controllo (mancato controllo dello spazio, pensieri lavorativi ininterrotti, mancata possibilità di “staccare la spina”).

Sintomi comportamentali:

Assenteismo; progressivo ritiro dalla realtà lavorativa (“disinvestimento); difficoltà a scherzare sul lavoro, talvolta anche solo a sorridere; ricorso a misure di controllo o allontanamento nei confronti degli utenti: sedazione, contenzione fisica, espulsione; perdita dell’autocontrollo: reazioni emotive violente, impulsive, verso utenti e/o colleghi; tabagismo e assunzione di sostanze psicoattive: alcool, psicofarmaci, stupefacenti.

Sintomi fisici:

la sindrome di burn-out può provocare o peggiorare una sintomatologia di tipo psicosomatico (Bernstein, , Cherniss 1983, Halaszyn 1989) e nello specifico:

  1. a) disfunzioni gastrointestinali: gastrite, ulcera, colite, stitichezza, diarrea;
  2. b) disfunzioni a carico del SNC (sistema nervoso centrale): astenia, cefalea, emicrania;
  3. c) disfunzioni sessuali: impotenza, frigidità, calo del desiderio;
  4. d) malattie della pelle: dermatite, eczema, acne, afte, orzaiolo;
  5. e) allergie e asma;
  6. f) insonnia e altri disturbi del sonno;
  7. g) disturbi dell’appetito;
  8. h) componenti psicosomatiche di: artrite, cardiopatia, diabete.

Insorgenza e decorso del burn-out.

Generalmente, possono essere identificate quattro fasi specifiche:

  1. Entusiasmo idealistico;
  2. Stagnazione;
  3. Frustrazione;
  4. Disimpegno.
  1. La prima fase (entusiasmo idealistico) è caratterizzata dalle motivazioni che hanno spinto gli operatori a scegliere un certo tipo di lavoro. Tali motivazioni possono essere consapevoli o inconsce.
  2. Nella seconda fase (stagnazione) l’operatore si accorge progressivamente che il lavoro non soddisfa più i suoi bisogni. Si passa così ad una riduzione dell’impegno lavorativo e ad un sorta di disimpegno.
  3. La terza fase (frustrazione) è quella più critica. L’operatore pensa di non poter più eseguire il lavoro. Si sviluppano vissuti di perdita, svuotamento, crisi emozionali e valoriali. La persona frustrata potrà anche assumere atteggiamenti di tipo aggressivo o potrà mettere in atto comportamenti di fuga (ad esempio periodi prolungati di malattia o allontanamento dal posto di lavoro).
  4. La quarta fase (disimpegno) è caratterizzata dal passaggio dalla empatia all’apatia. In tal caso, il soggetto sperimenta una sorta di “morte professionale”.

E’ fondamentale, ai fini della prevenzione, considerare il burn-out come un complesso problema “contagioso”. Esso, infatti, non riguarda solo la persona che lavora, ma può estendersi ad un gruppo o un equipe. E’ dunque un problema organizzativo. Le conseguenze di tale sindrome ricadono, infatti:

  • Sull’operatore
  • Sul gruppo
  • Sugli utenti
  • Sull’intera organizzazione
  • Sul sistema sociale

 Strategie per la Prevenzione del Burn-Out.

La prevenzione del burn-out può essere realizzata attraverso una serie di strategie:

  • Incoraggiamento degli operatori verso nuovi obiettivi gratificanti;
  • Aiuto per innalzare i meccanismi di controllo e di feed-back;
  • Implementare l’efficacia professionale e l’efficienza del ruolo attraverso training specialistici;
  • Attuare interventi di gestione del tempo (time management);
  • Conoscere le dinamiche lavorative e le possibili problematiche associate;
  • Esercitare un controllo/monitoraggio sul fenomeno burn-out da parte di professionisti del settore;
  • Creare dei gruppi di discussione e aiuto sulle problematiche lavorative;
  • Pianificare bene il lavoro;
  • Incoraggiare gli operatori a fruire delle ferie in modo strategico;
  • Organizzare training per la gestione e la risoluzione del conflitto;
  • Pianificare interventi specifici di psicologia del lavoro e delle organizzazioni;

  • Il burn-out, come altre problematiche già conosciute, fa parte delle realtà organizzative disfunzionali, realtà che non tengono conto, per mancata conoscenza o per altre ragioni, della rilevanza della gestione strategica delle risorse umane. Gestione strategica delle risorse umane significa soprattutto conoscenza delle variabili soggettive dei singoli dipendenti e conoscenza di aspetti rilevanti quali clima e cultura organizzativa ma anche conoscenza e gestione delle dinamiche di gruppo, conoscenza e valorizzazione dei processi organizzativi, conoscenza e consequenziale applicazione di strategie che afferiscono alla psicologia applicata.

Lo STRESS è una questione di Tempo

GLI EFFETTI DELLO STRESS A BREVE TERMINE

Lo stress non è questione di “peso”, ma questione di “tempo”. Per quanto tempo devo reggere? Per quanto tempo devo tollerare questa situazione?

Occorre considerare che lo stress ha le sue fasi e, in generale, ne possiamo distinguere essenzialmente 3:

  1. Una fase di allarme, in cui l’organismo attiva le sue risorse.
  2. Una fase di spinta, in cui l’organismo si mobilita.
  3. Una fase di esaurimento, in cui l’organismo abbassa le sue difese.

Conoscere lo stress significa anche e soprattutto sapere come “agisce” su di noi, sugli altri e il mondo circostante. La domanda quindi è: come ci comportiamo sotto stress?

Le situazioni di stress implicano un sovraccarico di conflittualità e tale sovraccarico determina una serie di emozioni nell’uomo: ansia, rabbia, tristezza, dolore, colpa, imbarazzo, noia. Si aggiungono i sentimenti di insufficienza, inferiorità, insicurezza con un incremento della dipendenza verso gli altri. Aumentano, inoltre, fastidio, frustrazione e malessere in generale.

Le situazioni di stress aumentano l’aggressività, ovvero l’esigenza di atteggiamenti e comportamenti distruttivi e punitivi. Aumenta, in generale, anche l’esigenza di movimento corporeo e di irrequietezza.

Aumento in modo sensibile il bisogno di congruenza e la necessità di evitare ulteriori conflitti. Aumenta l’intolleranza verso tutto ciò che è ambiguo, irregolare, indeterminato, complicato. La persona comincia ad avere maggiori esigenze di ordine, coerenza, chiarezza, regolarità.

Lo stress causa l’intolleranza all’incongruità e con essa si registra un innalzamento delle attribuzioni di causalità, con la tendenza a dare e accettare spiegazioni.

Sotto stress si registra un’inibizione degli aspetti creativi e immaginativi e gli stati emotivi negativi e di sofferenza che ne derivano causano comportamenti stereotipati.

Lo stress determina anche reazioni difensive poco adeguate, come ad esempio la regressione. Inoltre, la persona tende maggiormente a lamentarsi del proprio stato di salute con chiare manifestazione: palpitazioni, tachicardia, nausee, difficoltà di respiro, sudore freddo, malessere diffuso …

COSA FARE?

Impegniamoci in attività (commitment) bandendo ogni tipo di alienazione. Fare un programma dettagliato potrebbe essere già una strategia, cercando, ovviamente, di rispettare i vari punti senza procrastinare troppo. In fondo, il lavoro può continuare, così come cucinare, fare bricolage in casa, dedicarsi al giardinaggio, …

Esercitate un controllo su ciò che fate, sentendovi responsabili e i principali artefici, combattendo così il senso di impotenza. Fate le cose con volontà, impegno, determinazione e costanza e non “tanto per …”.

Orientatevi alla sfida, contrapponendovi alla minaccia, ponendovi degli obiettivi, se pur piccoli o simbolici.

Humor: non andate sempre alla ricerca di informazioni e notizie che “confermano” il periodo di stress che state vivendo. Distraetevi, “staccate la spina” magari guardando un film divertente o facendo qualcosa che vi fa sorridere o ridere. Evitate i sovraccarico di informazioni …

Ottimismo: sebbene possa essere considerato una caratteristica personologica, guardate diversamente il mondo, il periodo, ciò che accade, sentendo pienamente e immaginando che le cose procederanno progressivamente meglio, bene. Fatelo con slancio, ma esercitatevi.

Occhio allo STRESS

PSICOLOGIA, BENESSERE

Un VIRUS mette Ansia e non Paura

In periodi particolari, come quello odierno, fare chiarezza diventa obbligatorio, soprattutto per contenere il vissuto ansiogeno e frustrante delle persone, di tutti noi.

Quello che viviamo, oggi, è sicuramente un periodo di forte ansia più che paura.

La paura è un’emozione universale e, in talune occasioni, potrebbe essere addirittura un “dono”. Nella paura si ha la percezione della fonte del pericolo. Potremmo anche non essere in grado di affrontare tale pericolo, ma conosciamo comunque l’origine; potremmo addirittura credere di poter avere il controllo di una certa situazione, pur se minimo. Alla paura possiamo reagire e lo facciamo con il meccanismo atavico “Fight, Flight, Freeze”. Possiamo, quindi, reagire combattendo, oppure scappando o ci rimane l’alternativa di uno stato di congelamento, immobilità, attendendo che la fonte del pericolo passi al più presto.

La paura è di fatto gestibile, sempre che non si trasformi, ovviamente, in una fobia. La paura è quindi in stretta connessione con un oggetto definibile. Ad esempio, tutti coloro che sono “scappati” dal Nord, raggiungendo magari le proprie famiglie al Sud, lo hanno fatto per paura e lo hanno fatto, probabilmente, anche perché non avevano ben chiara l’emozione di base che stavano provando!

Non è così con l’ansia.

L’ansia è in rapporto con una minaccia non quantificabile, che non ha un’origine chiara e definita. Intensità, direzione, movimento non sono certe. L’ansia è una paura senza oggetto.

Ansia deriva dal latino angere (stringere) ed è uno stato di apprensione, oppressione, legato ad un senso di soffocamento, incertezza, allarme che si presenta anche, in assenza di un pericolo oggettivo. Il controllo che possiamo avere, se pur minimo, in una situazione che genera paura, svanisce in una situazione ansiogena. Ed è proprio quello che stiamo effettivamente provando in questo periodo.

Quello che viviamo oggi è una pandemia, come la definiscono gli esperti. Da greco pan-demos, “tutto il popolo”. È una malattia epidemica che si diffonde rapidamente su larga scala e che coinvolge una percentuale significativa della popolazione mondiale.

Un virus non è una cosa visibile, non rappresenta una minaccia quantificabile. Un virus non crea paura, ma genera ansia!

Il vissuto ansiogeno diventa estremo ed aumenta esponenzialmente anche attraverso le ansie dell’altro, del familiare, dell’amico, del conoscente che magari posta sui Social notizie, articoli, immagini, con lo scopo principale di esercitare un minimo controllo, di trasformare, se pur inconsciamente, l’ansia in paura, plasmando magari un oggetto indefinito in qualcosa di definibile. La cosa però non funziona ed è alquanto vana.

L’incertezza così aumenta: “sono sicuro che se mi mantengo alla distanza di 1 metro non verrò infettato? Sono sicuro che la mascherina che utilizzo sia sufficiente? Sono certo che lavarmi le mani bene possa scongiurare ogni contagio? È vero che la trasmissione avviene solo per contatto diretto? In fondo, neanche gli esperti riescono a dare risposte certe ed esaustive … Tale sovraccarico di domande e di incertezze alimentano l’ansia e al contempo il senso di impotenza.

È naturale allora, innanzi ad un evento così ansiogeno, reagire con altri sentimenti ed emozioni, tra ragione e sentimento: la speranza è tra questi. Davanti alla paura, la speranza serve a poco, ma nell’ansia diventa quasi vitale! “La speranza è il solo bene che è comune a tutti gli uomini, e anche coloro che non hanno più nulla la possiedono ancora”.

Oltre che a sperare, però, cercate di gestire l’ansia e non la paura(continua) …

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