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Ipnosi e Gestione del dolore

L’ipnosi si è dimostrata uno strumento efficace per il controllo e la gestione del dolore. In particolare, viene utilizzata per ridurre la percezione del dolore cronico, migliorare la qualità della vita e diminuire l’uso di farmaci analgesici.

Come funziona l’ipnosi nella gestione del dolore?

Durante uno stato ipnotico, l’individuo è profondamente concentrato e rilassato, ma non perde il controllo delle sue facoltà mentali. La mente diventa più ricettiva a suggerimenti che possono modificare la percezione del dolore. Diversi studi hanno dimostrato che l’ipnosi influisce sui circuiti neuronali legati alla percezione sensoriale, alterando la risposta del cervello agli stimoli dolorosi.

Un importante studio di meta-analisi ha dimostrato che l’ipnosi riduce significativamente il dolore acuto e cronico. Questo risultato è stato confermato da una revisione sistematica condotta da Montgomery et al. (2000), che ha mostrato come l’ipnosi riduca il dolore post-operatorio e la necessità di anestetici in contesti chirurgici .

Applicazioni cliniche dell’ipnosi

L’ipnosi è stata applicata con successo in numerose situazioni cliniche:

  • Dolore cronico: in condizioni come la fibromialgia e l’artrite, l’ipnosi ha dimostrato di ridurre la percezione del dolore, migliorare la qualità del sonno e ridurre lo stress .
  • Cure palliative: viene utilizzata per alleviare il dolore in pazienti oncologici e migliorare il benessere psicofisico, riducendo l’uso di oppiacei .
  • Procedure mediche invasive: in contesti come chirurgia, biopsie o cure dentali, l’ipnosi si è dimostrata efficace nel ridurre l’ansia e il dolore .

Meccanismi neurobiologici

Studi di neuroimaging hanno evidenziato che l’ipnosi modula l’attività di specifiche aree cerebrali coinvolte nella percezione del dolore, come la corteccia cingolata anteriore, l’insula e la corteccia somatosensoriale . Questi cambiamenti indicano che l’ipnosi non agisce semplicemente come un placebo, ma interviene direttamente sui meccanismi cerebrali che regolano il dolore.

Un recente studio internazionale

Abstract

Questa è la prima meta-analisi completa in circa 20 anni di tutti gli studi controllati sull’uso dell’ipnosi per alleviare il dolore clinico. Per essere inclusi, gli studi dovevano utilizzare un modello misto o tra soggetti in cui un intervento di ipnosi veniva confrontato con una condizione di controllo per alleviare qualsiasi forma di dolore clinico. Dei 523 record esaminati, 42 studi che incorporavano 45 prove di ipnosi soddisfacevano i criteri di inclusione. Le nostre stime più conservative dell’impatto dell’ipnosi sul dolore hanno prodotto dimensioni dell’effetto ponderate medie di 0,60 (p ≤ 0,001) per 40 prove post e 0,61 (p ≤ 0,001) per 9 prove di follow-up. Queste dimensioni dell’effetto rientrano nell’intervallo medio secondo le linee guida di Cohen e suggeriscono che il partecipante medio che riceveva ipnosi ha ridotto il dolore più di circa il 73% dei partecipanti di controllo. L’ipnosi è stata moderata dalla qualità metodologica complessiva delle sperimentazioni: la dimensione media dell’effetto ponderato dei 19 post-sperimentazioni senza valutazioni di rischio elevato su nessuna delle dimensioni del rischio di bias Cochrane era 0,77 (p ≤ 0,001). L’ipnosi è stata anche moderata dalla suggestionabilità ipnotica, con 6 post-sperimentazioni che hanno prodotto una dimensione media dell’effetto ponderato di r = 0,53 (p ≤ 0,001). I nostri risultati rafforzano l’affermazione che l’ipnosi è un intervento molto efficace per alleviare il dolore clinico.

Rif. Leonard S. Milling, Keara E. Valentine, Lindsey M. LoStimolo, Alyssa M. Nett, und Hannah S. McCarley. Tradotto dal dr. Arnaldo Lovecchio

 

 

Ipnosi Ericksoniana Mirco Turco

Ipnosi in Medicina: analgesia e anestesia ipnotica

Ipnosi Medica: analgesia e anestesia ipnotica


Una definizione di ipnosi non è semplice o, probabilmente, sarebbe alquanto pragmatico partire da ciò che non è ipnosi. Dalle prime definizioni di Braid, alle precisazioni psicosomatiche, da Freud a Fromm, da Erickson sino alle definizioni “dinamiche”, arrivando alle recenti conferme neuropsicologiche. L’ipnosi non è suggestione né semplicemente un’alterazione dello stato di coscienza. L’ipnosi è una forma di comunicazione profonda e autentica, attraverso la quale la persona accede più facilmente a parti di sé altrimenti sopite, taciute, strategicamente velate. E’ una forma elettiva di comunicazione e sicuramente è anche uno stato di apprendimento inconscio. L’ipnosi è modificazione transitoria di stati fisiologici e di sensazioni, di percezioni, pensieri, memorie e comportamenti.


Durante l’ipnosi si assiste ad una modificazione temporanea e funzionale delle sensazioni, delle percezioni, dei pensieri, della consapevolezza, della memoria e dei comportamenti. La trance ipnotica è strettamente correlata alla fisiologia ed alla struttura del sistema nervoso centrale ed autonomo ed è connessa con tratti personologici, con le aspettative del soggetto, con il contesto e con la qualità della relazione con l’ipnotista.

L’ipnosi e la terapia ipnotica appaiono approcci strategici per la risoluzione di svariate problematiche psicologiche ed al contempo costituiscono anche strumenti elettivi nella pratica medica in generale e in medicina di urgenza, chirurgia, ostetricia, odontoiatria, malattie gravi (es. cancro). Questo versante però è ancora poco conosciuto e diffuso in Italia. Esistono, inoltre, evidenze sull’applicabilità dell’ipnosi nella terapia antalgica, nell’analgesia e nell’anestesia.
I primi studi sul “controllo del dolore” e ipnosi possono essere attribuiti ai coniugi Hilgard intorno alla fine degli anni ’70, che dimostrarono come i livelli di anelgesia possono essere correlati al grado di ipnotizzabilità dei soggetti. Essi stessi dimostrarono che l’effetto analgesico raggiungibile mediante ipnosi non è semplicemente riconducibile all’effetto placebo o ai fenomeni di analgesia da stress o ansia o paura, né dipende dalle endorfine e non è reversibile con antagonisti degli oppioidi (naloxone) e non è legato neanche a modulazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene ma è, in realtà, un effetto specifico.
Lo stato ipnotico determina alcune modificazioni nelle strutture deputate al controllo cognitivo in grado di rendere “indisponibili” alla coscienza ordinaria alcuni processi. L’osservatore nascosto, ovvero una parte dissociata dell’io, rimane, comunque attiva.

scelte
Nel 1994 l’Associazione Internazionale per lo studio del dolore definisce il dolore come esperienza mentale. A tal riguardo, è accettato che l’ipnosi svolga un ruolo attivo e pragmatico proprio nel controllo del dolore, ad esempio, a partire da strategie di defocalizzazione dell’attenzione. Essa agisce sull’agente lesive e sull’area interessata ma anche sull’ansia derivante. La condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare dei sistemi sensoriali afferenti, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali. Essa è, comunque, legata al livello di ipnotizzabilità del soggetto.
Studi sulla riduzione del dolore in pazienti adulti, effettuati attraverso meta-analisi e approfondimenti statistici, dimostrano, ad esempio, che le tecniche ipnotiche nel controllo del dolore ischemico sono molto efficaci: soggetti altamente ipnotizzabili, infatti, presentavano un aumento della tolleranza al dolore del 113% verso un incremento di tolleranza del 26% in soggetti scarsamente ipnotizzabili.
L’ipnosi sarebbe idonea per alleviare la componente sensoriale discriminativa dell’esperienza dolorosa oltre alla componente affettiva.

Andrebbe precisato che l’ipnosi è utilizzata a livello mondiale per il trattamento del dolore operatorio e post-operatorio, per agevolare procedure diagnostiche o terapeutiche dolorose, per il dolore iatrogeno, per il dolore da parto, il dolore odontoiatrico, il dolore da ustioni, lombalgia, fibromi algia, sindrome dell’arto fantasma, cefalee croniche primarie, dolore oncologico e disturbi associati, …

Da un punto di vista operativo, l’analgesia ipnotica, poco conosciuta, potrebbe essere considerata come avente natura non endorfinica, non oppiacea, ovvero neurale. L’ipnotismo ericksoniano sembra avere effetti più rapidi e profondi rispetto a forme di rilassamento jacobsiano.
Altri studi specialistici raggruppano gli effetti prodotti dall’anelgesia/anestesia ipnotica:
dissociazione funzionale centrale sul neopallio , anzi, doppia dissociazione, a livello sia della corteccia somatosensoriale primaria, sia delle classiche aree limbiche corticali, come suggerito dalla variazione degli EEG in analgesia ipnotica a livello di onde gamma (32-100 Hz) relative allo scalpo prefrontale; inibizione spinale discendente sul riflesso nocicettivo R-III, inibito per 2/3, con percezione del dolore ridotta a 1/4; reinterpretazione cognitiva dell’esperienza dolorosa; disattivazione autonomica centrale, evidenziata in pupillometria ;inibizione delle capacita’ propriocettive generali, come il senso della posizione ; alterazione della mappa del dolore, con modifica sia della percezione dello stimolo algogeno sia della sua localizzazione; effetto soverchiante il placebo, e basato su meccanismi neurali differenti da quelli implicati nei processi di distrazione o di riduzione dell’attenzione; variazioni del flusso ematico a livello corticale e cingolare (subcorticale), come rivelato dalla PET su pazienti ipnotizzati sofferenti di fibromialgia; coinvolgimento dei centri corticali cingolati nella modulazione del dolore acuto e cronico; coinvolgimento corticale anteriore e cerebellare posteriore se si usano suggestioni di aspettativa e di certezza nell’analgesia; coinvolgimento corticale mediano e ippocampale se si usano suggestioni ansiogene di incertezza sul dolore.
Evidenze elettroencefaliche mostrano come la condizione ipnotica produce una riduzione dell’attività funzionale emisferica sinistra ed una implementazione di quella emisferica destra. La riduzione dell’attività corticale prefrontale sembra essere una caratteristica di tutti gli stati alterati di coscienza.

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Sessione di Ipnosi Ericsoniana di Gruppo

Sarebbe altrettanto rilevante, per una ipnosi efficace, l’interazione tra ipnotista e soggetto che produrrebbe cambiamenti anche di natura psicofisiologica. Si parla, infatti, di sincronia interattiva e comportamentale (es. posture, movimenti, respirazione, attività elettromiografia).
Esisterebbero, dunque, chiare basi neuro anatomiche e fisiologiche degli aspetti relazionali determinanti per la riuscita ipnotica. Il meccanismo che consente di cogliere l’esperienza mentale altrui è giustificato, infatti, dall’esistenza di un complesso circuito neuronale (sistema specchio).
Attraverso studi di neuroimaging si è provato che durante l’ipnosi, sia rileva un’ importante attivazione a livello di aree corticali occipitali, parietali, precentrali, prefrontali e della corteccia cingolata. Le suggestioni ipnotiche per modulare il dolore modificherebbero, inoltre, l’attività cerebrale in regioni direttamente implicate nella percezione del dolore.
La più “semplice” delle ipnosi neutre è in grado di modificare, tra l’altro, l’assetto intrapsichico associato a cambiamenti cenestesici (calore, pesantezza, etc.) oltre a evidenti modificazioni vegetative. Infine, soggetti altamente ipnotizzabili presentano livelli liquorali più elevati di Acido Vanilmandelico, principale catabolita della dopamina e della Cometil Transferasi.

Gli studi, le ricerche e le sperimentazioni condotte negli i ultimi cinquant’anni, dimostrano che l’ipnosi è in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori, sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente. L’ipnosi, infine, si è dimostrata inequivocabilmente superiore ad altre tecniche psicologiche, come la distrazione e il biofeedback.

“Tutto ciò che è incomprensibile non per questo cessa di esistere” (Pascal)

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Fase del procedimento ipnotico.

Fonte: Mirco Turco. Rivista Ordine Psicologi Puglia.

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