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Ipnosi Ericksoniana Mirco Turco

Ipnosi in Medicina: analgesia e anestesia ipnotica

Ipnosi Medica: analgesia e anestesia ipnotica


Una definizione di ipnosi non è semplice o, probabilmente, sarebbe alquanto pragmatico partire da ciò che non è ipnosi. Dalle prime definizioni di Braid, alle precisazioni psicosomatiche, da Freud a Fromm, da Erickson sino alle definizioni “dinamiche”, arrivando alle recenti conferme neuropsicologiche. L’ipnosi non è suggestione né semplicemente un’alterazione dello stato di coscienza. L’ipnosi è una forma di comunicazione profonda e autentica, attraverso la quale la persona accede più facilmente a parti di sé altrimenti sopite, taciute, strategicamente velate. E’ una forma elettiva di comunicazione e sicuramente è anche uno stato di apprendimento inconscio. L’ipnosi è modificazione transitoria di stati fisiologici e di sensazioni, di percezioni, pensieri, memorie e comportamenti.


Durante l’ipnosi si assiste ad una modificazione temporanea e funzionale delle sensazioni, delle percezioni, dei pensieri, della consapevolezza, della memoria e dei comportamenti. La trance ipnotica è strettamente correlata alla fisiologia ed alla struttura del sistema nervoso centrale ed autonomo ed è connessa con tratti personologici, con le aspettative del soggetto, con il contesto e con la qualità della relazione con l’ipnotista.

L’ipnosi e la terapia ipnotica appaiono approcci strategici per la risoluzione di svariate problematiche psicologiche ed al contempo costituiscono anche strumenti elettivi nella pratica medica in generale e in medicina di urgenza, chirurgia, ostetricia, odontoiatria, malattie gravi (es. cancro). Questo versante però è ancora poco conosciuto e diffuso in Italia. Esistono, inoltre, evidenze sull’applicabilità dell’ipnosi nella terapia antalgica, nell’analgesia e nell’anestesia.
I primi studi sul “controllo del dolore” e ipnosi possono essere attribuiti ai coniugi Hilgard intorno alla fine degli anni ’70, che dimostrarono come i livelli di anelgesia possono essere correlati al grado di ipnotizzabilità dei soggetti. Essi stessi dimostrarono che l’effetto analgesico raggiungibile mediante ipnosi non è semplicemente riconducibile all’effetto placebo o ai fenomeni di analgesia da stress o ansia o paura, né dipende dalle endorfine e non è reversibile con antagonisti degli oppioidi (naloxone) e non è legato neanche a modulazioni dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene ma è, in realtà, un effetto specifico.
Lo stato ipnotico determina alcune modificazioni nelle strutture deputate al controllo cognitivo in grado di rendere “indisponibili” alla coscienza ordinaria alcuni processi. L’osservatore nascosto, ovvero una parte dissociata dell’io, rimane, comunque attiva.

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Nel 1994 l’Associazione Internazionale per lo studio del dolore definisce il dolore come esperienza mentale. A tal riguardo, è accettato che l’ipnosi svolga un ruolo attivo e pragmatico proprio nel controllo del dolore, ad esempio, a partire da strategie di defocalizzazione dell’attenzione. Essa agisce sull’agente lesive e sull’area interessata ma anche sull’ansia derivante. La condizione ipnotica sarebbe in grado di modulare dei sistemi sensoriali afferenti, sopprimendo anche alcuni riflessi segmentari locali. Essa è, comunque, legata al livello di ipnotizzabilità del soggetto.
Studi sulla riduzione del dolore in pazienti adulti, effettuati attraverso meta-analisi e approfondimenti statistici, dimostrano, ad esempio, che le tecniche ipnotiche nel controllo del dolore ischemico sono molto efficaci: soggetti altamente ipnotizzabili, infatti, presentavano un aumento della tolleranza al dolore del 113% verso un incremento di tolleranza del 26% in soggetti scarsamente ipnotizzabili.
L’ipnosi sarebbe idonea per alleviare la componente sensoriale discriminativa dell’esperienza dolorosa oltre alla componente affettiva.

Andrebbe precisato che l’ipnosi è utilizzata a livello mondiale per il trattamento del dolore operatorio e post-operatorio, per agevolare procedure diagnostiche o terapeutiche dolorose, per il dolore iatrogeno, per il dolore da parto, il dolore odontoiatrico, il dolore da ustioni, lombalgia, fibromi algia, sindrome dell’arto fantasma, cefalee croniche primarie, dolore oncologico e disturbi associati, …

Da un punto di vista operativo, l’analgesia ipnotica, poco conosciuta, potrebbe essere considerata come avente natura non endorfinica, non oppiacea, ovvero neurale. L’ipnotismo ericksoniano sembra avere effetti più rapidi e profondi rispetto a forme di rilassamento jacobsiano.
Altri studi specialistici raggruppano gli effetti prodotti dall’anelgesia/anestesia ipnotica:
dissociazione funzionale centrale sul neopallio , anzi, doppia dissociazione, a livello sia della corteccia somatosensoriale primaria, sia delle classiche aree limbiche corticali, come suggerito dalla variazione degli EEG in analgesia ipnotica a livello di onde gamma (32-100 Hz) relative allo scalpo prefrontale; inibizione spinale discendente sul riflesso nocicettivo R-III, inibito per 2/3, con percezione del dolore ridotta a 1/4; reinterpretazione cognitiva dell’esperienza dolorosa; disattivazione autonomica centrale, evidenziata in pupillometria ;inibizione delle capacita’ propriocettive generali, come il senso della posizione ; alterazione della mappa del dolore, con modifica sia della percezione dello stimolo algogeno sia della sua localizzazione; effetto soverchiante il placebo, e basato su meccanismi neurali differenti da quelli implicati nei processi di distrazione o di riduzione dell’attenzione; variazioni del flusso ematico a livello corticale e cingolare (subcorticale), come rivelato dalla PET su pazienti ipnotizzati sofferenti di fibromialgia; coinvolgimento dei centri corticali cingolati nella modulazione del dolore acuto e cronico; coinvolgimento corticale anteriore e cerebellare posteriore se si usano suggestioni di aspettativa e di certezza nell’analgesia; coinvolgimento corticale mediano e ippocampale se si usano suggestioni ansiogene di incertezza sul dolore.
Evidenze elettroencefaliche mostrano come la condizione ipnotica produce una riduzione dell’attività funzionale emisferica sinistra ed una implementazione di quella emisferica destra. La riduzione dell’attività corticale prefrontale sembra essere una caratteristica di tutti gli stati alterati di coscienza.

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Sessione di Ipnosi Ericsoniana di Gruppo

Sarebbe altrettanto rilevante, per una ipnosi efficace, l’interazione tra ipnotista e soggetto che produrrebbe cambiamenti anche di natura psicofisiologica. Si parla, infatti, di sincronia interattiva e comportamentale (es. posture, movimenti, respirazione, attività elettromiografia).
Esisterebbero, dunque, chiare basi neuro anatomiche e fisiologiche degli aspetti relazionali determinanti per la riuscita ipnotica. Il meccanismo che consente di cogliere l’esperienza mentale altrui è giustificato, infatti, dall’esistenza di un complesso circuito neuronale (sistema specchio).
Attraverso studi di neuroimaging si è provato che durante l’ipnosi, sia rileva un’ importante attivazione a livello di aree corticali occipitali, parietali, precentrali, prefrontali e della corteccia cingolata. Le suggestioni ipnotiche per modulare il dolore modificherebbero, inoltre, l’attività cerebrale in regioni direttamente implicate nella percezione del dolore.
La più “semplice” delle ipnosi neutre è in grado di modificare, tra l’altro, l’assetto intrapsichico associato a cambiamenti cenestesici (calore, pesantezza, etc.) oltre a evidenti modificazioni vegetative. Infine, soggetti altamente ipnotizzabili presentano livelli liquorali più elevati di Acido Vanilmandelico, principale catabolita della dopamina e della Cometil Transferasi.

Gli studi, le ricerche e le sperimentazioni condotte negli i ultimi cinquant’anni, dimostrano che l’ipnosi è in grado di ridurre o eliminare un vasto numero di dolori, sia sperimentalmente (dolore ischemico, da pressione, da freddo, da caldo, da stimolazione elettrica), che clinicamente. L’ipnosi, infine, si è dimostrata inequivocabilmente superiore ad altre tecniche psicologiche, come la distrazione e il biofeedback.

“Tutto ciò che è incomprensibile non per questo cessa di esistere” (Pascal)

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Fase del procedimento ipnotico.

Fonte: Mirco Turco. Rivista Ordine Psicologi Puglia.

Il gatto: simbolismo e immagini archetipiche

I gatti hanno ispirato potenti proiezioni, positive e negative. Il dio egizio del Sole Da era il gatto feroce che con un colpo uccise il serpente del caos primordiale Apopi. I monasteri buddhisti hanno accolto i gatti non solo come protettori dei testi sacri ma anche come compagni discreti che condividono con i monaci l’inclinazione verso l’indipendenza pacata e regolare.

Nelle favole, il gatto assume il ruolo di uno psicopompo la cui audace vitalità instintuale compensa la grazia eccessiva e gli istinti sublimati dell’eroe o dell’eroina. L’onnipresente “gatto che chiama” nella cultura giapponese che attira i clienti nei negozi e porta fortuna e prosperità nelle case, è indicativo delle energie feline fertili e positive. Agli occhi dei loro detrattori, invece, i gatti sono spesso crudeli, egoisti, freddi e distaccati. Nel folklore buddhista, il topo incaricato di portare una medicina per il Buddha morente non riuscì a completare la sua missione, perché ucciso e mangiato da un gatto.

La cultura cristiana ha associato spesso il gatto al potere sovversivo del demonio e, in particolare, delle donne in contrasto con le nozioni comuni di obbedienza, modestia e rettitudine morale femminile. I gatti, capaci di rubare le anime dei morti o il respiro dei bambini, etichettati come demoni al servizio delle streghe e cadevano vittime di persecuzioni furiose.

Coloro che hanno la fortuna di essere chiamati dal gatto interiore che vaga nella psiche, potrebbero scoprire che esso può condurli al cuore centrale della loro “casa originaria”. I gatti mediano l’incontro con il terreno nativo istintuale dal quale, taluni sono stati sradicati.

Con il loro infallibile senso dell’orientamento, possono aiutarci a localizzarci nel presente. Come delle muse mediano il gioco spontaneo e imprevedibile delle energie creative. E chi meglio dei gatti può dimostrare, semplicemente con l’esempio, come rivendicare quello che si ha dentro e farlo proprio?

Guardando attraverso il “tappeto lucido” della retina degli occhi dei felini, possiamo imparare a cercare nei paesaggi più scuri della psiche le nostre parti nascoste e portarle, senza rimorsi, alla luce del giorno.

Fonte: Il libro dei simboli, Riflessioni sulle immagini Archetipiche. Taschen.

 

psicologia e minori Mirco Turco

Insegnanti: 6 cose e mezzo da ricordare.

Insegnanti: 6 cose e mezzo da ricordare …

psicologia e minori Mirco Turco
Se avessi seguito la mia naturale vocazione? Se avessi dato ascolto ai miei interessi? Se avessi avuto fiducia nel mio istinto? Se avessi avuto una giusta guida? Se mi avessero consigliato diversamente? Bhe’ … potremmo continuare all’infinito, senza avere, in realtà, alcuna risposta esaustiva.
Il ruolo delicato degli Insegnanti è anche questo. Individuare inclinazioni, predisposizioni, talenti e soprattutto stimolare, dare esempio, fornire motivazione, ispirazione, dare fiducia.

1. Insegnate un interesse. Le persone sono estremamente più soddisfatte in un corso di studio o lavoro che corrisponda alla loro inclinazione personale. Le persone che hanno trovato un corso di studi o un lavoro corrispondente ai loro interessi sono anche generalmente più soddisfatte della vita. Rendono, inoltre, meglio! Sebbene gli interessi possano essere un qualcosa di squisitamente personale, essi si scoprono solo parzialmente con l’introspezione. Si scoprono, in realtà, attraverso le interazioni con il mondo esterno. Senza sperimentazione è impossibile capire quali interessi siano destinati a durare e quali no. Gli interessi devono anche incontrare il sostegno da parte degli adulti significativi: genitori, insegnanti, compagni, allenatori, … Lo sviluppo di un interesse, quindi, richiede del tempo. Insegnate la pazienza.

2. Oltre ad “insegnare” un interesse, occorre alimentare una passione. Le persone animate da una forte passione si applicano molto più a lungo delle altre e sono spinte verso il miglioramento continuo. Kaizen è il termine giapponese per indicare la resistenza contro il rischio di arenarsi, una volta raggiunto il plateau della curva di apprendimento. Insegnate la passione e non il sacrificio!

Dobbiamo diventare il cambiamento che vogliamo vedere.
3. Occorre, inoltre, prospettarsi degli obiettivi, via, via, crescenti e dedicare più tempo a quelle aree di “debolezza” o di miglioramento. A volte, la routine è fondamentale quando si tratta di fare cose difficili. Programmare la giornata, dunque, non è poi cosa tanto negativa. Insegnate a visualizzare dettagliatamente gli obiettivi. Più chiari e definiti sono, meglio è. La mente ha bisogno di direzioni!

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4. In questa non facile corsa verso l’obiettivo, sarà normale incappare in errori. Ciò è quasi obbligatorio. Quindi, insegnate anche a sbagliare. Quando si compiono errori, l’insegnante, il genitore, l’ Istruttore, non dovrebbero perdere mai la calma. Anzi, all’inizio, dovrebbero incappare anche loro stessi in errori, sorridendo ed esclamando … hnnn, mi sono sbagliato! Sgridare, urlare o lanciare occhiatacce potrebbe far sperimentare la vergogna e la vergogna non serve a migliorare le cose.

5. Insegnate la speranza. La speranza che anima le persone appassionate e determinate non ha niente a che fare con la buona sorte. “Sento che domani andrà meglio” è tutt’altra cosa da “Ho intenzione di migliorare il domani”. L’ottimismo può essere appreso. Lavorare per edificare l’ottimismo è altra tappa importante. Gli ottimisti sono meno esposti a depressione e ansia, hanno migliori voti a scuola e all’ università e raramente interrompono gli studi. Da adulti, godono di migliore salute, hanno una più lunga aspettativa di vita e sono generalmente più soddisfatti delle loro relazioni.

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6. Infine, insegnate la sana competizione, che non significa ostacolare gli altri, alimentando la cultura del nemico e non significa ingannare o essere furbi. Significa, “sforzarsi insieme” …

Per finire, cari insegnanti, vorrei fare un’ultima “mezza” considerazione: ponete la giusta distanza con i genitori, un saggio spazio di paziente osservazione, dialogo, ascolto, diplomazia e determinazione in cui essi stessi comprendano, grazie a voi, il loro reale ruolo e anche il giusto posto …

Il Vostro TERMOMETRO DELLO STRESS

 

Il vostro Termometro dello Stress

Gli antichi Greci credevano che l’agitazione, le palpitazioni, l’affanno tipici di una condizione di stress dipendessero dagli dei, che li invitavano agli uomini per vendicarsi di essere stati trascurati! Sarebbe alquanto affascinante ma, purtroppo, non è così …

Lo stress è una forma di adattamento ed è anche strategico per la vita degli esseri umani come per gli altri animali. Non è sicuramente una malattia ma può causare serie problematiche psicofisiche se non riconosciuto o se “supera” alcuni livelli. Oggi, sappiamo che elevati livelli di stress protratto possono addirittura modificare il DNA!

Di seguito trovi un piccolo e pratico “termometro dello stress”. È composto da 12 sintomi psicofisici. Rispondi con quale frequenza si sono manifestati negli ultimi 3 mesi.
Molto frequentemente: 6 punti
Frequentemente: 5 punti
Talvolta: 4 punti
Raramente: 3 punti
Molto raramente : 2 punti
Mai: 1 punto


1. Impossibilità di addormentarsi o di dormire senza interruzioni
2. Mal di testa o dolori alla testa
3. Indigestione o nausea
4. Sentirsi stanco, esausto senza apparente motivo
5. Tendenza a mangiare, bere, fumare più del solito
6. Diminuzione del desiderio sessuale
7. Mancanza di respiro o senso di vertigine
8. Diminuzione o aumento dell’appetito
9. Tremori muscolari
10. Sensazione di avere punture, fitte sul corpo
11. Sensazione di non avere voglia di alzarsi dal letto la mattina
12. Tendenza a sudare o sensazione che il cuore batta forte

Dopo aver fatto la somma, se avete ottenuto un punteggio superiorere a 36, forse è il caso di fermarsi e di approfondire!

A seconda del livello di stress, esistono strategie o piccoli esercizi che possiamo fare per ridurre la nostra “soglia”. Tra questi, imparare e applicare la “Formula 6+2=8” potrebbe già essere risolutivo. Rallentate la vostra respirazione e cercate, con l’allenamento, di Inspirare per 6 secondi, Bloccate il respiro per 2 secondi ed Espirate per 8 secondi. È sufficiente ripetere questo esercizio per soli 10 minuti, magari la mattina e prima di andare a dormire. Ma per credere, dovete e potete provare! Allenatevi prima in un posto tranquillo, assicurandovi di non essere disturbati. Vi garantisco che dopo un po’ riuscirete a rilassarvi anche nel traffico!

Intelligenza corporea e Benessere

INTELLIGENZA CORPOREA E BENESSERE

C’è un’intelligenza diversa in noi esseri umani, che va oltre il saper ragionare o risolvere i problemi. È qualcosa che non dipende dallo studio né da un particolare talento ma è banalmente un nostro patrimonio che deriva da svariati e risonanti secoli di evoluzione.

Mi riferisco all‘intelligenza corporea! L’intelligenza corporea  ci dice che se per 8 ore al giorno siamo curvi sul nostro pc e non alziamo mai il capo, il nostro umore sarà depresso e i pensieri negativi aumenteranno; intelligenza corporea è quando con in mano una tazza calda, diventiamo normalmente più cordiali; intelligenza corporea è considerare una relazione interpersonale più “instabile” quando, parlandone,  stiamo magari seduti su una sedia traballante!

Il corpo ha le sue ragioni quindi ed occorre, in chiave benessere, ripensare al corpo! Vi è forse una sopravvalutazione del pensiero e noi non siamo solo i nostri pensieri, per fortuna! Alcune problematiche, infatti, sussistono quando ci identifichiamo troppo con taluni pensieri, tralasciando, di fatto, qualcosa di strategica rilevanza: le sensazioni corporee e l’intelligenza corporea!

Quando vi sentite depressi l’unica cosa da fare è muoversi! Fate una passeggiata, percorrete strade nuove e l’umore ne gioverà, inoltre, diventerete più creativi! Un’altra cosa che sapientemente potete fare è saltare!  I movimenti verso l’alto fanno bene all’umore …

Ricordatevi di sorridere! Se la prima volta può essere uno sforzo, riprovate due, tre, cinque volte. Il corpo reagirà presto con una scarica neurochimica che vi farà cambiare umore poiché, di fatto, state cambiando stato fisiologico. Ridere è poi contagioso e lo sanno bene anche i nostri cari illuminanti neuroni specchio! Anche questa è intelligenza corporea.

Coltivate l’ottimismo, poiché avrete migliori risposte immunitarie. Camminate nella natura poiché questo faciliterà l’interruzione dei pensieri ossessivi; ascoltate musica poiché contribuisce a ridurre la pressione sanguigna; cantate e scioglierete i noduli alla gola … Di tanto, in tanto, stringete un pugno, poiché questo semplice gesto potrebbe accrescere in voi costanza e determinazione!

Pratichiamo allora l’intelligenza corporea!

Il corpo manda sempre dei messaggi ed esiste un vero e proprio “linguaggio segreto”. La frustrazione e la rabbia logorano il fegato e lo stesso organo, in caso di malfunzionamento, può provocare difficoltà cognitive, insonnia e irrequietezza.

La ruminazione ossessiva causa, alla lunga, sofferenza cardiaca; l’eccesso di impulsività determina una maggior propensione a sviluppare ulcera peptica; ansia e apprensione hanno ripercussione sui globuli bianchi; nutrire sentimenti negativi causa ipertensione … Se siete fatalisti, la vostra risposta alle infezioni sarà meno efficiente; il colesterolo hdl aumenta se siete particolarmente animosi nelle discussioni; l’insoddisfazione personale potrebbe aumentare il reflusso esofageo e se soffrite spesso di emicrania muscolotensiva, liberatevi di rabbia, ansia e senso di abbandono! La collera e la paura vi porteranno a maggiori problemi muscolo-scheletrici.

Insomma, assumere una nuova formamentis centrata sull’intelligenza corporea è tappa obbligata per riconoscere e gestire strategicamente lo stress e le altre problematiche conseguenti. Riconsideriamo il nostro corpo, affidiamoci ad esso e … fidiamoci!

 

Il dizionario della Comunicazione Non Verbale

Il Dizionario della Comunicazione Non Verbale

L’antropologo Birdwhistell, tra i primi studiosi della comunicazione non verbale, ha stimato che una persona pronuncia parole per dieci, undici minuti al giorno e che una frase media richiede circa 2,5 secondi per essere detta. Ha inoltre calcolato che l’uomo è in grado di fare e riconoscere circa 250 mila espressioni facciali!
La componente verbale della comunicazione è inferiore al 35% e più del 65% è invece rappresentato dalla componente non verbale. Il linguaggio del corpo contribuisce sino al 80% circa all’impatto di un incontro e le famose prime impressioni ed opinioni sull’altro, vengono elaborate nei primi 4 minuti!

Per quanto non si voglia accettare, siamo esseri animali governati anche da regole biologiche che controllano linguaggio corporeo e gestualità. Le nostre posture, i nostri micromovimenti, i gesti, sono indicativi di uno specifico stato d’animo, indipendentemente da ciò che diremo con le parole. Sarà sempre il corpo a dire la Verità!
A volte, istintivamente, o “a pelle”, cogliamo discordanze tra le parole pronunciate da una persona i suoi gesti. In altri casi, saremo noi stessi ad essere molto percettivi e ad accorgerci che c’è qualcosa che non va nel nostro ascoltatore. Ciò si verifica quando, ad esempio, parliamo ad un gruppo o in pubblico. Si parla, in tal caso, di “audience awareness”.


Da alcune ricerche condotte alla Harvard University emerge che le donne sono più inclini a valutare il linguaggio del corpo. Inoltre, le donne con figli, sembrano avere maggiore abilità. Nei primissimi anni, infatti, una mamma si affida molto ai segnali non verbali per comunicare con il proprio bambino. L’abilità femminile nella comunicazione e nella valutazione sarebbe suffragata anche da alcune indagini condotte mediante risonanza magnetica. Rispetto ad un uomo, una donna avrebbe a disposizione circa quindici aree cerebrali preposte a tali funzioni rispetto alle circa sei maschili.
Nel linguaggio del corpo esistono segnali innati, altri culturalmente appresi. I bambini sordi e ciechi sorridono ugualmente ed altre espressioni emotive sono universali, sia in Italia, sia in Nuova Guinea. Il gesto di scuotere la testa, ad esempio, indica una “negazione” nella stragrande maggioranza del globo e probabilmente ha le sue origini nel fatto che il bambino sazio non desidera più il latte dal seno materno e scuote la testa …
Alzare le spalle sembra essere un altro gesto universale, scaturito dall’esigenza di proteggere la gola da eventuali attacchi. Affiancato ai palmi delle mani aperti, che indicano che non si nasconde nulla in mano e alla fronte corrugata, significherà sottomissione! Questo è solo uno dei tantissimi esempi del nostro naturale repertorio.

check aziendale mirco turco psicologo
Nella lettura dei messaggi del corpo, però, bisognerebbe rispettare tre regole auree. Cadere in errori o in vere allucinazioni, è infatti cosa frequente.
Numero 1: occorre leggere i segnali del corpo nel loro insieme. Grattarsi la testa può significare incertezza ma anche problema di forfora!
Numero 2: attenzione alla coerenza. I segnali non verbali hanno un impatto cinque volte maggiore rispetto al verbale. Se il messaggio verbale e non verbale non coincidono, ci baseremo soprattutto sul non verbale. Se parlando del mio matrimonio dico che è splendido ma mi sfrego ripetutamente la fede, infilandola e sfilandola dal dito … non apparirò coerente e non ci vuole neanche Freud per comprendere che forse, in realtà, ho qualche problemino!
Numero 3: l’importanza del contesto. Non siamo nulla senza un contesto! Se ho le braccia incrociate e anche le gambe potrei apparire chiuso e sulle difensive ma magari, sono fuori, al freddo e sto solo cercando di riscaldarmi!

Sbagliarsi, quindi, è molto facile, così come diventare paranoici … Occorre considerare diversi aspetti nella comunicazione non verbale e soprattutto necessitiamo di tanto allenamento. Di fatto, esiste un grande repertorio, un vero enorme dizionario che può essere a disposizione di tutti.

Le armi della persuasione

Esistono delle armi persuasive? Quanto siamo influenzabili?
Se vogliamo rendere più cordiale con noi una persona, sarebbe sufficiente metterle in mano una bevanda calda! Se vogliamo che i nostri dipendenti si impegnino di più, sarebbe utile mettere una foto di un podista che taglia il traguardo e se vogliamo che valutino seriamente una nostra proposta, mostriamo loro la foto del Pensatore di Rodin!

Per quanto vi possa sembrare strano, siamo facilmente influenzabili e la nostra cara razionalità, in realtà, conta ben poco …
Diversi anni fa, un ricercatore universitario inviò dei bigliettini di auguri a sconosciuti durante il periodo natalizio. Per quanto si potesse aspettare un minimo di risposte, scoprì, con sua sorpresa, che la maggioranza di queste persone contraccambiò gli auguri!
Intorno agli anni ’90, l’Etiopia, forse tra i Paesi più poveri al mondo, inviò sorprendentemente aiuti al Messico che aveva vissuto un tragico terremoto. Molti altri Stati si meravigliarono, compresi personaggi politici, ma ben pochi si ricordarono che il Messico aveva aiutato l’Etiopia nel 1935 dopo l’invasione dell’Italia.
Questi primi esempi, ci espongono chiaramente il concetto della “reciprocità”, ovvero, che solitamente, ci sentiamo di contraccambiare l’altro. Tale principio della persuasione, ben conosciuto nella comunicazione pubblicitaria, nel commercio in generale e nella politica, è così radicato che già a due anni influenza il nostro comportamento. Ricevere cose ci fa sentire in debito è non è un caso che in molte lingue sia diventato sinonimo di “grazie” (obbligato). Non c’è società umana che oggi non condivida questa regola!


La persuasione aumenta se il nostro “regalo” è significativo, inatteso e personalizzato. Abu Jandal, ex capo delle guardie del corpo di Bin Laden, cedette completamente agli interrogatori, quando ricevette dei biscotti per diabetici: un chiaro esempio di dono o favore inatteso, significativo e personalizzato.
Un’altra arma persuasiva è la “simpatia”. Se viene associata con l’abilità di sottolineare le somiglianze e fare complimenti, si creano le migliori condizioni per far dire di si! Camerieri istruiti nell’imitare lo stile verbale dei clienti ricevono mance doppie; commessi che adottano posture simili a quelle della clientela, aumentano le vendite e negoziatori che adeguano il loro stile linguistico a quello della controparte, ottengono esiti più favorevoli.

Le persone, di norma, ritengono adeguato credere, sentire o fare qualcosa nella misura in cui altri lo credono, lo sentono o lo fanno! Se sappiamo che molte altre persone, simili a noi, rispondono in un certo modo, quella risposta ci sembra più valida e quindi più giusta. Questo principio, detto “riprova sociale”, è un altro pilastro della persuasione e ci dice, di fatto, che il nostro comportamento può uniformarsi a quello della massa.
Avete mai notato un vasetto di monetine vuoto al bar? Probabilmente no. Vedere monetine mentre prendiamo un caffè, ci spingerà a capire che è consuetudine in quel posto, lasciare gli spiccioli!


La persuasione aumenta se il comunicatore è autorevole o persona “esperta” ma chiaramente, devono trapelare anche caratteristiche di affidabilità e onestà. Legate al fattore autorità, si intrecciano anche l’aspetto e la bellezza, sebbene tenderemo a negarne gli effetti!
Come persone, vogliamo avere di più proprio quello di cui c’è meno! L’avversione all’idea di perdere qualcosa che vale è tipicità umana, inoltre, la scarsità di un bene ne aumenta anche il valore apparente. Le varie offerte commerciali, le promozioni, rispondono a tale principio di “scarsità”.

Infine, desiderano ardentemente la “coerenza”. Il marketing e il commercio conoscono bene anche tale principio. Ci piace essere coerenti, quasi sempre, con i nostri impegni, dichiarazioni fatte, posizioni prese.
Siamo influenzabili? Direi proprio di si! In fondo, siamo profondamente delle creature mosse dalle passioni e la supposta razionalità, di cui tanto parliamo, viene spesso violata.

La nuova frontiera dell’Anima, tra Psicologia e Fisica.

La nuova frontiera dell’Anima, tra Psicologia e Fisica.

La vita è un’armoniosa connessione sincronica tra la materia del nostro corpo e la sostanza eterna del nostro spirito!
Occorre superare la nostra visione causale delle cose e accettare un possibile connubio tra psicologia del profondo e fisica. Questa è la nuova frontiera della nostra anima e non solo …
Il nostro universo avrebbe, infatti, una struttura quaternaria, così come ipotizzato da Jung e dal fisico Pauli: un continum psichico, ovvero spazio-tempo, casualità-sincronicità.

È stato dimostrato che il pensiero umano, sia dei singoli che di una collettività, è in grado di influenzare un generatore di numeri casuali (Princeton Engineering Anomalies Research Lab), inoltre, la presenza di una persona con particolari intenzioni mentali attiva alcuni stati psichici che determinano l’accadimento di eventi coincidenti-sincronici.
È proprio un esempio palese di come un osservatore che interagisce con l’osservato, determina il comportamento dell’osservato!


È interessante è alquanto suggestivo evidenziare che nel misticismo tibetano esiste la parola “tulpa”, ovvero un individuo o un oggetto che viene creato solo con il potere della mente. Esso è la materializzazione di un pensiero che ha preso una forma fisica.

Se ciò non bastasse a spingerci a pensare che in fondo le cose potrebbero essere molto differenti da come ce le rappresentiamo, si è scoperto e dimostrato che persone che sono in empatia, simpatia, connessione, hanno tracciati elettroencefalografici identici, ovvero le onde cerebrali prodotte dai loro emisferi si sincronizzano a vicenda! Si parla, in questo caso, di sincronicità neuropsichica.


Il concetto di “sintonia” è presente in realtà anche nel mondo animale. La “risonanza morfica” è un meccanismo tramite il quale quando un certo gruppo animale o umano acquisisce alcune proprietà comportamentali, psicologiche, organiche, queste si trasmettono sincronicamente agli altri membri della stessa specie. Non solo le azioni ma anche i pensieri verrebbero trasferiti, proprio come una sorta di fenomeno telepatico!

Esisterebbe, dunque, una memoria collettiva specifica per ogni specie biologica. Tale memoria non risiederebbe però nel nostro caro cervello, ma in una zona simile all’inconscio collettivo di Jung.
Il cervello si comporterebbe esattamente come un ologramma, ovvero come un sistema in grado di decodificare alcune frequenze grezze provenienti da una dimensione al di là dello spazio e del tempo, rappresentata da un “contenitore” di informazioni e memoria.

Come direbbe Chopra, la vita ci appare casuale solo alla superficie, ma a un livello più profondo essa è completamente organizzata. Le coincidenze, allora, non andrebbero ignorate, né temute, ma ascoltate e comprese poiché pregne di insegnamenti e significati profondi.
“Akasha” è una parola in sanscrito che rappresenta lo spazio o il cielo e che intende significare una zona al di là dello spazio e del tempo dove albergano lo spirito umano e la sua anima, insieme all’energia che lo avvolge.
Può apparire ottimisticamente poetica tale visione dell’universo e dell’esistenza o, appunto, visionaria, ma grazie al connubio tra le diverse scienze (psicologia e fisica in primis) tali realtà sembrerebbero alquanto plausibili … Non ci resta che approfondire!

Fonte: Sincronicità. Massimo Teodorani. Macro edizioni, 2017.

Il Cannibalismo

Il cannibalismo, fenomeno ritenuto come il frutto di una vera aberrazione della mente umana e praticato solo nel lontano passato, risulta invece diffuso universalmente anche ai nostri giorni.
L’antropofagia viene studiata non solo secondo un approccio etnologico, ma anche sotto un’ottica psicologica e psichiatrica. Vi sono, infatti, diversi tentativi odierni di confronto: dal cannibalismo come pratica di alcuni gruppi, alla triste e mostruosa realtà dei serial killers.
La Psicoanalisi considera il cannibalismo in riferimento alla fase orale dello sviluppo libidico e più specificatamente alla componente sadica, dove si assiste ad un desiderio di incorporazione dell’oggetto amato che verrà poi sostituito dall’identificazione. Altri studi hanno evidenziato che se l’atto del morsicamento può essere considerato “normale” in talune fasi dello sviluppo, un eccesso della pulsione cannibalica può sfociare nella malattia.
Secondo alcune ricerche di settore, esisterebbe un cannibalismo profano, legato cioè al concetto di carne umana come semplice alimento; un cannibalismo giuridico, praticato verso persone che hanno commesso un crimine e che sono considerati nemici; un cannibalismo magico, praticato con lo scopo di accrescere i poteri individuali attraverso il cibarsi di carne umana; il cannibalismo rituale, legato a complesse attività cerimoniali e a particolari occasioni.
Le origini del cannibalismo sono anche “studiate” attraverso l’utilizzo del linguaggio metaforico. Espressioni quali “ti mangerei di baci”, “vorrei mangiarti”, “sei buono come il pane”, “sei una persona squisita”, … sono spesso rivolte a persone che ammiriamo o che, comunque, ci piacciono. In tal caso, dovremmo parlare proprio di una forma di cannibalismo verbale o metaforico. L’utilizzo di tale fraseologia, secondo alcuni studiosi, è mossa dalla necessità di esprimere le proprie emozioni verso qualcuno. Si pensi, infatti, anche alla fraseologia tra persone innamorate o amanti.


Il cannibalismo “moderno” viene affrontato, invece, attraverso studi sui crimini violenti. Basta far riferimento ad alcuni serial killer: F.H.K. Haarmann, meglio conosciuto come il lupo mannaro di Hannover (1918-19249); Albert Fisch, uno dei peggiori cannibali di tutti i tempi (1870-1936); Jeffrey Dahmer, il cannibale di Milwaukee (1960-1994); A.R. Chikatilo, il mostro russo (1936-1994); … In questi casi, l’antropofagia viene considerata una pratica psicopatologica e viene studiata in un’ottica psichiatrica.
Un semplice bisogno apre spesso le porte di un mondo complesso!

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