Autore: <span>Mirco Turco</span>

CRIME ANALYST

CRIME ANALYST la mia ultima creazione

Il presente volume rappresenta un contributo pragmatico e stimolante per tutti coloro che intendono approfondire la materia criminologica, nei suoi aspetti investigativi, psicologici, giuridici. Ma non solo. È anche un supporto in termini di ricerca scientifica poiché affronta, al contempo, argomenti e tematiche legate alla sicurezza e al crimine “moderno”.

È rivolto anche ad appassionati del settore, studenti e Forze di Polizia che ogni giorno affrontano le diverse sfide lavorative e formative o di aggiornamento professionale.

L’opera sposa un’impostazione multidisciplinare e riflette la professionalità, le esperienze, le passioni e i valori eclettici degli stessi autori. CRIME ANALYST è un utile supporto, una guida chiara, uno stimolo innovativo per la Criminologia, l’Investigazione e la Sicurezza.

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Neuroni allo Specchio - Dottor Mirco Turco

“Neuroni allo specchio”. Tra nuovi apprendimenti e tecnoconvinzioni.

Neuroni allo specchio”. Tra nuovi apprendimenti e tecnoconvinzioni.

Un mio intervento al “Montessori Day” svolto nel 2016, con la presenza di diversi esperti, tra cui l’Ing. M. Valle, scienziato computazionale. Nel seguente articolo si riportano alcune riflessioni in seno alla metodologia montessoriana, parallelamente a precisazioni e scoperte psicologiche e neuroscientifiche, anche alla luce dell’apprendimento del bambino e delle nuove tecnologie.

Percepire, pensare, sperimentare, sentire, agire, sono azioni che lasciano delle tracce mnemoniche. Probabilmente, senza le memorie, non saremmo quelli che siamo! Il cervello si modifica attraverso l’uso e affermerei, di conseguenza, che conviene sempre “usarlo bene”!

Oggi, la scuola odierna, dovrebbe forse interiorizzare meglio la sensata convinzione che gli studenti devono imparare a pensare da soli, acquisendo ciò che serve dalle fonti, ponendo domande critiche, valutando, esaminando, disponendo i pezzo di un puzzle per formare immagini coerenti. La stessa Montessori affermava: “Il piccolo rivela se stesso solo quando è lasciato libero di esprimersi”. Lo strumento più evoluto, a mio avviso, rimane sempre e comunque il Gioco.

Chi impara a fare il giocoliere registrerà un ampliamento delle aree del cervello responsabili dell’elaborazione del movimento visivo, così chi impara a suonare la chitarra, il violino, … mostra un aumento di volume della regione cerebrale che comanda le dita della mano.

Il gioco è un lavoro serio direi! Nel gioco i bambini sono attivi, ma lo sono anche in tutta una serie di mansioni quotidiane che essi fanno con gioia, per il piacere dell’attività e dei movimenti che comportano … Muoversi è fondamentale per l’essere umano e quindi per qualsiasi tipo di apprendimento. Tra l’altro, è l’unica cosa che ci conviene fare quando ci sentiamo depressi …

Il nostro cervello è l’organo più complesso ma anche il più dinamico. Si modifica in base all’utilizzo e se non viene utilizzato, l’hardware neuronale viene smantellato. I neuroni sono quindi come i muscoli. Con l’allenamento, infatti, l’encefalo non aumenta nel complesso ma si implementano le elaborazioni attraverso gli impulsi elettrici. In fondo, stiamo parlando di cento miliardi di cellule nervose, ciascuna con circa diecimila legami con le altre cellule nervose. Un milione di miliardo (10 alla 15) di sinapsi!

Queste sinapsi mutano in continuazione a seconda che vengano utilizzate o meno (si atrofizzano fino a morire quando rimangono inutilizzate).

Nella scuola moderna, così come nella vita direi, è importante esercitare il problem solving e parallelamente la tolleranza alla frustrazione per il raggiungimento di un obiettivo. Sperimentare e sperimentarsi con la frustrazione è dunque fondamentale.

Ciò che ci caratterizza non è l’involucro fisico, bensì la nostra vita, le nostre esperienze e tutto ciò si trova all’interno del cervello. Gottried Wilhelm Leibniz lo sapeva già. (Matematico e filosofo tedesco che oltre trecento anni fa ideò il calcolo integrale, procedimento per sommare quantità infinitesimali). Nello stesso modo disse che nel cervello avvengono tantissime cose che hanno effetti visibili, senza che noi ne abbiamo coscienza. La somma di tutto rappresenta la nostra persona!

La Montessori definisce il bambino come un embrione spirituale” nel quale lo sviluppo psichico si associa allo sviluppo biologico. Nello sviluppo psichico sono presenti dei periodi sensitivi, definiti “nebule”, cioè periodi specifici in cui si sviluppano particolari capacità. Se da 0 a 3 anni il bambino ha una mente assorbente, la sua intelligenza opera inconsciamente assorbendo ogni dato ambientale ed è proprio in questa fase che si formano le strutture essenziali della personalità; dai 3 a 6 anni inizia invece l’educazione prescolastica. Alla mente assorbente si associa la mente cosciente. Il bambino sembra ora avere la necessità di organizzare logicamente i contenuti mentali assorbiti.

Esperienze, emozioni, riflessioni, azioni lasciano dunque tracce mnemoniche. Gli impulsi elettrici trasmessi dalle sinapsi modificano le sinapsi stesse rendendole più efficienti. Su un lungo periodo si creano dei veri e propri percorsi. Questi percorsi sono tracce strutturali e rappresentano ciò che chiamiamo neuroplasticità o più semplicemente apprendimento.

Chi sperimenta, prova, rielabora, possiede molte tracce nel cervello che gli permettono di orientarsi nel mondo e di agire in maniera efficace. È noto che quando i ratti hanno la possibilità di muoversi con maggiore frequenza, sviluppano un maggior numero di cellule nervose …

È importante allora essere impegnati in compiti via, via, più complessi, che richiedano valutazione, decisione, azione, confronto con gli altri.

In ambito apprendimento fa riflettere il così denominato “effetto Zeigarnik o Cliffhanger”: le azioni che non vengono portate a termine vengono ricordate in media due volte meglio rispetto a quelle concluse!

Parallelamente, le domande aperte e quindi non condizionate sono il modo migliore per stimolare lo sviluppo linguistico di un bambino, perché favoriscono la rielaborazione dei contenuti nella sua mente. Di conseguenza è la volontà riproduttiva a causare l’imprinting, in misura maggiore di fronte a compiti irrisolti. Il pensante impara in maniera più durevole! Lo sforzo attivo ma inutile di ricordare un vocabolo favorisce la memorizzazione del vocabolo molto meglio di una lettura ripetuta. Martin Heiddegger, filoso tedesco, già sosteneva “Un tentativo mancato è più utile per la memorizzazione rispetto al semplice ripasso”.

Le neuroscienze ci aiutano, inoltre, a comprendere anche quella che chiamerei rimozione intenzionale. Gli studenti ai quali veniva detto che non avevano più bisogno di determinati argomenti per l’esame successivo, in seguito, non erano in grado più di ricordarli con precisione! L’apprendimento non si conclude quindi con “FATTO!” e la tecnologia ci permette solo apparentemente di rimediare (quando vogliamo possiamo recuperare gli sforzi fatti, le notizie, i dati archiviati tra le «nuvole»).

La disponibilità immediata del dato o dell’informazione, infatti, non sollecita i nostri processi cognitivi (ad esempio la memorizzazione) perché sappiamo di poter ritrovare tutto (forse!). Si riducono perciò le possibilità di un lavoro indipendente e, di fatto, abbiamo un minor controllo su noi stessi e sull’attività mentale.

L’apprendimento deve essere realizzato con cuore, mente e mano (J.H. Pestalozzi- 1746-1827) … la scuola in cui esistono oggetti reali di un mondo reale … Un terzo della nostra corteccia cerebrale serve alla vista e un altro terzo alla pianificazione e all’esecuzione motoria.

Le aree sensoriali di base istruiscono quelle più complesse, così le aree motorie semplici insegnano a quelle più complesse. Nei bambini l’apprendimento si basa non soltanto sulla sensorialità delle esperienze del mondo ma anche sul rapporto con l’ambiente esterno. Ripetizione, movimento, stimolazione multisensoriale sono il fondamento per lo sviluppo del linguaggio e del pensiero.

Il punto di partenza è che ciascuno di noi si porta dietro, fin dalla nascita, il proprio corpo e lo usa per conquistare il mondo. Le esperienze fisiche (caldo, freddo, grande, piccolo, alto, basso, …) svolgono un ruolo decisivo poiché sono trasferibili in altri ambienti.

Rilevante appare il concetto di “embodiment”, ovvero personificazione dei processi cognitivi: è come dire che il corpo è coinvolto direttamente nella creazione delle tracce nelle regioni più semplici della corteccia cerebrale e che qualsiasi competenza mentale superiore possa realizzarsi nelle zone cerebrali corrispondenti solo passando attraverso queste tracce.

Ma come avvengono gli apprendimenti? E le decisioni? Cosa significa decidere razionalmente? E il cervello emotivo? Riporto un esempio suggestivo.

È estate, passate davanti ad una gelateria e siete attratti da una coppa di gelato. Siete tuttavia consapevoli della vostra pancetta o del livello di colesterolo alto e resistete alla tentazione. Ciò significa che non fate quello che fareste spontaneamente. All’improvviso, incontrate un’amica che vi invita a prendere un gelato … Bhè, in fondo, i contatti sociali sono molto più importanti della nostra forma fisica e quindi accettate l’invito, gustandovi il gelato. Se vi sembra di aver preso una decisione semplice e automatica, sappiate che in pochi istanti avete affrontato una serie di questioni:

1. Ho ben presente un traguardo a lungo termine (memoria di lavoro).

2. Preferisco rinunciare a qualcosa che farei volentieri adesso (inibizione).

3. Sono flessibile e posso modificare le regole quando ha senso farlo (flessibilità).

Il «no» a stimoli interni ed esterni, flessibile e pianificato, deve essere mantenuto attivo nel lobo frontale, affinché non venga sostituito dall’automatismo. Quando il lobo frontale non funziona bene (siamo ubriachi, stanchi …) è assai probabile che il nostro autocontrollo non funzioni.

Imparare a volere è come imparare a parlare! L’ascolto della lingua parlata e contemporaneamente la visione di un volto, i contatti fisici, l’odore della madre o del padre, si fissano sui centri del linguaggio in via di sviluppo e vi lasciano delle tracce. Al resto, ci pensa il cervello!

I centri del linguaggio biologicamente fissati nel cervello si formano e diventano quello che saranno nell’individuo adulto attraverso i processi di apprendimento. Tutti apprendono la lingua madre senza apparente fatica … è come camminare. Nessuno ha bisogno di essere motivato per imparare a camminare o a parlare! Nessuno ha mai detto, mentre imparava a camminare … basta, ci rinuncio!

Anche le conversazioni sono interessanti perché un bambino possa dire … lascio perdere! Questo è chiaro così come chiaro dovrebbe essere che NON si impara l’autodisciplina!

Controllati, datti una regolata … sono esortazioni che per l’apprendimento dell’autocontrollo hanno la stessa efficacia che «adesso di qualcosa»!

Il bambino, per sua natura, è serio, disciplinato e amante dell’ordine. Per imparare davvero qualcosa, camminare, parlare, volere, … bisogna farlo da sé! Lo sviluppo dell’autocontrollo è legato alle esperienze e ad attività svolte in comune, quotidianamente.

Per sopravvivere i cacciatori e raccoglitori dovevano procedere con attività controllate e pianificate. Oggi, accade che: Chi ha fame apre il frigorifero! Chi ha freddo alza il riscaldamento! Chi non sa qualcosa … consulta Google!

Per lo sviluppo neurobiologico la scuola ricopre un ruolo fondamentale. È un esempio di allenamento formidabile del lobo frontale! E la competenza mentale che viene sollecitata non è tanto il linguaggio o il contare ma la Forza di Volontà. La costruzione pianificata, le attività in comune servono ad esercitare tale autocontrollo.

L’autocontrollo nell’infanzia e nell’adolescenza può essere addestrato in maniera efficace se a scuola si creano situazioni e contesti adeguati. Ciò può funzionare, ovviamente, se il bambino è interessato. Posso portare a termine in maniera controllata un’attività e mostrare con orgoglio quanto ottenuto? Ciò serve a diventare costanti! Tutto deve scaturire dall’interesse spontaneo del bambino, sviluppando così un processo di autoeducazione e di autocontrollo.

Nel 1989 veniva pubblicato sulla rivista Science un esperimento molto interessante (marshmallow test).

I bambini venivano posti davanti alla scelta di mangiare subito un dolcetto o aspettare per gustarne due. L’attesa veniva quindi ricompensata ma questo, per i bambini, è molto difficile. La maggior parte dei bambini non resisteva più di 3 minuti. Solo il 30% riusciva a rimandare il piacere!

I bambini che erano stati in grado di «trattenersi» erano però quelli che, a distanza di diversi anni, ottenevano maggiori successi a scuola, all’università e al lavoro. Altri studi dimostrarono che erano migliori anche le condizioni economiche e di salute!

Un topo in gabbia riceve di tanto in tanto una lieve scossa elettrica attraverso una griglia metallica sul pavimento. La scossa gli provoca dolore e il topo cerca di evitarla. Può farlo, perché nella gabbia è inserita una lampadina che si accende prima della scossa. Nella gabbia si trova anche un tasto che il topo deve schiacciare appena si accende la lampadina. Quando lo fa non riceve la scossa. Ogni tanto il topo sarà lento e allora sentirà la scossa. Il medesimo apparecchio è collegato a un’altra gabbia in una stanza vicina. Anche qui c’è un topo. Tutte le volte che il topo 1 riceve una scossa anche il topo 2 la riceve. Per il resto il topo 2 non può fare nulla. Quale topo sarà colpito da stress?

Non sono le situazioni spiacevoli a provocare stress quanto la sensazione di esservi esposti senza poter intervenire. Quando sappiamo di non avere nessuna possibilità di intervento e controllo, si scatena uno stato di stress cronico.

I disturbi dell’attenzione sarebbero l’esatto contrario dell’autocontrollo. La passività di fronte ad uno schermo è un vero allenamento ai disturbi dell’attenzione. Un ulteriore studio interessante, pubblicato in Pediatrics 2011, mise in evidenza i risultati derivanti da tre attività differenti in cui i bambini venivano coinvolti: visione di un cartone animato moderno, visione di un documentario, essere impegnato in un disegno. I bambini eseguirono poi i seguenti test:

1. torre di Hanoi (memoria di lavoro).

2. test testa-spalla-ginocchio-piede, per inibire il comportamento automatico.

3. versione del marshmallow test per il differimento della ricompensa.

4. ripetere una conta al contrario (memoria di lavoro).

Di seguito, il grafico rappresentativo dei risultati ottenuti.

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Qual’ è oggi il ruolo dei media digitali? Come incidono sugli apprendimenti? I media digitali limiterebbero la profondità di elaborazione. Più è il livello di concentrazione, più facile sarà ricordare. Un’attivazione maggiore implica, infatti, elaborazione più intensa (più impulsi vengono trasmessi da più sinapsi) e apprendimento migliore.

Più mi occupo superficialmente di un contenuto meno sinapsi si attivano e … meno imparo! I testi dovrebbero essere letti e non sfogliati velocemente!

Non è possibile comunicare molto in un tweet o in un commento su internet, sempre che non desideriamo essere superficiali (Noam Chomsky, celebre linguista). Selezionare una lettera e trascinarla da un posto ad un altro (touchscreen) è di fatto un’azione superficiale. Leggere la parola e trascriverla rappresenta un percorso di approfondimento maggiore.

Nel 1913 Thomas Edison scrisse: «entro breve tempo i libri saranno obsoleti nelle scuole …». Apprendere esclusivamente tramite computer però NON FUNZIONA!

L’utilizzo di un pc a casa per bambini piccoli porta ad un peggioramento delle prestazioni scolastiche ed è un fenomeno che riguarda sia il calcolo che la lettura. Simili risultati con l’uso di internet a scuola. Inoltre, si registrano maggiormente disturbi dell’attenzione e del linguaggio e isolamento sociale.

I bambini con accesso ai portatili non ottengono risultati migliori nei test rispetto a studenti senza computer (indagini longitudinali), inoltre, sono esposti a maggiori rischi!

Nella Corea del Sud, già nel 2010 il 12% degli studenti delle scuole elementari aveva sviluppato una dipendenza da Internet e non è un caso che il concetto di Demenza Digitale venga da tale paese.

Il pc evita agli studenti buona parte del lavoro mentale ed esercita un effetto negativo sull’apprendimento. Quando si dichiara che a scuola si studia meglio grazie ai media digitali, non bisogna dimenticare che non esistono dimostrazioni di questa tesi (ad oggi). Al contrario, sono disponibili studi che dimostrano l’opposto.

In Israele dopo l’introduzione dei computer nelle scuole, si registrò un abbassamento del rendimento in matematica negli alunni di 4 elementare e ulteriori effetti negativi in altre materie negli allievi delle classi superiori … Un ulteriore studio condotta da portoghesi e americano che coinvolse circa 900 scuole, dimostrò che gli alunni di 3 media avevano un peggioramento del rendimento scolastico proporzionale all’uso di internet.

«… a noi piaceva guardarli, perché per un’ora non dovevamo pensare … agli insegnanti piacevano, perché per un’ora non dovevano fare lezione e anche ai genitori piacevano, perché dimostravano che i figli frequentavano una scuola all’avanguardia … però non imparavano niente!»

(Clifford Stoll, Silicom Snake Oil, 1995).

«Un ciclo comincia con grandi promesse da parte della tecnologia … si cominciano ad utilizzare i mezzi ma poi … non si registra un vero miglioramento … poi inizia il discorso sulla mancanza di fondi e le lungaggini burocratiche … e arriva la colpa della tecnologia e la scuola si affida ad una nuova generazione di apparecchiature e … inizia un nuovo ciclo».

(Larry Cuban, professore a Stanford).

I media elettronici hanno un influsso negativo sul nostro pensiero e sulla nostra memoria” (rivista Science, Harvard University).

Se ampliamo il nostro discorso, considerando anche i moderni strumenti di socializzazione (Social Network), dobbiamo anche sapere che l’uso frequente di essi riduce sensibilmente la capacità di instaurare relazioni sociali reali (Stanford University, ricerca condotta su 3461 ragazzi tra i 8-12 anni). Produrrebbero, quindi, anche solitudine e infelicità!

Le competenze sociali, l’empatia, il corretto agire sociale, sono frutto di determinate zone del cervello che aumentano di volume grazie all’attività sociale, cioè quando vengono stimolati i centri cerebrali corrispondenti. Esisterebbe un rapporto diretto tra ampiezza del gruppo e volume cerebrale nella corteccia temporale e in alcune zone della corteccia prefrontale (Oxford University).

L’utilizzo dei social riduce quindi i contatti reali. Ma non solo. Influisce sulla capacità di autoregolazione, implementa la solitudine, la depressione, provocando morte neuronale. L’ utilizzo frequente causa problemi di sonno, diabete, aumento di peso.

In quali altri modi le moderne neuroscienze possono aiutarci alla comprensione dei meccanismi di apprendimento? Una scoperta rilevante su tale fronte è senza dubbio quella dei neuroni specchio.

I neuroni specchio, scoperti da un gruppo di ricercatori dell’Università di Parma, inizialmente nei macachi e successivamente negli esseri umani, sono una classe di neuroni specifici che si attivano sia quando si compie un’azione sia quando la si osserva mentre è compiuta da altri. I neuroni di chi osserva “rispecchiano” il comportamento osservato come se a compiere l’azione fosse l’osservatore stesso, che sente, percepisce e si attribuisce gli stessi sentimenti e vissuti di chi compie in prima persona l’azione.

La scoperta dei neuroni specchio consente di capire come percepiamo e comprendiamo gli altri, invitando a nuove riflessioni in ambito pedagogico. I risultati della ricerca delle neuroscienze cognitive invitano, infatti, a comprendere come queste conoscenze possano e debbano influenzare anche ciò che pensiamo sia necessario insegnare, in particolare nella prima infanzia e soprattutto come farlo. La scoperta dei neuroni specchio invita a una possibile ridefinizione del processo insegnamento-apprendimento, in quanto sottolinea la rilevanza nello sviluppo e acquisizione del sapere dell’esperienza pratica, in particolare di quella motoria e rimanda ad un concetto di intelligenza profondamente attinente all’interazione e all’apprendimento per imitazione.

Perfino la comprensione semantica del linguaggio è mediata da meccanismi di simulazione, che vedono alla base del funzionamento del linguaggio il coinvolgimento del sistema motorio: i ricercatori sostengono che alcuni dei concetti normalmente utilizzati nel linguaggio e nel pensiero hanno probabilmente radici senso-motorie.

Il meccanismo di funzionamento dei neuroni specchio fornisce una chiave di lettura essenziale, biologicamente fondata, delle basi della reciprocità nella relazione con gli altri. Inoltre il meccanismo specchio ha un ruolo essenziale nella comprensione di come si costruisce l’identità sociale.

Ampliando il campo d’indagine agli uomini, il gruppo di ricercatori di Parma ha dichiarato che la comprensione delle caratteristiche di attivazione diretta di questa classe di neuroni determina per gli individui uno spazio d’azione condiviso, che origina forme di interazione sempre più elaborate. La capacità di alcune parti del cervello umano di attivarsi alla percezione delle emozioni altrui espresse attraverso il volto, i gesti, i suoni e, la capacità di codificare istantaneamente questa percezioni in termini motori, rende ogni individuo in grado di agire in base a un meccanismo neurale atto ad ottenere quella che i ricercatori chiamano “partecipazione empatica”.

Inoltre, studiando sperimentalmente il meccanismo di base della comprensione delle azioni e delle emozioni, si è potuto constatare che le emozioni primarie osservate negli altri suscitano anche nell’osservatore la manifestazione “a specchio” delle stesse emozioni. Insomma, quando osserviamo un nostro simile che manifesta dolore, disgusto, piacere, gioia, paura o sorpresa in noi stessi si attiva lo stesso substrato neurale collegato alla percezione diretta della stessa emozione.

La “simulazione incarnata” è il meccanismo con cui il nostro cervello si mette in relazione con gli altri … per capire ciò che fanno o percepiscono gli altri, lo simuliamo dentro di noi! (… come se …).

Sembra sorprendente che anche l’osservazione del quadro seguente, attivi le aree motorie che presiedono ai gesti della nostra mano.

20th Century Italian Sale  Sotheby's London - 15 October, 2007  Lucio Fontana (1899-1968)  Concetto Spaziale, Attese  signed, titled and inscribed Questo quadro a sette tagli... on the reverse  waterpaint on canvas  Executed in 1968.  Estimate: £700,000 - £1,000,000

Lucio Fontana (1899-1968) pittore, ceramista, scultore italiano, argentino di nascita, fondatore del movimento spazialista.

Il senso del Sé è legato all’attività del sistema motorio e di quello limbico-emozionale, in particolare con le corteccia insulare, una zona del lobo frontale. Lo studio della mente, pertanto, non può prescindere lo studio del corpo e dell’ambiente. Non dimentichiamo, inoltre, che viviamo con gli altri! Ma siamo realmente in grado di attribuire pensieri, emozioni, motivazioni, opinioni, desideri, …?

“Io penso che tu pensi”. Sappiamo comprendere le intenzione altrui e a reagire di conseguenza grazie ad una abilità cognitiva chiamata Teoria della Mente (attribuiamo cioè pensieri, emozioni, motivazioni, opinioni, desideri, …). Tale teoria ci consente di andare al di là del significato letterale delle parole e di capire, ad esempio, l’ironia, la metafora, i sottintesi, l’umorismo, … e ci fa decodificare il Linguaggio Non Verbale (mimica, pantomimica, prossemica, cronemica, …) ovvero anche intenzioni che vorremmo restassero nascoste!

Le Vitality Forms rappresentano, in sostanza, l’espressione dinamica e osservabile del nostro stato interno.

Ogni componente del movimento (azione) ha un suo tempo, una forza, uno spazio e una direzione … osservando ciò, l’osservatore capisce lo stato mentale di chi la compie. (Quando viene compiuta un’azione si attiva un apposito circuito neurale, denominato somatosensoriale-insulare-limbico).

Di fatto, siamo molto più complessi di quello che pensiamo!

Già a 4 anni, comunque, sviluppiamo particolari abilità. «Io so che pensi qualcosa, perciò posso fare anche in modo di farti pensare un’altra cosa». In questo periodo, infatti, i bambini cominciano a essere consapevoli che anche gli altri hanno una mente. Tale consapevolezza continua sino all’adolescenza, per poi affinarsi. La presenza di fratelli o la possibilità di effettuare attività in comune con altri di età differente favorirebbe tale abilità.

Tutti i bambini, afferma Montessori, utilizzano comunemente e spontaneamente i sensi come organizzatori cognitivi ma è compito della scuola, attraverso opportuni strumenti scientificamente testati, facilitare, promuovere e ottimizzare tali processi auto-costruttivi: “(…) a questo punto, comincia il processo di autoeducazione. Lo scopo non è esteriore; sarebbe a dire, non è che il bambino impari a mettere a posto i cilindri e che egli impari ad eseguire un esercizio. Lo scopo (…) è  che il bambino si eserciti ad osservare; che gli sia permesso di fare confronti fra gli oggetti, formare giudizi, ragionare, decidere; ed è nell’indefinita ripetizione di questo esercizio di attenzione e di intelligenza, che si compie il vero sviluppo”. (Montessori 1921, 1970, p. 58)

All’immagine tradizionale del bambino che è tutto gioco e immaginazione, si va sostituendo sotto i suoi occhi l’idea di un bambino concentrato, disciplinato, calmo, severamente impegnato nel suo lavoro … e questo grazie anche all’Educazione Multisensoriale.

Diremmo, diversamente, Learning by Doing, espressione diffusissima nella moderna pedagogia ma anche nella neurobiologia, sino alla robotica.

Secondo uno studio americano, pubblicato sulla rivista “Science” e realizzato dalle ricercatrici dell’università della Virginia, Angeline Lillard e Nicole Else-Quest, gli alunni delle scuole che seguono i precetti della studiosa Maria Montessori «hanno una marcia in più … Sono più preparati, più creativi e hanno un maggiore senso di correttezza e di giustizia”.

Sulla base dell’analisi svolta, le ricercatrici considerano il metodo Montessori in grado di favorire abilità teorico e comportamentali superiori rispetto ai programmi applicati nelle altre scuole. In generale, dalla fine dell’asilo fino ai dodici anni, tutti i montessoriani presi in esame hanno dimostrato maggiore abilità sia nelle prove logico-matematiche sia negli esercizi di reading. Il tutto associato a una maggiore positività e creatività nell’affrontare i problemi pratici. In particolare si sono mostrati maggiormente preoccupati e predisposti a mettere in pratica sentimenti di giustizia e correttezza.

È certificabile che un gran numero di nuovi imprenditori escono dall’esperienza degli studi sul metodo Montessori, grazie al quale hanno imparato a isolare e a dar seguito al filo della propria curiosità, fino a farne un’efficiente creatività. Per parafrasare il famoso slogan Apple, questa è gente che non solo ha imparato presto a pensare in modo diverso, ma ha anche capito come agire in modo differente …

(Jeffry Dyer della Brigham Young University, Utah, e Hal Gregersen della Business School Insead)”.

Il nostro cervello è stato assemblato durante l’infanzia da una combinazione di geni e ambiente. I geni hanno disposto che fosse un cervello umano … poi, attraverso le esperienze con il mondo, le connessioni sinaptiche si sono perfezionate, differenziandoci ulteriormente da chiunque altro. Le connessioni sinaptiche sono riorganizzate nell’attività neurale indotta dall’ambiente in specifici sistemi neuronali. Quando questi cambiamenti si verificano durante le prime fasi dell’esistenza, si ipotizza l’interessamento di una plasticità evolutiva; quando intervengono successivamente, sono considerati in termini di apprendimento. Forse, il confine, tra plasticità e apprendimento è sottile o forse inesistente …

Tramite neuroni specchio, i comportamenti, le reazione e le emozioni degli altri penetrano nel nostro sistema nervoso senza decisioni o scelte consce a fare da filtro. Essi fanno parte dei meccanismi attraverso i quali assorbiamo le azioni e l’energia di altre persone nell’ambiente chi ci circonda.

Esiste una “mente di campo” ed esiste un campo energetico umano (diversi studi hanno dimostrato, ad esempio, che i neuroni cambiano le loro proprietà di attivazione subendo l’influenza di campi magnetici).

Anche il cuore è un potente generatore di energia elettromagnetica e il campo elettrico del cuore è circa sessanta volte maggiore in ampiezza rispetto all’attività elettrica del cervello. Inoltre, il campo magnetico prodotto dal cuore ha un’intensità più di cinquemila volte maggiore di quello generato dal cervello. Tale campo abbraccia ogni cellula ma si estende oltre (Risonanza Morfica).

Forse, i moderni apprendimenti dovrebbero tener conto anche di tali intrecci e delle “relazioni segrete” tra cervello e cuore ma questa sarà la nostra personale sfida nell’immediato futuro!

Perché facciamo le scelte che facciamo.

Probabilmente, il marketing tradizionale è destinato a fallire! Ma questa non è solo la mia opinione.

Non so se siete al corrente … ma le etichette dissuasive sui pacchetti di sigaretta non funzionano, anzi, stimolano i “centri del desiderio”! Inoltre, sarà una sorpresa scoprire che il pezzetto di lime o limone che mettiamo nella nostra cara birra Corona, che tra l’altro non è messicana, non ha una ragione antropologica né un’utilità salutista o legata alla presunzione di allontanare germi o mosche … è semplicemente uno “scherzo” di uno sconosciuto di qualche anno fa che ha solo pensato …”voglio vedere quanti copieranno quello che faccio”!!!

Voglio ancora illuminarvi dicendo che noi esseri umani non siamo affatto razionali e solitamente, facciamo cose diverse rispetto a quello che diciamo …

Lo sapevate poi che la gente preferisce il gusto della Pepsi ma che di fatto la Coca Cola vince nelle vendite? Questo però non lo dico io o altri studiosi di “economia comportamentale” ma è il

risultato di ricerche condotte con la risonanza magnetica funzionale, ovvero con quello strumento che ci dice se, come, quando e cosa si attiva nel nostro cervello.

Indipendentemente da ciò che volete essere o dalle vostre care convinzioni, sappiate che decidono le Emozioni e sono le Emozioni che danno il valore alle cose!

Desiderate un uovo oggi o una gallina domani? Pur se optate di procrastinare, preferendo la gallina domani, le aree limbiche del cervello si attiveranno maggiormente con l’uovo di oggi!

Preferite una Ferrari o una Mini Cooper? Occhio alla risposta. Il design della Mini attiva una piccola regione nella parte posteriore del cervello, che risponde ai volti. Appare, quindi, come

una “simpatica personcina”!

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In fondo, se riflettiamo bene, cosa ci “rimane maggiormente in testa?” Qualcosa che ci coinvolge ovviamente, a meno che non siate un pesciolino rosso con memoria operativa di circa

sette secondi! (significa ricominciare a vivere ogni sette secondi!)

Inoltre, in questo mondo misteriosamente pseudo-equilibrato, reagiamo alle cose anche grazie ai nostri neuroni specchio, dall’empatia allo sbadiglio … ma scendete dalla scala evolutiva,

poiché è una cosa che ci accomuna, ancora una volta, ad altri animali come i cari macachi!

Non so voi … ma io sono veramente stufo, inoltre, quando entro in un negozio e la commessa, carina o brillante che sia, non sorride. Tutti sanno che la gioia e la felicità in un volto influenzano

un acquirente e non solo ma anche la probabilità di ricordare un nome (forse è per questo che devo fare un enorme sforzo!) Addirittura, in tal caso, si “illumina” maggiormente la regione del

cervello associata alle ricompense e quindi si “smuove” la cara dopamina!

Le parole e le frasi positive o se vogliamo, qualsiasi stimolo che sia subliminale o meno, influenzano anche il nostro comportamento nello spazio ma anche questo non lo dico io ma

studiosi eminenti di Harvard che hanno dimostrato, addirittura, che la camminata di anziani esposti a parole positive, migliorava del 10% circa!

E poi, smettiamola di non credere … siamo tutti superstiziosi perché il non esserlo significherebbe rinunciare al controllo delle cose e la nostra fatidica scala dei bisogni

vacillerebbe o scricchiolerebbe … Amiamo quindi la prevedibilità poiché le routine, addirittura, incidono sulla probabilità o meno di contrarre malattie respiratorie e i nostri bambini, proprio con

la routine simil montessoriana, crescono più sani e vanno meglio a scuola!

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Credete poi nella fortuna e nella sfortuna? Qualche anno fa a Londra, un venerdì 13 si è registrato un aumento del 51% degli incidenti stradali e del 32% in Germania! E se non siete

ancora convinti, il marchio Kit Kat va molto bene in Giappone perché somiglia all’espressione “vincere senza fallo” … Inoltre, se decidete che qualcosa nella vostra giornata andrà storto,

avrete ragione, così come se decidete che sarà un giorno bellissimo. Questo però, forse, è un altro discorso!

Siete credenti, siete religiosi? La preghiera ha il suo ruolo nella vita e nel mondo ma indipendentemente dalle ispirazioni o vocazioni, le monache presentano una maggiore

attivazione nella zona del cervello che produce le sensazioni di gioia e serenità quando pregano o immaginano una “situazione divina”.

Quando scegliamo qualcosa e quando acquistiamo qualcosa, il nostro cervello è così efficiente che in un paio di secondi decide in base alle esperienze passate, grazie a dei marcatori

somatici che appunto, collegano fatti ed emozioni. Se quando eravate più piccolini vi siete bruciati una manina vicino al forno, saprete di cosa sto parlando …

Inoltre, i nostri carissimi sensi hanno davvero un senso! Se da un lato abbiamo sempre sopravvalutato la vista, sappiate che l’olfatto è molto più strategico. Inoltre, gli odori attivano le

stesse aree cerebrali delle immagini, proprio tramite i neuroni specchio. I recettori degli odori vanno direttamente al nostro sistema limbico, quindi nuovamente emozioni! Occhio allora, anzi

naso, in quei negozi che “spruzzano” fragranze varie, come la vaniglia che ci ricorda tanto il latte materno o il cullare ritmato. I suoni, inoltre, hanno il loro grande effetto e questo è evidente

ma forse non sapete che ad esempio, la musica classica ha fatto diminuire la percentuale di diversi crimini o atti vandalici in alcuni Stati e che se dovete comprare un vino, la musica vi

spingerà a spendere di più.

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Ad ogni modo e indipendentemente dalle considerazioni che farete ora, sappiate che purtroppo o per fortuna, siamo “consciamente confusi e inconsciamente controllati”. Informatevi bene

dunque, sul mondo ma soprattutto sulla vostra mente e sul vostro cervello! …

Testo principale di riferimento che consiglio a tutti: Neuromarketing, di Martin Lindstrom.

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Procrastination Test – Sei un procrastinatore? – Mirco Turco

Dopo circa 10 anni di studi e ricerche specialistiche (Turco, 2004, 2006, 2007, 2010, 2012), di risoluzioni, di cattive abitudini perse, di mondi svelati ed illuminanti risultati, potremmo definire, finalmente, un repertorio comportamentale del procrastinatore, ovvero di colui che, per motivi razionali o inconsci, tende sempre o quasi sempre a rimandare.

Procrastinare è soprattutto un’abitudine “difettosa”, a volte, uno stile di vita, un modo per raggirarsi e/o raggirare ma anche un mistero, un’irrazionale modalità di complicarsi l’esistenza e quella degli altri.

Se da un lato esistono degli interventi di tipo clinico e terapeutico per affrontare la procrastinazione quando cela conflitti profondi, nella stragrande maggioranza dei casi, risultano pragmatici interventi e guide per ristrutturare le convinzioni limitanti e per “imparare” a decidere (Turco, 2012).

Il procrastinatore “filosofeggia” sulla constatazione che anche il non decidere è una decisione ma è una decisione improduttiva e distruttiva. Esistono casi di studenti perenni, di gente che sosta negli spazi universitari, negli atenei, nei luoghi alimentatori di speranze. Ma per affrontare la procrastinazione la speranza non serve, occorre fare banalmente qualcosa di diverso. Perché?

Perchè se si fanno sempre le stesse cose, si finisce per ottenere sempre gli stessi risultati! In realtà, il procrastinatore, come spesso sostenuto, ha un cattivo rapporto con il tempo (Turco, 2006). Il punto di partenza diventa proprio questo. Occorre comprendere che il futuro è illusione. Il futuro, in termini di tempo, non esiste, perché quando arriverà costituirà il presente. Il passato? E’ passato!

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Vivere il presente è la prima strategia da seguire. Basta cominciare. Di seguito, vengono indicati gli atteggiamenti e i comportamenti “tipici” di un procrastinatore. La lista serve per aumentare la consapevolezza e per favorire l’accettazione.
– Rimando una decisione, un comportamento o un compito.
– Avverto che il rimandare una decisione o un compito non è produttivo.
– Ho un cattivo rapporto con il tempo.
– Ritengo di essere perfezionista.
– Penso di essere un perfezionista per timore di fallire.
– La mia autostima è un pò labile o bassa.
– Penso di essere un tipo ansioso.
– Mi rendo conto che altri significativi (genitori, parenti, …) intorno a me, hanno la mia stessa cattiva abitudine.
– Ritengo di razionalizzare eccessivamente le cose.
– I miei obiettivi sono a lungo termine.
– Mi ritengo logorroico o comunque mi perdo, in alcune occasioni, in discussioni ricche di particolari inutili o poco rilevanti.
– E’ molto importante il giudizio altrui.
– Mi ritengo permaloso.
– Attribuisco i risultati a fattori esterni, poco controllabili.
– Mi rendo conto che l’analisi dei rischi che faccio prima di prendere una decisione o prima di fare qualcosa è troppo macchinosa.
– Mi capita di fare una valutazione degli esiti tendenzialmente catastrofica o molto negativa.
– Gli obiettivi che mi fisso sono irrealistici.
– Assumo un pensiero “tutto o nulla” o le cose per me sono “bianche o nere”.
– Distraibilità e scarsa concentrazione possono riguardarmi.
– Mostro difficoltà nella scaletta delle priorità.
– L’appoggio e il sostegno altrui diventano essenziali per la mia vita.
– Ritengo di essere poco autonomo.
– Sono assalito da un’eccessiva auto-critica.
– Sperimento un senso di vergogna.
– Prima di decidere o di fare qualcosa, cerco molte alternative.
– …

 
La lista serve anche come spunto di riflessione, come base per affrontare e risolvere le mille peculiarità del procrastinatore.

Bibliografia essenziale.
Turco M. (2004). Procrastinazione Universitaria e Disorientamento Personale. Clinamen, Firenze. Turco M. (2006). Affrontare la Procrastinazione. Opsonline, Roma.
Turco M. (2006). Procrastinazione, Gestione del Tempo e Perfezionismo. Opsonline, Roma.
Turco M. (2006). La procrastinazione: una problematica complessa. Opsonline, Roma.
Turco M. (2007). Misurare la Procrastinazione. Opsonline, Roma.
Turco M. (2010). Procrastinazione: un fenomeno ancora sconosciuto. Rivista Ordine Psicologi regione Puglia, dicembre 2010.
Turco M. (2010). Procrastinazione: le prime ricerche in Italia. Opsonline, Roma.
Turco M. (2012). Il domani è mai: 29 modi per smettere di rimandare. Maremmi Ed., Firenze. www.mircoturco.it

Team Building presso Liberotel Apulia - La Unique Antistress Academy ha preso il volo

Team Building presso Liberotel Apulia – La Unique Antistress Academy ha preso il volo

Un incontro che lascerà qualcosa di importante dentro ognuno di noi, persone, volti, luoghi e tanta voglia di fare, bene.

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Iberotel Apulia – Moderna offerta All Inclusive nel parco naturale di Ugento – Resort – Spa – Eco Golf | Via Vicinale Fontanelle I-73095 – Marina di Ugento (Lecce) – Puglia – Italia

 

Dicono di noi Unique Antistress Quality

Unique Antistress Quality – Parlano di noi.

Ecco solo alcuni articoli che parlano del nostro certificato Unique Antistress Quality:

 

 

Iberotel Apulia lancia Unique Antistress Quality

Qualità in Puglia, Ugento, certifica se l’azienda è antistress L’azienda è antistress? Ti certifica l’oasi di Ugento Un nuovissimo marchio di Qualità in Puglia Dal nostro inviato speciale Franco Vergnano == Iberotel Apulia ha fatto il lancio dello Unique Antistress Quality, marchio di cui potranno fregiarsi realtà illuminate che mettono il capitale umano al centro dei loro progetti Stress.

 

Iberotel Apulia lancia Unique Antistress Quality – Donna Charme

L’azienda è antistress? Ti certifica l’oasi di Ugento Un nuovissimo marchio di Qualità in Puglia Dal nostro inviato speciale Franco Vergnano == Iberotel Apulia ha fatto il lancio dello Unique Antistress Quality, marchio di cui potranno fregiarsi realtà irradiate che mettono il capitale umano al centro dei loro progetti Stress.

 

Combattere lo stress: ecco come | Giornale Sentire

(Ugento – www.giornalesentire.it) -Per favorire l’incontro con i maestri del relax, Iberotel Apulia tra il 10 e il 30 settembre 2016 offre un trattamento speciale: tutti i suoi ospiti potranno usufruire di trattamenti benessere gratuiti e all inclusive. Simon Elliott cita Confucio: “Dimmelo e lo dimenticherò. Mostramelo e potrò ricordarlo, coinvolgimi e capirò”.

http://www.uominiedonnecomunicazione.com/17/11698/Iberotel-Apulia-ospiter%C3%A0-un-workshop-dedicato-alla-presentazione-del-New-Antistress-Brand.html

IBEROTEL APULIA CAPITALE MONDIALE ANTISTRESS

Iberotel APULIA CAPITALE MONDIALE DELL’ANTISTRESS In Puglia all’Iberotel Apulia ad Ugento in provincia di Lecce, diventa capitale mondiale

.. e ancora…

 

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Relax gratis e natura all’Iberotel Apulia di Marina di Ugento

C’è un indirizzo da prendere quale riferimento, se si è a caccia di luoghi di grande bellezza e di momenti per rigenerarsi.E’ l’Iberotel Apulia Antistress Resort, struttura situata a Marina di Ugento, in provincia di Lecce.Qui – nel cuore del Parco Regionale litorale di Ugento, la vacanza diventa pratica di benessere, grazie ad un mix …

 

 

http://www.mondointasca.org/2016/06/01/academy-antistress-benessere-lavoro/

http://www.uominiedonnecomunicazione.com/un-viaggio-dal-tempo-nel-paradiso-dellantistress/

 

 

 

 

 

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Insegnare: tra stress, burnout e solitudine.

In Giappone gli unici cittadini che non sono obbligati ad inchinarsi davanti all’imperatore sono gli insegnanti. Il motivo è che i giapponesi sostengono che senza insegnanti non ci possono essere imperatori“.

L’insegnante: uno dei lavori più nobili e difficili. Chi sceglie di “insegnare”, infatti, svolge un ruolo e ricopre mansioni che non si esprimono semplicemente con un trasferire informazioni o nozioni. Insegnare significa “tirar fuori”, educare, agevolare, motivare, comprendere. Un mestiere non semplice, anche perché il contesto scolastico-educativo si inserisce in un quadro più ampio e articolato: organizzazione scuola, società, famiglie. Affermare oggi che insegnare è stressante suona retorico. Eppure, in questo settore, si fa poco o forse nulla!

L’insegnamento appartiene alle “helping-professions” e il rischio potenziale di stress, conflittualità emotive e burnout è elevatissimo. L’insegnante è un mediatore di cultura, un valutatore, un esperto di programmazione didattica, un genitore alternativo e sostitutivo e di fatto, suo malgrado, si trova sovente a fare lo psicologo. Vivere tale pluralità del ruolo è intrinsecamente stressante e il coinvolgimento non è solo cognitivo, ma anche emotivo e motivazionale. Paradossalmente, è ovvio che, prima o poi, l’insegnante “bruci”!

Se da un lato lo stress va considerato una prima risposta di adattamento dell’organismo innanzi ad una minaccia, superare la fatidica “soglia” apre altri scenari …

sindrome del burnout

La “sindrome del burnout” è stata coniata nei primi anni settanta da Freudenberger, uno psicoanalista che aveva notato come molti colleghi che lavoravano in un ambiente prima gratificante, progressivamente diventavano cinici, freddi con i loro pazienti e depressi. Continuando a studiare tale fenomenologia, presto scoprì che tali caratteristiche potevano essere riscontrate anche in altri ambienti lavorativi.

Si accorse, inoltre, che molte persone soffrivano anche di alterazioni dell’umore, disturbi del sonno e difficoltà di concentrazione. Mal di schiena e altri disturbi a livello gastrointestinale si aggiungevano a tale sintomatologia.

Il burnout divenne allora sindrome da esaurimento psicofisico causato dalla vita professionale. La sindrome ha una sorta di escalation e se vogliamo possono essere identificati ben 12 step che “scottano” e che di fatto, riguardano la vita di molte professionalità e in particolare degli insegnanti.

  1. Bisogno compulsivo di mettersi alla prova: inizia spesso con un eccesso di ambizione e un desiderio di affermarsi con colleghi e superiori ma anche con se stessi.

  2. Lavoro sempre più duro: si assumono impegni sempre più incombenti e la persona si percepisce come insostituibile.

  3. Disinteresse verso i propri bisogni: le normali esigenze di socializzazione o quelle più naturali e materiali (dormire, mangiare, stare in famiglia) passano in secondo piano.

  4. Spostamento del conflitto: la vittima intuisce che c’è qualcosa che non va ma non riesce ad identificare l’origine reale dei suoi problemi.

  5. Revisione critica dei valori: l’individuo, progressivamente, effettua una revisione di ciò che prima era importante per lui (amici, svago). Il lavoro diventa l’unica cosa rilevante.

  6. Negazione dei problemi emergenti: intolleranza, cinismo e aggressività emergono. I colleghi vengono ritenuti poco intelligenti e pigri. Le difficoltà avvertite vengono attribuite alle scadenze lavorative e alla mole di attività e non al cambiamento personale.

  7. Isolamento sociale: i contatti e le relazioni sociali si riducono. Il soggetto comincia a perdere speranze e si rifugia, sovente, nel consumo di alcool e droghe.

  8. Cambiamenti comportamentali: la vittima ora diventa paurosa, timida, apatica. Irriconoscibile davanti a familiari e amici. La propria stima svanisce.

  9. Depersonalizzazione: il soggetto perde il contatto con se stesso. Le cose e le persone cominciano a non avere valore.

  10. Vuoto interiore: il vuoto interiore prende sopravvento e la persona cerca, in tutti i modi, di sentirsi attivo in modo mal-adattativo (conforto nel cibo, uso droghe e alcool, …).

  11. Depressione: le persone diventano indifferenti, prive di energia e pervase da un senso di disperazione. Possono manifestarsi i sintomi della depressione. Nulla ormai ha più significato come un tempo.

  12. Sindrome del burnout: la persona crolla in senso fisico e mentale.

 

sindrome da esaurimento psicofisico Mirco Turco

Una ricerca importante in tema di burnout (studio Getsemani) condotto intorno agli anni 2000 ha confrontato quattro macro-categorie di lavoratori dell’amministrazione pubblica: insegnanti, impiegati, personale sanitario, operatori.

I risultati illustrarono che gli insegnanti sono soggetti a una frequenza di patologie psichiatriche da collegare al burnout in misura doppia rispetto agli impiegati, due volte e mezzo rispetto al personale sanitario e tre volte rispetto agli operatori. Il burnout da insegnamento è, di fatto, una problematica riscontrata anche in altri Paesi e non è una “prerogativa” solo italiana.

Cosa fare allora?

Anzitutto, sarebbe importante valutare e controllare bene la diffusione della problematica su più fronti con professionisti del settore. Interventi in ambito scolastico rivolti esclusivamente agli insegnanti sono in realtà rarissimi o addirittura assenti. In un’ottica di prevenzione e benessere negli ambienti lavorativi, si potrebbero adottare anche semplici misure:

  • Riequilibrare le risorse fisiche: mangiare cibi sani, rispettare le pause, praticare esercizio fisico, dormire a sufficienza.

  • Praticare il rilassamento, soprattutto per chi è “intossicato” dal lavoro. Effettuare attività di svago piacevoli, preferibilmente in contatto con la natura.

  • Equilibrio tra corpo e mente: tappa obbligata per stare bene, al pari di raggiungere un qualsiasi successo.

Secondo recenti indagini, circa l’80% degli insegnanti sarebbe stressato. In Inghilterra ogni docente ha a disposizione un medico di base e un professionista della salute psicologica a cui rivolgersi per problematiche professionali e personali. In Francia, il danno derivante da stress correlato alla professione è largamente riconosciuto. In Germania esistono le “stanze del conflitto”, ove i lavoratori si confrontano e si scontrano per rendere palesi i problemi, le difficoltà, le incomprensioni. E in Italia?

Le normative prevedono che il datore di lavoro introduca periodicamente misurazioni dello stress nell’ambiente lavorativo, proprio al fine di individuare fonti e livelli di stress psicologico.

È mio parere che le valutazioni vengano fatte superficialmente e “strategicamente”: nessun datore di lavoro vuole far sapere che l’ambiente lavorativo è stressante! Inoltre, finché gli obblighi vengono raggirati con strumenti, colloqui e questionari né validi né attendibili e utilizzati da personale non formato o tramite procedure on-line, ogni lamentela sul lavoro, sulle organizzazioni, sui lavoratori e sugli utenti, che siano studenti, clienti o semplici cittadini, appare vana.

Controllo dello Stress MIrco Turco

E’ possibile prevenire lo stress e il burn-out negli insegnanti?

Occorrerebbe utilizzare alcuni accorgimenti e strategie operative e pragmatiche: “un grammo di prevenzione vale quanto mezzo chilo di cura” (Maslach). Gli interventi potrebbero essere condotti a più livelli: da quello individuale, a quello organizzativo sino a quello istituzionale.

Adottare cambiamenti del proprio stile di vita è la prima tappa, anche al fine di attuare una vera e propria “decompressione” (staccare la spina). La formazione su determinate tematiche dovrebbe essere obbligatoria (non solo in senso teorico). Oltre a conoscere i rischi, cosa si può fare in senso pratico? Gli attori in campo dovrebbero perciò essere coinvolti in modo attivo e non solo “sulla carta”.

Forse sottovalutiamo ancora lo stress in generale e sopravvalutiamo le nostre potenzialità. Lo stress, talune volte, è solo questione di tempo!

Un’organizzazione che si occupa e si preoccupa del benessere del proprio lavoratore è un’organizzazione intelligente, che investe strategicamente nelle politiche antistress. Non è un caso che una persona stressata renda solo al 20%. Cosa significa questo sul piano educativo e scolastico? E sul fronte sociale in generale?

Gli insegnanti non si limitano solo a insegnare! Sono spesso degli esempi, delle guide. Hanno una responsabilità che non è solo professionale, ma squisitamente personale, sociale, che riguarda il presente ma anche il futuro degli altri, degli studenti, delle loro speranze, convinzioni, illusioni e sogni. Il personale scolastico e in generale quello educativo in tutti gli istituti ed enti, in tutti i livelli, ha l’obbligo di stare e sentirsi bene! Gli esiti della scarsa attenzione a tali questioni sono ben visibili attraverso le cronache odierne …

Oggi, non è più una questione di “riflessione” o di “fare attenzione”. È obbligatorio intervenire strategicamente. Creare un ambiente lavorativo equilibrato e funzionale non deve essere solo una semplice preoccupazione o un mero obbligo legislativo. È un investimento in termini di successo, efficacia, soddisfazione, Qualità. È una questione di nuova Cultura e rappresenta, a mio avviso, la vera mission di ogni scuola, così come di ciascuna organizzazione pubblica e privata.

I vantaggi immediati di UNIQUE ANTISTRESS QUALITY

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UNIQUE ANTISTRESS QUALITY® è un progetto innovativo che poggia le sue fondamenta in studi, ricerche, applicazioni e convinzioni di Antistress Academy, struttura unica al mondo sita nel “tempio del benessere” in Ugento, Lecce.

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UNIQUE ANTISTRESS QUALITY è, di fatto, il 1° sistema di certificazione che si occupa e si “preoccupa” del Fattore Umano e che considera realmente l’uomo come Risorsa.

UNIQUE ANTISTRESS QUALITY è rivolto a tutti, al singolo, al team, all’azienda e a quelle organizzazioni che riconoscono nello stress non solo una problematica psicofisica ma anche in termini di rendimento, performance, soddisfazione … e che sono consapevoli che un lavoratore stressato “rende” solo al 20%!

Le certificazioni di qualità esistenti oggi riguardano, spesso, elementi poco tangibili (un servizio, la struttura, la responsabilità sociale, …) e vengono concepite sempre più frequentemente come scomoda burocrazia o come un obbligo normativo.

UNIQUE ANTISTRESS QUALITY supera tale empasse, poiché ha un impatto diretto sul lavoratore e sull’azienda, nonché sul mercato esterno. Serve, di fatto, anche a pubblicizzare meglio i servizi e l’organizzazione, poiché è legata proprio alla Qualità delle persone e quindi del fattore umano.

UNIQUE ANTISTRESS QUALITY certifica quindi le organizzazioni che investono nelle politiche Antistress e del Benessere. Quale impatto migliore!

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I vantaggi immediati di UNIQUE ANTISTRESS QUALITY:

  • Qualità del Fattore Umano e quindi delle Risorse Umane.

  • Benessere individuale, nel lavoro e nelle organizzazioni.

  • Migliore soddisfazione lavorativa e clima organizzativo.

  • Contenimento e gestione dei livelli di stress.

  • Implementazione delle performances lavorative.

  • Miglioramento in termini di impatto sociale e quindi pubblicità verso l’esterno.

  • Formazione continua di alto livello.

  • Ri-motivazione personale e/o di gruppo.

  • Brand innovativo e ad alto impatto comunicativo.

  • Soddisfazione maggiore della clientela.

  • Fidelizzazione della clientela.

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Il processo di certificazione comporta la frequenza ad attività di tipo esperienziale presso le strutture di Iberotel Apulia, Antistress Resort in Ugento, guidate da esperti dell’Antistress Academy. Fondanti sono le linee guida approvate da un team di esperti nazionali e internazionali che, riportando la loro esperienza sulle tematiche del benessere e la loro professionalità, hanno permesso di stilare un piano dettagliato di tali attività che partiranno in settembre presso la meravigliosa struttura di Ugento.

Le aree principali affrontate durante tali training riguardano soprattutto l’acquisizione di tecniche pragmatiche per gestire e superare lo stress, quindi attività di rilassamento, meditazione, autoipnosi, mindfullness che possono incidere anche e soprattutto su altri aspetti: attenzione, concentrazione, memoria, creatività, problem solving, decision making, gestione del tempo, efficacia, efficienza, performance elevate.

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Si affronteranno anche, sempre in ottica esperienziale, tematiche rilevanti legate alle strategie di comunicazione con l’altro, tecniche di mediazione e gestione dei conflitti, efficacia comunicativa. Ciò verrà affrontato soprattutto in chiave lavoro ed organizzazioni.

Si passerà poi ad attività prettamente pratiche, ovvero a team building, fruendo degli spazi e delle attrezzature della struttura, per implementare l’autoefficacia, l’autostima, lo spirito di squadra, la leadership. Non mancheranno altre attività esperienziali, sempre in un’ottica di self-empowerment.

A conclusione del percorso, intervallato anche da momenti di discussione e restituzione, ci sarà la raccolta dei feedback, ovvero momenti in cui il partecipante, esporrà la sua personale esperienza rigenerativa e il suo arricchimento in termini cognitivi, emotivi e motivazionali.

Tali attività sono previste da un modello di fondo, denominato “Cerchio dell’Eccellenza Antistress”.

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L’approccio è tipo “action training”, ovvero volto all’azione, secondo una prospettiva Mind, poiché lo stress dipende solo dal 10% da ciò che accade e dal 90% da ciò che pensiamo possa accadere. Analogamente, le tecniche privilegiano, al contempo, il corpo, attraverso attività che favoriscono un sano equilibrio e un “pensare con il corpo”: “nessun uomo sano di mente pensa con la testa e i ¾ delle malattie delle persone intelligenti provengono dalla loro intelligenza”.

Lo stress, secondo l’approccio di UNIQUE ANTISTRESS QUALITY® è quindi legato molto al fattore Tempo. Non dipende, di fatto, dal peso che una persona tollera, ma da quanto tempo lo fa … Pensare allo stress, alla frustrazione, alle preoccupazioni per qualche secondo non comporta nulla. Pensare a tali cose per mezza giornata già produce immobilità ed un eccesso di tensione. Pensare per tutto il giorno a tali pesi, non può altro che comportare disperazione.

UNIQUE ANTISTRESS QUALITY® per il benessere e la qualità della vita della persona, dei gruppi, delle aziende.

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Quando il domani diventa mai.

QUANDO IL DOMANI DIVENTA MAI

Tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo rimandato qualcosa: un’idea, un’operazione, un compito, una decisione. Possiamo rinviare una decisione se non siamo o se non ci sentiamo pronti; possiamo rimandare un compito se, ad esempio, non siamo preparati e possiamo rimandare decisioni e comportamenti, semplicemente, per “cattive abitudini”. Altre volte, procrastinare, ovvero rinviare ad un altro momento, appare anche vantaggioso. In altre occasioni, invece, il rimandare può diventare disfunzionale e assume connotati patologici.

La procrastinazione è indipendente dalle abilità o dall’intelligenza della persona ed è spesso legata ad una errata gestione del tempo. Inoltre, quando assume caratteristiche croniche, è legata al timore del fallimento, alla nevroticità e alla mancanza di coscienziosità. I procrastinatori risultano, sovente, sopraffatti dall’ansia e sono tendenzialmente perfezionisti. Hanno una bassa self-efficacy (autoefficacia) e palesano un’eccessiva autocritica. La procrastinazione può sicuramente diventare patologica, celando conflitti interni profondi. Inoltre, essa può essere anche legata ad altri disturbi mentali e ad alcuni disturbi di personalità.

Al momento, in Italia, esistono pochi studi specifici sull’argomento. Nel 2004 cominciai un primo studio esplorativo sul fenomeno, soprattutto analizzando il fenomeno della procrastinazione universitaria, ovvero il rimandare in maniera “cronica” gli esami. In realtà, il fenomeno, riguarda lo studio, così come il lavoro e altre sfaccettature della vita.

In effetti, la maggior parte della ricerca internazionale si è concentrata sulla procrastinazione accademica. Studi specialistici indicano che il fenomeno è molto diffuso tra gli studenti. Circa il 70% degli studenti hanno procrastinato almeno una volta, e circa il 30% è un procrastinatore cronico (patologico). Gli studenti procrastinano gli esami perché spesso temono il fallimento e desiderano proteggere la loro autostima. Alcuni si lasciano sopraffare da distrazioni, quindi risultano molto distraibili; altri sono sopraffatti dall’ansia da esame. Alcuni studenti mostrano problematiche nell’organizzazione dei tempi e dei materiali e mancano di energia sufficiente per affrontare le sfide universitarie; altri ancora risultano demotivati.

Un ruolo importante è giocato dal perfezionismo. Alcuni studenti risultano mossi da un perfezionismo socialmente prescritto, legato cioè al timore del fallimento e all’ansia sociale. Pur essendo preparati, allora, si autoconvincono del loro fallimento e perdono il controllo della situazione. Ciò genera, a catena, un circuito vizioso che influisce sull’autostima, sull’umore e sulla successiva performance. Di conseguenza il procrastinatore sperimenterà ulteriori insicurezze nei confronti dei rapporti interpersonali e può sentirsi depresso.

Identikit del procrastinatore cronico:

  • Rimanda spesso una decisione, un compito, un comportamento
  • Ha un rapporto alterato con il tempo o meglio con la gestione del tempo e delle priorità
  • È un perfezionista perché ha paura di fallire
  • Ha un’autostima labile
  • È un soggetto ansioso
  • Razionalizza eccessivamente le cose, ovvero, giustifica i suoi fallimenti
  • Si pone obiettivi spesso non realistici e a lungo termine
  • Spesso le conversazioni sono ricche di particolari irrilevanti e inutili. Può sembrare logorroico
  • Teme il giudizio altrui
  • Appare molto permaloso
  • Attribuisce i risultati a fattori esterni (locus of control esterno) o poco controllabili
  • Conduce analisi dei rischi e delle possibilità troppo macchinose
  • Procede a valutazioni negative o catastrofiche degli eventi
  • Ha un pensiero “tutto o nulla”
  • Può avere scarsa concentrazione e facile distraibilità
  • Ha poca autonomia
  • Eccede nell’ autocritica
  • Prova spesso vergogna
  • Ricerca molte alternative prima di una possibile decisione

È ovvio che il procrastinatore cronico non vive una vita facile e anche se all’inizio queste caratteristiche possono sembrare in sintonia con l’io della persona, spesso il problema diventa egodistonico.

La procrastinazione può essere affrontata in svariato modo. Ovviamente, esistono terapie e tecniche indicate a seconda della persona e della gravità del problema. La terapia di gruppo sembra essere efficace, soprattutto per affrontare il problema dell’ansia correlato e le alterazioni sociali derivanti dal procrastinare. Terapie cognitive comportamentali hanno anche la loro efficacia, così come anche approcci psicodinamici. Tra le terapie più eclettiche, efficaci e pragmatiche, da annoverare l’ipnosi, poiché agisce in modo profondo ma anche sul piano comportamentale e sovente, non richiede molto tempo. Inoltre, consente di lavorare bene anche su altri aspetti personologici del procrastinatore (autostima, immagine, motivazione, autoefficacia, perfezionismo, ansia).

Esistono però anche altri approcci o se vogliamo alcune linee guida che io definisco “popolari”, soprattutto se il problema non è profondo o radicato ad altri aspetti della persona e non è quindi cronico:

  • affrontare il problema secondo un metodo a “pezzi”, ovvero scomporre il compito, l’operazione, un esame in più parti e affrontarle in tempi stabiliti e differenti;

  • stabilire delle ricompense a obiettivo raggiunto e fissare apertamente intenzioni e obiettivi;

  • lavorare sulle proprie giustificazioni e sul pensiero realistico, ovvero, evitare troppe giustificazioni;

  • abolire il pensiero tutto o nulla; un compito, un esame, possono essere superati anche accettando votazioni intermedie e non necessariamente il massimo:

  • adottare la “ tecnica dell’elefante”, ovvero, un elefante si può mangiare un boccone la volta!

Questi interventi vengono suggeriti strategicamente anche da diverse ricerche condotte presso università e centri di orientamento stranieri ( Texas, Virginia, Cambrige).

Nel mio libro “Il Domani è mai: 29 modi per smettere di rimandare” suggerisco, in effetti, strategie ben congeniate e adattabili per tutti. L’approccio principale parte sempre da un “motto” o convinzione, se vogliamo: “Do it now” – fallo ora! Il procrastinatore necessita di lavorare molto sulla percezione del tempo, poiché, così come spesso accade, sottostima il momento presente e sovrastima quello futuro. Ma il domani, diventa mai!

Il fenomeno procrastinazione, molto complesso, necessiterebbe di ulteriori approfondimenti scientifici. L’ordine di nascita sembra avere un peso rilevante nella procrastinazione. Inoltre, approfondire le differenze di genere sarebbe molto interessante. Da considerare, poi, che in Italia, oltre ad un mio primo tentativo o ad altri in fase di definizione, non esistono strumenti (test, questionari) per la valutazione della problematica. Ciò potrebbe essere molto rilevante sul piano della ricerca e dei possibili interventi.

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